Avviso di accertamento sottoscritto da funzionario nominato senza concorso pubblico
di Fabrizio Dominici
Molto si è dibattuto in merito al difetto di sottoscrizione dell’atto portante la pretesa tributaria, anche se l’inequivocabile tenore del dettato normativo non lascia grandi spazi di discussione, stante la chiarezza dell’art. 42, del D.P.R. n. 600 del 1973, che lo ricordiamo, stabilisce, a pena di nullità, che l’atto di accertamento, deve essere sottoscritto “dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Il punto è quello di chiarire quali siano gli “impiegati della carriera direttiva” che possono essere delegati e se tale delega debba avere determinati requisiti.
La questione della legittimità della delega, oltre che essere oggetto di ripetute pronunce della giurisprudenza tributaria, è stata anche portata alla attenzione del Tribunale Amministrativo del Lazio, che con propria pronuncia, ha avuto modo di chiarire che la sottoscrizione, in luogo del Direttore, è consentita soltanto ad un funzionario di carriera direttiva nominato con concorso pubblico e ciò in contrapposizione alla prassi, ormai da anni utilizzata dalla Agenzia delle entrate, di nominare i funzionari delegati con chiamata diretta, (senza concorso pubblico).
Il TAR del Lazio ha così statuito, con la sentenza n.6884 del 1 agosto 2011, l’illegittimità della delega conferita ad un funzionario chiamato per interpello e quindi l’illegittimità della prassi dell’Agenzia delle Entrate di nominare taluni dirigenti con detta modalità, anziché mediante regolare concorso pubblico. Segnatamente, il Tar Lazio, ha stabilito che “… configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell’assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell’art. 52 co. 5 del D. Lgs. n.165/2001.”
La sentenza ha insomma evidenziato che la condotta utilizzata dall’Amministrazione finanziaria, non può che sfociare nella illegittimità dell’incarico conferito, che a sua volta, non può che comportare la nullità dell’atto di sua emanazione per via della illegittimità derivata. Come anche chiarito nell’ambito della motivazione della sentenza del Tribunale Amministrativo, l’atto proveniente (l’avviso di accertamento), da soggetto non legittimato (dirigente delegato), quale atto derivato, deve ritenersi nullo, o meglio inesistente. Al riguardo, giova anche richiamare quanto recentemente stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013, dove, per l’appunto, i giudici di vertice hanno definitivamente chiarito che “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio. (conforme Cass. 17400/12)”.
Sempre nella pronuncia in richiamo i giudici hanno altresì chiarito che l’Ufficio, laddove non ottemperi a tale onere probatorio, non può invocare l’ausilio del giudice tributario, affinché gli consenta di sanare eventuali carenze processuali, atteso che la documentazione utile a provare la legittimità della sottoscrizione appartiene all’Ufficio ed è pertanto suo dovere (processuale) produrre tutto quanto necessario, nei termini a tal fine prescritti dalla legge.
Sul fatto poi che il termine, di cui al richiamato art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992, sia perentorio, non vi sono più dubbi; secondo la Cassazione, infatti, “esatta appare la decisione in ordine alla inutilizzabilità dei documenti in questione causa il loro deposito tardivo, atteso che il termine posto al riguardo dal D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, la cui violazione nel caso di specie non è in discussione – è un termine perentorio, essendo stabilito a tutela del diritto di difesa della controparte e del principio del contraddittorio” (Cass. n. 1771 del 2004)” (conforme Cass., n. 28598, del 2 dicembre 2008).