Sei questioni sul rientro dei capitali
di Giovanni Valcarenghi
La tematica del rientro volontario di capitali sta generando una reazione dal doppio sapore: da un lato un interesse quasi assimilabile ad una morbosa curiosità (stimolato dalla diffusa convinzione che sia terminato il periodo in cui fosse “poco rischiosa” la detenzione di capitali all’estero), dall’altro, un generalizzato timore di non avere ben chiare le conseguenze in termini di “costo” dell’operazione e di eventuali rischi connessi alla medesima.
A tale riguardo, ci sembra di poter suggerire sei riflessioni che possono contribuire ad arricchire il set degli strumenti necessari per poter operare una serena valutazione.
- Le sanzioni relative alla mancata compilazione del quadro RW. Dovrebbe prevalere l’idea del calcolo con il cumulo materiale e non con il cumulo giuridico. Ciò significa che si potrà giungere ad un importo di circa il 10% (0,82% per ciascun anno dal 2003 al 2008, 1% per gli anni dal 2009 al 2013).
- In relazione alle annualità interessate dalla sanatoria, si dovrà fare attenzione a ricostruire l’anno nel quale si sono generati i redditi, ovviamente in relazione alla possibile non più accertabilità del periodo. Al riguardo, i problemi sorgono nel caso di collocazione delle somme in paesi black list, per effetto del raddoppio dei termini; ciò non dovrebbe verificarsi ove i capitali siano in paese white list, anche se investite in gestioni black list. E’ comunque necessaria l’esistenza di un conto nel paese white list per monitorare i flussi eventuali della gestione in black list (questi ultimi, infatti, sono soggetti alla regola del raddoppio dei termini).
- Come ci si comporta con i conti cointestati, anche alla luce delle nuove tematiche del titolare effettivo? Presumibilmente sarà adottata la scelta della imputazione pro quota a ciascun coniuge, così che 500.000 euro all’estero saranno imputati (250.000 euro ciascuno) ai coniugi cointestatari del conto.
- Quando la norma richiede la comunicazione all’autorità giudiziaria competente, si ritiene che debba trattarsi di competenza “acquisita” per l’esistenza effettiva di un reato. Quindi, tale fattispecie non si propone nel caso in cui si tratti di semplice dichiarazione infedele, oppure sia comunque esclusa la presenza di un reato.
- Quali cautele è necessario assumere per le ipotesi di esistenza di numerose complicazioni derivanti dalla applicazione di clausole “difficili” delle convenzioni sulle doppie imposizioni, oppure di ipotesi nelle quali non è del tutto chiaro dove si debba dichiarare il reddito, come nelle ipotesi di partecipazione in società di persone estere? In linea di principio, si potrebbe ritenere più corretto rinviare i problemi ad un eventuale confronto con l’Agenzia, magari chiedendo la disapplicazione delle sanzioni per incertezza della norma; inoltre, in sede di accertamento con adesione si potrà richiedere la applicazione del credito per le imposte pagate all’estero.
- Consiglio pratico per il commercialista. E’ bene prendere le dovute distanze dalla documentazione. Infatti, quando la norma si riferisce a “chiunque” presenta documenti …. Sembra evocare qualsiasi soggetto che, con dolo specifico, presenta i suddetti documenti. Quindi, a scanso di equivoci, è bene che il professionista si faccia rilasciare dal cliente una distinta dettagliata di consegna della documentazione. E non è finita, quando ci si dovesse trovare a “maneggiare” fotocopie, facilmente modificabili mediante i normali strumenti grafici normalmente presenti su qualsiasi PC, è bene richiedere la consegna degli originali oppure, in alternativa, un mandato ad interloquire direttamente con l’istituto di credito estero, al fine di appurare la correttezza dei dati.