Il metodo del “prezzo-valore” vale anche per gli acquisti all’asta
di Niccolò Di Bella
Con l’art. 1, comma 497, Legge n°266/2005, ha fatto ingresso nel nostro ordinamento il sistema di determinazione dell’imposta di registro basata sul c.d. “prezzo-valore”, da calcolare su una base imponibile dato dalla rendita catastale dell’immobile oggetto di compravendita (opportunamente rivalutata), in contrapposizione a quello “tabellare” rappresentato dal corrispettivo pattuito tra le parti.
L’esercizio di tale opzione, che può sommarsi alle agevolazioni previste per la “prima casa di abitazione”, è tuttavia subordinata ai seguenti presupposti:
- deve essere espressamente compiuta nell’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente;
- deve avere ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze (ma, diversamente dal calcolo ai fini dell’IMU agevolata sulla “prima casa”, in questo caso non vi sono restrizioni rispetto al numero delle pertinenze per le quali si può usufruire di tale agevolazione);
- gli acquirenti devono essere persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, professionali o artistiche.
Inquadrata la tematica, seppur sommariamente, risulta particolarmente interessante la Sentenza del 15/01/2014 n°6 emessa dalla Corte Costituzionale, nella quale è stata ritenuta fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla CTP di Grosseto in merito al mancato richiamo dell’art. 44 del D.P.R. 131/1986 nella sopra citata norma relativa al sistema del prezzo-valore. In quest’ultima, infatti, la deroga all’ordinario sistema di determinazione dell’imposta di registro prende corpo solo in riferimento all’art. 43 del citato Decreto, non consentendo l’applicazione del prezzo-valore nei casi di espropriazione forzata e di vendita all’asta di cui, appunto, all’art. 44.
Nonostante la CTP nella sua ordinanza avesse denunciato la violazione degli artt. 3 (“uguaglianza”) e 53 (“capacità contributiva”) della Costituzione, al termine di una assai argomentata Sentenza la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, comma 497, Legge n°266/2005 solo con riferimento al primo. Dalla Sentenza si legge tra l’altro che, diversamente da quanto sostenuto dal Consiglio dei Ministri (per il tramite dell’Avvocatura dello Stato), il sistema del prezzo-valore altro non è se non una differente disciplina di calcolo dell’imposta che attiene ad una categoria di immobili sostanzialmente unitaria ed omogenea.
Detto in parole povere: non ha alcun senso disapplicare il metodo di calcolo basato sul prezzo-valore negli immobili acquistati tramite procedure esecutive o pubblico incanto, rispetto a quelli acquistati sul libero mercato, in quanto l’esercizio di tale opzione ricade esclusivamente nella volontà dell’acquirente. Opzione che, come si legge nella Sentenza, “…esprime un’evidente valenza agevolativa, laddove consente al contribuente di non scegliere immancabilmente, tra i diversi criteri di determinazione della base imponibile, quello fondato sul valore “tabellare” (che potrebbe essere meno vantaggioso in situazioni congiunturali avverse), bensì quello ritenuto meno oneroso e quindi più conveniente”.
Non ci resta che concludere evidenziando l’ennesimo comportamento distonico da parte di un’Amministrazione che non sempre ha ritenuto inutilizzabile il sistema del prezzo-valore alle cessioni di immobili tramite espropriazione forzata o pubblico incanto; tuttavia alla luce della suddetta Sentenza è altamente probabile che quei contribuenti che si sono visti negare (o che non hanno inconsapevolmente usufruito) il meccanismo del prezzo-valore, tornino “alla carica” avanzando domanda di rimborso (ex art. 77 D.P.R. n°131/1986) di quel surplus di imposta che avrebbero volentieri fatto a meno di versare, a costo di attivare un contenzioso con il Fisco.