In tema di accertamento parziale ex art. 41 bis D.P.R. 600/1973
di Massimiliano TasiniPatrizia Pellegrini
L’art. 41 bis del D.P.R. 600/1973 testualmente recita: “gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche (…) risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile (…), possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito od il maggior reddito imponibile (…)”.
La dizione letterale della norma citata è estremamente chiara nel ritenere che la rettifica ex art. 41 bis postula il possesso da parte degli uffici di elementi certi da cui desumere errori od omissioni di elementi reddituali, ai quali devono dunque ritenersi estranee le ricostruzioni induttive da cui trae origine la presunzione ex art. 39 del D.P.R. 600/1973.
In buona sostanza, gli elementi certi sono quelle notizie che non necessitano di una specifica valutazione, ovvero di un’attività istruttoria. La qual cosa è avvalorata dalla stessa formulazione della disposizione laddove, in deroga ai principi di carattere generale, è previsto che la notifica di un atto impositivo parziale non arreca pregiudizio all’ulteriore attività di accertamento dell’Ufficio.
Né può ritenersi che l’estensione operata dall’art. 1, comma 17, legge 13/12/2010, n. 220 abbia avuto l’effetto di introdurre modifiche sul piano probatorio.
La norma da ultimo citata, infatti, sostituendo il riferimento agli “accessi, ispezioni e verifiche” con la locuzione “attività istruttorie di cui all’art. 32, comma 1, nn. da 1 a 4” ha inteso perseguire l’obiettivo di “migliorare le attività di controllo fiscale indirizzandole verso altre situazioni a maggiore rischio di evasione”, il che è valso a legittimare il ricorso all’accertamento parziale anche in ipotesi di attività istruttorie in precedenza non contemplate, mentre è rimasta ferma la netta distinzione rispetto alle altre procedure di accertamento, ordinarie, presuntive ed induttive.
In specie, l’accertamento parziale deve muovere da un dato che abbia una sua propria e diretta efficacia probatoria, tale da essere immediatamente rappresentativo del thema probandum.
In tal guisa, deve escludersi l’utilizzabilità dell’accertamento parziale quando, ad esempio, la maggiore pretesa impositiva sia fondata su ragionamenti di tipo induttivo e/o presuntivo.
L’assenza dei richiamati presupposti per il legittimo espletamento dell’attività di accertamento parziale in ossequio al dato normativo determina la nullità insanabile dell’avviso di accertamento.
E’ appena evidente che negare siffatta conclusione equivarrebbe ad aggirare il principio di unicità dell’avviso di accertamento, essendo circostanza non controversa che l’utilizzo della procedura dell’accertamento parziale svincola l’Agenzia delle Entrate dalla previsione di cui all’art. 43 del D.P.R. 600/1973.
In tal guisa, l’Amministrazione Finanziaria sarebbe autorizzata ad emanare più avvisi di accertamento in relazione alla medesima annualità.
A tal riguardo, giova ricordare che le ragioni sistematiche che portarono all’introduzione dell’istituto negli anni ottanta furono appunto quelle legate alla necessità di superare il principio di unicità dell’avviso di accertamento in ipotesi di segnalazioni idonee a consentire di giungere immediatamente all’accertamento di un maggior presupposto imponibile (prove certe e dirette), per lo più nei casi di incroci automatici e di segnalazioni esterne all’ufficio.
L’estensione delle fonti di innesco non ha cancellato detta connotazione, a meno di non voler ritenere una perfetta sovrapposizione di due diversi istituti: accertamento ordinario ed accertamento parziale, tesi che, a sommesso giudizio di chi scrive, deve essere respinta.