Indennità di distacco con tassazione piena
di Nicola FasanoLa Suprema Corte con la recente ordinanza 6 febbraio 2014, n. 2699, in tema di tassazione delle indennità corrisposte ai dipendenti distaccati all’estero, ha concluso per l’assoggettamento integrale ad Irpef delle stesse, non essendo applicabile la franchigia giornaliera di euro 77,47, prevista per le indennità di trasferta all’estero.
La vicenda riguarda un avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2004, emesso nei confronti di una società per recuperare a tassazione la diaria corrisposta a tre dipendenti distaccati in Ungheria, e per i quali la ritenuta alla fonte su tale voce non era stata operata. In particolare il giudice di secondo grado (che aveva dato ragione al Fisco) osservava come non si trattava di indennità di trasferta temporanea, per la quale andava calcolata una franchigia di €.77,47 giornalieri, bensì di un “distacco per lavoro all’estero del tipo trasfertista”, per il quale invece il relativo emolumento deve ritenersi parte integrante della retribuzione. Conseguentemente, la società avrebbe dovuto eseguire e versare le ritenute fiscali anche su tali importi.
Ora, a parte il curioso, quanto criptico, riferimento al “distacco per lavoro all’estero di tipo trasfertista” pare che i giudici di legittimità, e forse le parti in causa, abbiano fatto un po’ di confusione sui termini della questione
E’ opportuno ricordare che, dal punto di vista giuslavoristico, si parla di trasferta quando vi è una modifica provvisoria della sede di lavoro del dipendente che continua a prestare la sua attività sempre per il medesimo datore di lavoro (vi è dunque un rapporto che continua ad essere bilaterale), ma presso una sede temporaneamente diversa. Non vi sono, in teoria, limiti espressi alla durata della trasferta (che comunque, per definizione, non può essere illimitata). Tuttavia, nella prassi aziendale, con specifico riferimento al caso dei dipendenti inviati all’estero, tale durata massima viene fatta coincidere con i sei mesi, in quanto, superati i 183 giorni nell’arco di dodici mesi si applicano le retribuzioni convenzionali di cui all’art. 51, c. 8-bis, Tuir che, generalmente, sono più favorevoli rispetto alle retribuzioni effettive.
Per applicare le retribuzioni convenzionali (che non rappresentano una facoltà, ma un obbligo quando ricorrono tutte le condizioni richieste dalla norma) tuttavia, è necessario, fra l’altro, che l’attività lavorativa all’estero sia continuativa e rappresenti l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che tutto ciò risulti dal relativo contratto di lavoro, appositamente implementato.
Tendenzialmente trovano quindi applicazione nell’ambito del c.d. distacco, che presuppone un rapporto trilaterale fra società distaccante (datore di lavoro “originario”), dipendente distaccato e società distaccataria presso cui il dipendente, per un periodo di tempo limitato (in genere almeno un anno) svolge la sua attività lavorativa.
Le retribuzioni convenzionali, peraltro, ricorrendo tutte le condizioni, trovano applicazione anche in relazione ad un’attività svolta all’estero a seguito di assegnazione – per un periodo di tempo predeterminato presso una diversa “sede” estera della società (come per esempio una stabile organizzazione o un ufficio di rappresentanza all’estero), oppure in caso di trasferimento (in quanto tale definitivo).
Qualora non ricorrano le condizioni per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali (rappresentate, in estrema sintesi, come detto, dallo svolgimento all’estero dell’attività per più di 183 giorni nell’arco di dodici mesi in modo continuativo ed esclusivo) va valutata l’operatività delle altre disposizioni di cui all’art. 51, Tuir di volta in volta da individuare nella disciplina della trasferta (comma 5), in quella ad hoc prevista per i trasfertisti (comma 6) ossia coloro che, come caratteristica intrinseca dell’attività prestata, lavorano in luoghi sempre diversi dalla sede “ordinaria” (come per esempio i manutentori), del trasferimento (comma 7) o dell’assegno di sede estera (comma 8).
Nel caso affrontato dalla Cassazione i tre dipendenti – a quanto pare – erano stati distaccati in Ungheria per un anno il che, escludeva l’applicabilità della disciplina fiscale della trasferta di cui al comma 5 dell’art. 51, Tuir (ai sensi del quale l’indennità per trasferte all’estero è esente da tassazione fino a 77,47 euro giornalieri), ma non consta alcuna valutazione circa la possibile applicazione delle altre norme citate, dettate dall’art. 51, Tuir, probabilmente anche a causa della mancata eccezione di parte e dell’assenza di una documentazione idonea a suffragarla.
Un motivo in più per sottolineare che è sempre assolutamente consigliabile implementare una contrattualistica aziendale coerente ed uniforme, dalla quale sia agevole comprendere la formula contrattuale utilizzata per l’invio del personale all’estero (trasferta, distacco, assegnazione, trasferimento) nonché la conseguente regolamentazione, fiscale e previdenziale, della stessa dal punto di vista del reddito di lavoro dipendente, senza trascurare gli aspetti connessi con ilreddito di impresa, per esempio implementando anche contratti che regolino, laddove previsto, il riaddebito dei costi fra i soggetti coinvolti.