14 Febbraio 2014

Voluntary disclosure anche per i residenti all’estero “fittizi”

di Nicola Fasano
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Dalla lettura delle bozze riguardanti la modulistica da utilizzare per la voluntary disclosure emergono diversi spunti di interesse. Vediamone alcuni per quello che riguarda la procedura e gli aspetti soggettivi, rinviando ad un prossimo intervento le considerazioni sui profili oggettivi.

Innanzi tutto si deve evidenziare che la modulistica in bozza può già essere utilizzata per presentare le istanze di emersione all’Ucifi, in quanto viene precisato che, in caso di variazioni nella modulistica definitiva, le domande presentate “medio tempore” restano comunque valide. Si ritiene peraltro, che, salvo motivi particolari che giustifichino la massima tempestività nella presentazione dell’istanza (come per esempio il rischio dell’avvio di controlli sostanziali da parte dell’Agenzia o di procedimenti penali da parte della procura che precluderebbero l’accesso) sia meglio attendere la versione definitiva che sarà varata a seguito della conversione del decreto (prevista entro fine marzo).

Eventuali chiarimenti sulla compilazione dei modelli e allegati da produrre (e, non, pare, informazioni di natura sostanziale) possono essere richiesti, previo appuntamento da fissare tramite mail (dc.acc.ucifi@agenziaentrate.it)

Sotto il profilo soggettivo, è da osservare come in caso di più soggetti coinvolti nella violazione delle regole sul monitoraggio fiscale (per esempio cointestari, intestari e delegati al prelievo, ecc.) vi è la possibilità di presentare all’Ucifi distinte istanze o una istanza congiunta ove confluiranno le informazioni relative a ciascun richiedente e relativi investimenti e redditi esteri. Laddove possibile, soprattutto nel caso dei cointestari, pare preferibile la presentazione di istanze congiunte. Ciò in quanto da un lato (in particolare quando gli interessati siano seguiti da professionisti diversi), così facendo, l’istanza e i relativi allegati saranno necessariamente compilati in modo omogeneo per ciascun richiedente e dall’altro si mette al corrente l’Amministrazione finanziaria, sin dall’inizio, che vi sono posizioni analoghe, da trattare allo stesso modo, cosa non proprio scontata, soprattutto quando magari competenti all’accertamento sono distinte Direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate, in ragione del differente domicilio fiscale dei richiedenti (si pensi al caso di due fratelli uno residente a Roma e l’altro a Milano). In ogni caso è sicuramente consigliabile che i vari soggetti “coinvolti” agiscano quanto meno coordinandosi fra loro, vista la necessità di specificare nelle schede allegate all’istanza se vi siano altri soggetti che abbiano un “collegamento” con l’attività da regolarizzare, precisando a che titolo.

Sotto quest’ultimo aspetto è da rimarcare che va indicato, fra l’altro, il titolare effettivo dell’attività per la cui definizione, specifica il glossario, ci si deve rifare alla normativa antiriclaggio. Viene fatta in un certo senso “retroagire” la definizione soggettiva espressamente utilizzata dal legislatore solo con il nuovo testo del d.l. 167/90 (modificato dalla legge europea 2013) fermo restando che dal punto di vista oggettivo le attività e i redditi andranno quantificati tenendo conto delle regole vigenti anno per anno.

Va evidenziato, inoltre, come i soggetti che nell’arco degli anni ancora accertabili risultino, per alcuni di questi, residenti all’estero, dovranno tenere fuori dalla regolarizzazione tali periodi di imposta, in quanto manca, a monte, il presupposto per la violazione degli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, ossia la residenza fiscale in Italia. Tuttavia le istruzioni precisano che, qualora si tratti di Paesi “black list”, l’istante deve allegare la documentazione che dimostri la sua effettiva residenza estera (come per es. contratti di lavoro, di affitto di immobili, per utenze, iscrizione a scuola dei figli ecc.), fornendo in sostanza la prova contraria richiesta dall’art. 2, c. 2-bis, Tuir. In mancanza, precisa l’Agenzia, la prova contraria si intende “rinunciata” e dunque, di fatto, anche tali anni dovranno essere conteggiati ai fini della voluntary disclosure. Pertanto, come già lasciava intendere la relazione illustrativa al d.l 4/2014, possono accedere alla procedura anche i soggetti fittiziamente residenti all’estero (in particolare quelli trasferiti in Stati black list) fermo restando che, in tal caso, l’adesione alla procedura preclude la possibilità di produrre la prova contraria: in sostanza viene confermato l’approccio seguito per lo scudo fiscale-ter.

Attenzione però alle complicazioni penali: come noto la voluntary esclude la punibilità solo per i reati di omessa dichiarazione e dichiarazione infedele. Alcune procure ritengono, tuttavia, che il trasferimento fittizio all’estero della residenza, possa avere natura fraudolenta (non trattandosi di una “semplice” omissione di dichiarazione dei redditi) e, se così fosse, il d.l. 4/2014 sotto questo profilo non prevede “copertura”.