La responsabilità dei soci e degli amministratori dopo la cancellazione della società
di Fabrizio Dominici
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le pronunce delle SS.UU. nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010, avevano stabilito che la cancellazione della società comportasse anche l’estinzione di ogni rapporto giuridico ad essa afferente.
Le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 6070 e 6071 del 12 marzo 2013, sono state costrette a tornare sull’argomento per regolamentare i rapporti giuridici pendenti al momento della cancellazione della società dal Registro delle Imprese.
I Supremi Giudici hanno così stabilito che, dopo la cancellazione dal Registro delle Imprese della società, i rapporti giuridici facenti capo alla stessa vanno trasferiti ai soci, i quali, nelle società di capitali, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso dalla liquidazione (mentre nelle società di persone ne rispondono illimitatamente).
Allo stesso modo i diritti ed i beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione della società estint, si considerano trasferiti ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, e le pretese ed i diritti di credito ancora incerti o illiquidi vanno trattati come se il liquidatore li avesse rinunciati.
’art. 2495 del Codice Civile, a seguito delle modifiche introdotte con la riforma del diritto societario, ha infatti attribuito alla cancellazione della società efficacia costitutiva, sicché, ferma restando la sua estinzione, i creditori sociali non soddisfatti dalla liquidazione ben potranno rivalersi, per i crediti rimasti insoddisfatti, nei confronti dei soci, fino a concorrenza delle somme da questi riscosse, oppure nei confronti dei liquidatori, qualora il mancato pagamento sia a loro imputabile.
La società estinta perde quindi la personalità giuridica ed ogni possibilità di agire o di essere chiamata in giudizio, ma i soci mantengono la loro responsabilità sussidiaria, di talché, per le società di capitali, non vi sarà alcuna responsabilità dei soci, nel caso in cui non vi sia stata distribuzione di attivo, mentre vi sarà una responsabilità sussidiaria e limitata a quanto ricevuto dalla liquidazione,laddove la distribuzione si sia realizzata..
I soci delle società di persone continueranno invece a rispondere delle obbligazioni sociali, contratte durante la vita della società, in proprio e con le limitazioni previste dal Codice Civile per i soci accomandanti (l’accomandante risponde solo entro i limiti della sua quota di liquidazione ex art. 2324 c.c..), in virtù della responsabilità solidale ed illimitata prevista dal Codice Civile (artt. 2312, 2324 e 2461). Queste ultime società hanno infatti una limitata capacità di agire e la cancellazione dal Registro Imprese, ha la mera funzione di informare i terzi dell’avvenuta estinzione.
In sostanza le Sezioni Unite della Cassazione sono state costrette ad intervenire nuovamente ed a così breve distanza, per chiarire che l’estinzione della società non può comportare anche l’estinzione dei diritti dei terzi, che lo ricordiamo, non sono legittimati a proporre reclamo avverso il deposito del bilancio finale di liquidazione.
Sul fronte tributario ricordiamo poi che i liquidatori che non adempiono all’obbligo di pagare le imposte con le attività della liquidazione, rispondono in proprio, se soddisfano crediti di ordine inferiore rispetto a quelli tributari o assegnano beni ai soci senza aver prima assolto alle imposte dovute, sicché, come stabilito dalla sentenza della Cassazione n. 11968 del 13 luglio 2012, affinché possa riscontrarsi la responsabilità degli stessi, occorre che i crediti erariali risultino dai ruoli che potevano essere posti in riscossione al momento della cancellazione e che vi sia la certezza che le imposte in questione non siano state assolte. In questi casi non si avrà una successione diretta nel debito erariale, ma la reviviscenza di un credito di derivazione civilistica, fondato sul presupposto della violazione degli obblighi imposti dalla legge. La sentenza chiarisce che, in tal caso, non si ha una successione automatica e diretta degli amministratori e dei liquidatori nei debiti tributari della società estinta, ma solo l’esistenza di un nuovo diritto che l’amministrazione finanziaria può farsi riconoscere provando la responsabilità degli stessi per le violazioni commesse.
Per quanto riguarda invece l’eventuale responsabilità dei soci per i debiti tributari, si deve premettere che il comma terzo dell’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, dispone che essi rispondono nei limiti di quanto ricevuto, in danaro o in altri beni sociali, nel corso degli ultimi due periodi d’imposta, precedenti alla messa in liquidazione della società.
Amministrazione finanziaria è infatti legittimata ad agire in via sussidiaria nei confronti di questi ultimi, solo pro quota e proporzionalmente a quanto ricevuto, sicché anche la responsabilità dei soci per le obbligazioni tributarie non assolte, è da ritenersi limitata alla parte ricevuta da ciascuno socio nella distribuzione dell’attivo.
Concludendo, mentre civilisticamente, è possibile invocare una successione diretta dei soci nei debiti della società (con le limitazioni in precedenza analizzate), ai fini strettamente tributari deve invece ritenersi esclusa tale automatica successione dei soci nei debiti tributari della società estinta, responsabilità che andrà in ogni caso subordinata alla prova della esistenza delle condizioni sopra enunciate.