Redditometro poco dettagliato in fuorigioco
di Nicola Fasano
In attesa che l’agenzia delle entrate si esprima sulle osservazioni, e le criticità circa l’utilizzo delle medie Istat, rilevate dal Garante della Privacy sul “nuovo” redditometro che si applica con riferimento ai periodi di imposta dal 2009 in poi, l’attenzione resta concentrata sulle vicende legate al “vecchio” applicabile fino al periodo di imposta 2008, il cui termine di accertamento è in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013 (nel 2014 potrebbe essere accertato ancora il 2008 solo in caso di omessa presentazione della dichiarazione per tale anno). Tradizionalmente, peraltro, nell’ultima parte dell’anno, con l’approssimarsi della fine del termine di accertamento, si assiste ad una impennata delle notifiche degli atti da parte del Fisco. Ed anche gli avvisi di accertamento da redditometro non fanno eccezione. Tuttavia, la fretta con cui spesso vengono redatti gli avvisi di accertamento “sotto scadenza” (e non solo) non è buona consigliera.
In alcuni casi, infatti, si leggono accertamenti da redditometro completamente deficitari dal punto di vista della motivazione, sotto molteplici aspetti.
Uno dei più clamorosi è sicuramente quello legato alla assenza del dettaglio delle singole voci utilizzate dal Fisco per la ricostruzione sintetica del reddito.
In sostanza, non è sufficiente che l’ufficio indichi solo il totale delle “macrovoci” (per es. quelle per spese gestionali, quelle per spese correnti, quelle per incrementi patrimoniali ecc.), deve invece essere riportato in modo analitico l’ammontare delle singole sotto-voci considerate ai fini dell’accertamento del reddito sintetico.
Così, per esempio, gli incrementi patrimoniali contestati in un determinato lasso temporale non possono essere riportati dall’Ufficio nel loro ammontare complessivo, ma vanno specificati singolarmente sia con riferimento alla data precisa che, soprattutto, al loro ammontare e alla loro tipologia.
Sul punto è utile richiamare una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 23740 del 21/10/2013) che ha rilevato l’invalidità di avvisi di accertamento basati sul redditometro, proprio per carenza di specificazione delle pretese spese per incrementi patrimoniali. Nel caso di specie i giudici di legittimità osservano come fosse stato posto a base dell’accertamento sintetico (oltre al possesso di immobili) anche il fatto che il contribuente, negli anni dal 1987 al 1990 avesse sostenuto spese per incrementi patrimoniali per £. 190.000.000. I Supremi giudici concludono affermando che “siffatta motivazione si rivela inadeguata, poiché l’indicazione di una somma complessiva, senza specificazione dell’entità e di altri elementi identificativi dell’unica o delle plurime spese asseritamente sostenute per incrementi patrimoniali, viola il citato art. 38, quarto comma, del d.p.r. 600/73 – il quale richiede l’esistenza di “elementi di fatto certi” da porre a base dell’accertamento sintetico -, in quanto rende impossibile, o eccessivamente difficoltoso, l’esercizio del diritto del contribuente di fornire la prova richiesta dal sesto comma del citato art. 38 del TUIR al fine di sottrarre dette spese dal computo del reddito complessivo accertabile in via sintetica”.
E’ superfluo osservare come se questo principio vale per gli incrementi patrimoniali (ossia spese certe sostenute e in linea di principio conosciute dal contribuente per acquisti per es. di veicoli o immobili), a maggior ragione deve valere nel caso in cui l’omissione dell’Ufficio riguardi, come qualche volta accade, il dettaglio del valore dei singoli beni considerati ai fini della ricostruzione sintetica del reddito in applicazione degli specifici parametri – non certo conosciuti dal contribuente – previsti dal D.M. 1992 e successive modifiche e integrazioni. Generalmente, va precisato, gli Uffici riportano tabelle riepilogative con l’indicazione analitica delle modalità di calcolo del reddito sintetico (che ovviamente è sempre bene verificare) e del “peso” che ha avuto ciascun bene nella ricostruzione sintetica del reddito. Qualora però questo non sia stato fatto e l’Ufficio si sia limitato a riportare le caratteristiche dei beni utilizzati per il redditometro (per es. auto, abitazioni, barche ecc.) e l’ammontare totale delle “spese gestioniali” da essi derivanti, l’atto deve ritenersi irrimediabilmente viziato da nullità, per difetto di motivazione così come confermato anche dalla Suprema Corte con la sentenza citata. Il principio, peraltro, con gli opportuni adeguamenti, deve ritenersi applicabile anche con riferimento al “nuovo” redditometro.