Con l’azienda passa di mano anche il plafond Iva
di Fabio Landuzzi
Nell’ambito delle operazioni che comportano un trasferimento, temporaneo o permanente, dell’azienda o di un ramo di azienda, assume spesso rilievo il passaggio dal dante causa all’avente causa della qualifica di esportatore abituale, ovvero della facoltà di acquistare beni e servizi senza pagamento di Iva ex articolo 8, comma 1, lettera c), del DPR 633/1972.
Nel caso dell’affitto di azienda, il trasferimento del plafond ha una sua disciplina normativa specifica nell’articolo 8, comma 4, del DPR 633/1972, il quale prevede che affinché possa essere eseguito il trasferimento del diritto di acquistare beni e servizi in regime di non imponibilità Iva in forza della qualifica di esportatore abituale, è necessario che tale trasferimento venga espressamente previsto nel contratto di affitto e che ne sia data comunicazione con lettera raccomandata all’Ufficio competente. L’invio della lettera è poi stato sostituito con la semplice trasmissione della Comunicazione di variazione dati (contenuta, per le società di capitali, nel Mod. AA7/10), nell’apposito spazio da compilare al fine di adempiere a questo obbligo pubblicitario.
Con la risposta parlamentare n. 5-02385 del 27 gennaio 2010 è stata altresì chiarita la non essenzialità del trasferimento di tutti i crediti e debiti del titolare dell’azienda, al fine di consentire il suddetto passaggio della qualifica di esportatore abituale. Per effetto della previsione negoziale, anche senza inclusione di tutti i crediti e debiti, l’affittuario assume il diritto di utilizzare la parte residua del plafond prodotto dall’azienda affittata, ed anche di ricomprendere nel proprio plafond dell’anno seguente le cessioni all’esportazione e intracomunitarie eseguite dall’affittante per tutto l’anno. Resta naturalmente ferma la facoltà dell’Amministrazione di contestare eventuali profili elusivi dell’operazione, in particolare quando il contratto d’affitto non prevede il trasferimento dei rapporti con la clientela.
Nel caso della cessione di azienda (o di ramo di azienda) il subentro dell’acquirente nello status di esportatore abituale del cedente non è disciplinato dalla legge; secondo l’Amministrazione (Ris. 165/2008) deve esservi una continuità dell’attività svolta in precedenza dal cedente la quale non necessariamente implica il trasferimento di tutti i crediti e debiti dell’azienda, essendo sufficiente che siano trasferite le posizioni attive e passive necessarie per assicurare continuità nella prosecuzione dell’attività rivolta ai clienti non residenti. In questo senso si era espressa la CTR del Piemonte sentenza n.8 del 9 marzo 2007. Anche in questo caso, oltre a dare menzione del trasferimento nell’atto di cessione, il cessionario dell’azienda sarà tenuto anche ad assolvere alla comunicazione di variazione dati mediante compilazione dell’apposita sezione.
Nel caso del conferimento di azienda, si presentano questioni analoghe a quelle della cessione. L’Amministrazione, nella Ris. 124/2011, ha ritenuto fattibile la ripartizione del plafond tra conferente e conferitaria assumendo come parametro di allocazione l’ammontare pro capite stimato delle operazioni non imponibili che, presuntivamente, le parti avevano previsto di effettuare nell’esercizio successivo per ciascuna delle due imprese.
Anche in questo caso, l’Amministrazione ha riconosciuto che il trasferimento del plafond non è condizionato al passaggio di tutti i rapporti con la clientela non residente, o più in generale di tutti i crediti e debiti relativi al ramo di azienda conferito; nello status di esportatore abituale, il conferitario subentra per effetto stesso della successione nei rapporti che si determina nel conferimento in quanto avente per oggetto un ramo di impresa dedito ad attività di esportazione. Ricorre anche in questo caso la menzione nell’atto e la comunicazione all’Agenzia delle Entrate.