Iva non versata e credito 2013
di Francesco ZuechGiovanni Valcarenghi
Sistemate, a febbraio, le comunicazioni e le dichiarazioni delle posizioni non patologiche, l’attenzione, da marzo, si sposta sulle posizioni “incagliate”. Fra queste, ci sono quelle del soggetto che non ha versato (per mancanza di liquidità) l’IVA di un determinato mese o trimestre dell’anno 2013 ma, negli ultimi mesi dell’anno, ha maturato un’eccedenza di Iva a credito. Come si compila la dichiarazione annuale in questi casi? E come ci si comporta ai fini dell’eventuale visto nel caso di credito superiore a € 15.000? Questi alcuni degli interrogativi che puntualmente si ripresentano sulle nostre scrivanie.
In merito alla compilazione della dichiarazione si fronteggiano le seguenti differenti tesi:
- la prima, legata ad una compilazione di natura strettamente formale (e fedele al dettato dell’art. 6 del DPR 542/99), in forza della quale non si indica, nel monte delle somme versate (VL29), il tributo relativo al mese o trimestre chiuso a debito (ma senza versamento tempestivo o ravvedimento); in tal modo, nel quadro VL del modello il credito annuale (quello sorto a fine anno) risulta già ridotto dell’IVA non versata, attestandosi su un valore inferiore (minor credito o minor debito annuale a seconda dei casi);
- la seconda, legata ad una visione più sistemica, in forza della quale si indica la somma a debito come versata (sia pure con ravvedimento); in tal modo, la dichiarazione chiude con un credito maggiore, che si vorrebbe utilizzare in compensazione per saldare (con ravvedimento operoso) il debito periodico rimasto insoluto.
Innanzitutto, va detto che, in ogni caso, il contribuente nel periodo di imposta evidenzia una anomalia di mancato tempestivo versamento (che emerge dal quadro VH della dichiarazione dove viene chiesta l’indicazione dei risultati della liquidazione a prescindere dai versamenti); ciò significa che, anche nella prima ipotesi, si rende necessario provvedere al versamento delle sanzioni e degli interessi con ravvedimento operoso, onde evitare di ricevere un avviso di liquidazione da parte dell’Agenzia (con sanzione al 10% se pagata entro 30 giorni dall’avviso bonario). In presenza di sopraggiunta liquidità (o di altri crediti compensabili) l’approccio con il minor danno per il contribuente è quindi quello di versare con i codici dei tributi periodici (maggiorati delle relative sanzioni e interessi da ravvedimento), relegando così l’irrogazione della sanzione alla sola parte dei debiti periodici non ravveduti (diversamente, il ravvedimento sul saldo della dichiarazione potrebbe venire considerato non perfezionato per carenza di interessi).
Con la prima metodologia, per effetto della compensazione “interna al modello (quadro VL)”, si ottiene un minor debito (vedi retro) oppure un minor credito e, in quest’ultimo caso, laddove il risultato si attesti ad una soglia inferiore a 15.000 euro, si risolve (dal lato pratico) la richiesta del visto da parte del cliente. Ovviamente non c’è nulla di ufficiale, tuttavia, le nuove istruzioni del rigo VL40 consentono di concludere che in tale situazione, nella peggiore delle ipotesi, ci si troverà a doversi misurare (fra qualche anno) con una atto di recupero per crediti esistenti ma non disponibili (cioè compensati senza visto oppure sorti successivamente al debito) per i quali (sanzioni ed interessi a parte) sarà comunque possibile rimettere in gioco (tramite il VL40) il credito riversato a seguito di un eventuale (ma a nostro giudizio improbabile) atto di recupero.
Con la seconda metodologia, invece, il contribuente si deve innanzitutto misurare con il professionista chiamato ad apporre il visto che, evidentemente, non accetterà di indicare come versata una somma che effettivamente non lo è (si ricorda – C.M. 57/E/2009 § 7 – che fra i controlli previsti vie è la “corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e la corrispondenza dei dati esposti nella scritture contabili alla relativa documentazione”). Tutto ciò almeno sino a quando non siano ravveduti gli omessi versamenti, ma per poter presentare il modello F24 Entratel o Fileinternet bisogna aver prima presentato la dichiarazione e sopra € 15.000 ci vorrebbe il visto. Si evidenzia così un loop di non facile soluzione. Inoltre, nemmeno si può ipotizzare che la compensazione effettuata nel 2014 sia da considerarsi come compensazione verticale (IVA da IVA) esclusa dalle cautele sulla compensazione, per il semplice fatto che tale circostanza è già stata negata dall’Agenzia delle entrate (C.M. 29/E/2010 § 1.1.). Tuttavia, proprio tale circolare, commentando un caso simile a quello proposto, ha avuto modo di affermare che … per tale tipo di compensazioni non esiste la possibilità di esposizione in dichiarazione, pertanto esse devono necessariamente essere eseguite tramite modello F24 (ma si faccia attenzione al fatto che le compensazioni dell’esempio erano entrambe relative a crediti trimestrali e, forse per questo motivo, si afferma che non esiste la possibilità di esposizione in dichiarazione). Ciò premesso, il contribuente in mancanza di liquidità (ma con un credito Iva sorto a fine anno) potrebbe, tuttavia, valutare di “forzare” il loop utilizzando il credito annuale (6099) con l’F24 home banking superando, così, i blocchi della procedura. In quest’ultimo caso, però, il soggetto deve essere ben conscio del fatto che, laddove non vi provveda direttamente l’Ufficio competente per territorio, il Centro operativo di Venezia (provv. direttoriale 9/3/2011) è stato espressamente incaricato di intercettare tali situazioni e di provvedere ad eventuali azione di recupero del credito indebitamente utilizzato. Anche in tali ipotesi valgono, tuttavia, le considerazioni retro citate circa la possibilità di recuperare tramite VL40 il credito Iva esistente ma non disponibile. Per gli aspetti sanzionatori, però, è da tener ben presente quanto segue:
- per l’utilizzo irrituale del modello F24 con home banking (sopra la soglia libera di € 5.000) è molto probabile l’irrogazione della sanzione del 30% quando la compensazione viene eseguita senza aver presentato la dichiarazione (dovrebbe scendere alla misura fissa di € 258 negli altri casi; sale dal 100% al 200%, invece, quando il credito è inesistente);
- gli atti di recupero possono essere emanati entro il termine lungo di 8 anni (art. 27, co.16, del D.L. 185/2008) e alcuni uffici non riconoscono l’applicazione delle riduzioni (ad 1/3) per la definizione agevolata.