Marcia indietro del Ministero del Lavoro sui rapporti di lavoro nello sport dilettantistico
di Guido MartinelliIl Ministero del Lavoro, con la sua circolare n. 37 del 21.02.2014 della direzione generale per l’attività ispettiva, torna sul tema delle prestazioni sportive dilettantistiche disciplinate dal primo comma lett. m) dell’art. 67 del Tuir fornendo importanti indicazioni operative ai suoi uffici di vigilanza.
Dopo aver evidenziato la caratteristica non lucrativa degli enti iscritti all’apposito registro del Coni, viene illustrata la disciplina vigente sia per le prestazioni sportive dilettantistiche che per le collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo – gestionale.
In particolare, poi, si concentra sugli istruttori e gli allenatori operanti all’interno delle società e associazioni sportive dilettantistiche, le figure attorno alla cui attività erano nati i contenziosi attualmente in essere.
Se, in origine, l’orientamento ministeriale era stato quello di ritenere applicabile il regime sui compensi sportivi solo ai soggetti svolgenti manifestazioni sportive, a seguito della novella recata dall’art. 35 comma quinto del D.L. n. 207/2008 (convertito con legge n. 14/2009) la fattispecie agevolativa venne allargata, in via interpretativa anche alla formazione didattica e alla preparazione fisica.
Stante la complessità della disciplina e la valutazione che i numerosi contenziosi in essere hanno avuto un: “esito in buona parte non favorevole per l’Amministrazione e l’Inps“, preso l’impegno di farsi promotore: “d’intesa con l’INPS di iniziative di carattere normativo volte ad una graduale introduzione di forme di tutela previdenziale a favore dei soggetti che nell’ambito delle associazioni e società sportive dilettantistiche… svolgono attività sportive dilettantistica nonché attività amministrativo-gestionale non professionale” la circolare fornisce l’indicazione che, ferma l’attività già avviata e i contenziosi in essere, l’attività accertativa degli uffici deve orientarsi verso le realtà sportive imprenditoriali non iscritte al registro Coni, fatta salva quella necessaria a verificare, per le associazioni e società sportive, in accordo con l’Agenzia delle entrate, la legittimità dei presupposti per l’iscrizione (assenza di scopo di lucro) e a rispondere a richieste di intervento per presunto svolgimento di prestazioni di natura subordinata.
Tale formulazione, sia pure opportuna per dare “tranquillità” ad un mondo, quale quello sportivo, che viveva momenti di grande incertezza interpretativa, non appare immune da valutazioni negative, sia riferite alla controtendenza rispetto a precedenti pronunciamenti ministeriali di segno contrario ma, sopratutto, legate alla circostanza che, proprio a seguito dei citati contenziosi, si stava attivando un circuito virtuoso che aveva portato alla regolarizzazione di numerosi lavoratori. I dubbi per gli interpreti rimangono numerosi.
Il Ministero omette di entrare nel merito di quello che appare essere il vero equivoco di fondo del problema: sulla base dell’incipit dell’art. 67, l’inquadramento quale reddito diverso (con conseguente applicazione delle agevolazioni ricordate in circolare, tra le quali spicca l’esonero da contribuzione previdenziale e assicurativa) ha luogo solo quando il reddito non possa o debba essere qualificato come reddito di lavoro subordinato o derivante dall’esercizio di arti o professioni.
Pertanto, al fine di poter legittimamente fare riferimento a questo inquadramento l’interprete dovrà escludere la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato. Ma allora quale sarà la causa di questo rapporto?
Ma si dirà di più, anche in questo caso nel silenzio della circolare. In un sistema di welfare quale quello esistente in Italia teso a garantire ad ogni lavoratore una copertura previdenziale e assistenziale, l’esistenza di soggetti che potranno in futuro avere una copertura previdenziale in fieri, significa che esiste un baco nel sistema: ossia che esiste un rapporto di lavoro, che non è subordinato e non costituisce esercizio di arte o professione che, attualmente, fino alla nuova disciplina che sarà introdotta in modo “graduale”, non ha forme di tutela, non solo a livello previdenziale ma anche per prestazioni quali le garanzie per la maternità
In più la categoria di “sportivi” che operano sia in favore di società o associazioni sportive che in favore di soggetti non autorizzati a erogare compensi agevolati è sempre più numerosa (basti pensare alle lezioni private dei maestri di tennis, agli istruttori di nuoto che prestano attività nei resort stagionali, ai maestri di sci, ecc): in questo caso come operare?
Chi scrive non si nasconde la consapevolezza che, attualmente, il sistema sport non sarebbe in grado di sostenere, sotto il profilo economico, la regolarizzazione di tutto coloro i quali vi operano in maniera continuativa e principale. Ma, allora, cosa accadrà di quei “pochi” secondo il Ministero che hanno perso le cause e si sono visti comminare multe “importanti”. Le dovranno pagare?
Per favore evitiamo una soluzione all’italiana …“chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”!!