La residenza fiscale delle piattaforme on-line prevale la sede della direzione
di Niccolò Di Bella
Sebbene, anche di recente (si vedano gli interventi del 21 e 27 febbraio di Ennio Vial e Vita Pozzi, nonché l’interessante disamina di Massimiliano Tasini datata 15 febbraio) vi siano state occasioni per parlare del tema legato all’esterovestizione societaria e alle conseguenze che essa determina in ambito tributario – con particolare riferimento al contenzioso -, in questo articolo affrontiamo un caso degno di nota per il settore in cui opera la Società accertata.
Prima di entrare nei dettagli della questione, ricordiamo brevemente che per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società italiana all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello italiana, allo scopo di sottrarsi al più gravoso regime fiscale nazionale. Trattasi di un tipico fenomeno di abuso del diritto, che rappresenta uno dei principi cardine del diritto tributario Europeo.
La vicenda trae origine da un’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal GIP di Busto Arsizio su un c.c. bancario intestato ad una Società residente a Malta, ma titolare di una piattaforma di gioco on line regolarmente concessa con provvedimento governativo e di un servizio assistenza clienti ubicato nel territorio del nostro Stato.
Secondo l’accusa la Società, per il fatto di conseguire in Italia buona parte dei suoi profitti e per lo svolgimento nel nostro Paese del servizio di assistenza on-line alla clientela, sarebbe dovuta essere assoggettata al regime fiscale nazionale, in virtù della sussistenza di una stabile organizzazione.
Con Sentenza n°1811 del 30.10.13 emessa della III Sez. penale della Corte di Cass., gli Ermellini hanno provveduto a dirimere la questione, non prima di aver ricordato in maniera alquanto chiara ed esaustiva i criteri – ex art. 73 TUIR – attraverso i quali è possibile determinare la residenza fiscale per le società di capitali e gli enti. Nel caso di specie giocano un ruolo determinante:
- Il luogo di svolgimento delle attività di amministrazione e direzione della società;
- Ubicazione dei server.
Entrambi vedevano come localizzazione effettiva (ed opportunamente documentata) lo Stato di Malta, pertanto la Suprema Corte non ha potuto fare altro che annullare l’ordinanza di sequestro preventivo adducendo ad una serie di motivazioni, a nostro avviso più che condivisibili.
Oltre al passaggio in rassegna della normativa nazionale in materia di residenza fiscale, gli Ermellini mettono puntualmente in evidenza i criteri delineati dal Modello OCSE, il cui art. 4 vede nell’oggetto principale della Società non tanto un criterio formale, quanto un criterio “sostanziale”, “…che si allinea ai criteri di individuazione dell’effective place of management and control elaborati in ambito internazionale…”; in un secondo passaggio, non mancano di rilevare l’erroneità dell’applicazione delle norme internazionali contro le doppie imposizioni da parte del Tribunale, considerando che “…il Modello di Convenzione sulla doppia imposizione sul reddito e sul patrimonio adottato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) proprio per regolare a livello internazionale il fenomeno della c.d. doppia imposizione….stabilisce che la persona giuridica debba considerarsi residente solo…nello Stato in cui è localizzata la sede della direzione effettiva dell’ente…”.
Pertanto, avendo Italia e Malta siglato nel 1981 l’accordo per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e prevenire le evasioni fiscali, in caso di conflitto di imposizione tra i due paesi è necessario applicare le norme pattizie, le quali prevedono – appunto – la prevalenza della sede in cui effettivamente e stabilmente la società ha la propria direzione.
Non resta altro che augurarci che i nostri giudici, nell’affrontare e dirimere le complesse questioni di fiscalità internazionale, prestino sempre più attenzione a quelle raccomandazioni emanate a livello internazionale, preziose per consentire di venire a capo di situazioni che presentano un elevato grado di complessità; complessità data anche (e soprattutto) dal livello di internazionalizzazione delle relazioni commerciali di un numero sempre più crescente di imprese.