24 Dicembre 2013

La distruzione della contabilità ammette la prova per testi nel processo tributario

di Fabrizio Dominici
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Il contribuente può esibire nel corso del giudizio i documenti che non ha potuto produrre in sede di verifica. Per la Cassazione, è infatti ammissibile produrre la documentazione non esibita ai verificatori nell’ambito del giudizio tributario se la mancata produzione è dipesa dalla “… manifesta difficoltà di reperimento da parte del contribuente”. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 27595, depositata il 10 dicembre 2013, ha così confermato la sentenza dei Giudici di secondo grado, che avevano autorizzato l’utilizzo dei documenti in sede processuale, documenti per i quali, secondo l’Agenzia, avrebbe operato la preclusione di cui all’art.52 del D.P.R. 633/72. Invero nella fattispecie, non era stata riscontrata “alcuna ipotesi di rifiuto di esibizione o sottrazione”, né un “comportamento teso scientemente a porre in essere” atti omissivi per intralciare e condizionare la verifica.

L’Amministrazione finanziaria, ha infatti la facoltà di richiedere al contribuente informazioni o documenti in sede di accesso presso la sede dell’attività o presso i locali dove sono conservate le scritture contabili, oppure di richiedere le medesime informazioni e documenti mediante l’invio di questionari o inviti al contradditorio.

Il mancato soddisfacimento della richiesta diretta ad ottenere le informazioni ed i documenti de quo, correttamente formalizzata dai funzionari incaricati delle operazioni di controllo, può comportare gravi ripercussioni nell’attività difensiva, financo a giungere alla sanzione della mancata producibilità in sede giudiziale.

La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza senza però riuscire ad individuare una univoca soluzione alle violazioni derivanti dalla mancata produzione in sede di verifica, individuando per lo più con saggezza, nell’elemento psicologico dell’autore della violazione, la discriminante alla grave sanzione della inutilizzabilità della documentazione richiesta. Le norme che inibiscono l’utilizzo processuale della documentazione richiesta e non prodotta sono infatti contenute:

  • nel comma 5 dell’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, relativamente agli “Accessi, ispezioni e verifiche”;
  • nei commi 3 e 4 dell’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativamente ai “Poteri degli uffici”;
  • nel comma 2 dell’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973, per i “Redditi determinati in base alle scritture contabili.”

Segnatamente, in relazione all’obbligo di cui all’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rispettivamente ai commi 3 e 4, va anche precisato e rilevato che il legislatore ha rispettivamente introdotto un onere informativo a carico dei verificatori, ed una “attenuante” per il contribuente che incolpevolmente si è sottratto all’esibizione, prevedendone una sorta di “sanatoria”, da introdursi nel giudizio di primo grado, insieme con la dichiarazione contestuale di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. I medesimi precetti sono anche contenuti nell’art. 52, quinto e decimo comma, del D.P.R. 633/72 e nell’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che addirittura ne prevede la rilevanza penale (per l’occultamento o la distruzione di documenti contabili di cui è obbligatoria la conservazione).

La sentenza della Corte di Cassazione, n.2867 del 07.02.2013 aveva però già ricordato che la mancata consegna della documentazione richiesta o la mancata risposta ai questionari inviati non determinasse sempre ed automaticamente le preclusioni probatorie giudiziali previste dagli articoli in precedenza citati, ma che tale inutilizzabilità, fosse direttamente connessa con la contestuale esplicitazione al contribuente da parte dei funzionari incaricati delle ammonizioni circa le gravi conseguenze connesse con la mancata produzione in sede amministrativa, chiarendo così che la formulazione della norma sanzionatoria è diretta a contemperare i diversi interessi delle parti e cioè da un lato, l’interesse dell’amministrazione finanziaria a reprimere i comportamenti dolosi del contribuente e dall’altro, l’interesse del contribuente a vedersi riconosciute le garanzie di legge.

La previsione normativa dell’ammonizione circa le gravi conseguenze, dice la Cassazione, non costituisce un mero adempimento formale, ma rappresenta un elemento diretto a scoraggiare i comportamenti ostruzionistici dei contribuenti, in assenza dei quali l’effetto preclusivo non risulta legittimato. Vale a dire che se è vero che la contestualità della richiesta e l’esplicitazione delle gravi conseguenze, sono ispirati all’esigenza pubblicistica dell’economicità e dell’efficacia dell’azione amministrativa, è altrettanto vero che tale esigenza deve necessariamente essere contemperata dalla salvaguardia del diritto di difesa del contribuente. Inoltre la finalità cui tende la normativa sanzionatoria, che è per lo più rivolta a contrastare le condotte dolose del contribuente attribuisce l’onere probatorio all’Amministrazione finanziaria che deve dimostrare che a fronte della mancata esibizione dei documenti da parte del contribuente, ci sia anche stata, nel corso dell’attività di controllo, una specifica e contestuale ammonizione circa la gravità della sanzione. (Cassazione n. 18921 del 16 settembre 2011).

Cosa succede quindi nel caso in cui il contribuente, del tutto incolpevolmente, si trovi nell’impossibilità di fronteggiare le richieste di informazioni o la richiesta di produzione documentale, per via dello smarrimento o distruzione della documentazione richiesta?

La Cassazione, con l’ordinanza n.587 del 15 gennaio 2010, si è occupata di un contribuente che a fronte di una ricostruzione del reddito fondata sulle indagini finanziarie, si era difeso affermando l’oggettiva impossibilità di potersi opporre all’accertamento, stante l’indisponibilità della documentazione contabile andata distrutta in un incendio. La replica dell’Ufficio, aveva richiamato il contenuto dell’art. 2724 del Codice civile, circa la possibilità di introdurre,(anche nel processo tributario, la prova per testi. Tale eventualità sarebbe infatti applicabile ogniqualvolta in cui il contribuente, senza colpa, si trovi nelle condizioni di aver perduto il documento da cui ritrarre la prova.

La Suprema Corte in tale fattispecie ha così affermato che il contribuente non è affatto esonerato dall’onere probatorio, ma che in tali casi, in via del tutto eccezionale, può essere prodotta la prova per testi o presunzioni, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2724, n. 3), e 2729 del Codice civile, creando così una breccia nel divieto alla prova per testi contenuto nel processo tributario.