Come ti (ri)tasso gli immobili
di Massimiliano Tasini
Si è detto in un precedente articolo (si veda “Come ti tasso gli immobili” in Ecnews dell’8 novembre 2013) delle difficoltà che si incontrano nel procedere ad individuare il corretto trattamento tributario delle cessioni di immobili (terreni e fabbricati) nella determinazione del reddito delle persone fisiche.
Una prima considerazione si impone. I redditi diversi non sono una categoria aperta. Le cose stavano così vigente il D.P.R. 597/1973, il cui art. 80 autorizzava senz’altro una lettura per così dire “assorbente” della categoria dei redditi diversi.
Sotto questo profilo, pertanto, ogni lettura dell’Agenzia delle Entrate volta a “tassare ad ogni costo” qualsivoglia provento incassato dalle persone fisiche va decisamente respinta, salvo che gli Uffici non riescano ad evocare quel “mostro” che prende il nome di abuso del diritto ed al quale fanno sempre più spesso riferimento gli atti del Fisco, nell’ottica di tentare di scavalcare gli ostacoli frapposti dalla normativa vigente (e, per l’abuso, di tutto può parlarsi tranne che di normativa vigente … sic).
Venendo alla disciplina positiva, si riscontrano nella pratica con una certa frequenza casi in cui gli uffici negano validità alle perizie di rivalutazione redatte allo scopo di affrancare il valore dei terreni previa corresponsione dell’imposta sostitutiva (il riferimento è agli artt. 5 e 7 della legge 448/2001 relativa a terreni e partecipazioni, disciplina ripetutamente riaperta dal legislatore praticamente senza soluzione di continuità fino ad oggi). L’Agenzia delle Entrate sostiene che tali perizie non produrrebbero effetti giuridici se redatte dopo la cessione/permuta dei terreni, sebbene giurate prima del pagamento della prima o unica rata dovuta per assolvere l’imposta sostitutiva dovuta.
La giurisprudenza della Suprema Corte si è però oramai graniticamente orientata in senso opposto: si vedano la sentenza n. 30729 del 30 dicembre 2011, nonché le ordinanze n. 22990 del 13 dicembre 2012 e n. 11062 del 9 maggio 2013. Contraria resta l’ Agenzia delle Entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013.
Altra questione sicuramente controversa è quella di comprendere quando un terreno possa dirsi “lottizzato“. Infatti, gli articoli 67 e 68 del Tuir riservano una disciplina assai diversa a seconda che tale requisito sussista o meno.
Volendo banalizzare la questione, potremmo sintetizzare che la lottizzazione è un “percorso” che consta di due fasi: una prima che attiene al procedimento amministrativo, ed una seconda nella quale si procede a realizzare le opere dovute per soddisfare gli impegni che i proprietari lottizzanti si sono dati.
Ora, quale è il momento rilevante? All’inizio del percorso amministrativo? Al suo termine? O al termine delle opere da realizzare sul terreno?
Purtroppo, nella disciplina tributaria, mentre é presente una nozione di terreno edificabile manca una definizione di terreni lottizzati, né la disciplina desumibile da norme extra-tributarie consente di tracciare un perimetro sufficientemente chiaro.
Secondo l’art.18 della L. n. 47/1985 è lottizzazione “qualsiasi trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni anche quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che,
- per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti,
- denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
D’altra parte, il Ministero delle Finanze con la nota n. 2704/1981, in senso favorevole al contribuente, ha opportunamente precisato che il semplice frazionamento catastale di un terreno non costituisce operazione incrementativa diretta ad agevolare la successiva vendita, né può essere assimilato alla lottizzazione, la quale consiste nell’utilizzazione del suolo per la realizzazione, contemporanea o successiva, di un insediamento edificatorio previa predisposizione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
La Cassazione, con la sentenza n.6836/2001 ha precisato che costituisce lottizzazione il trasferimento di quattro lotti di terreno, frutto di frazionamento di un più ampio appezzamento, originariamente agricolo, ricevuto per donazione paterna, già dotati della relativa concessione edilizia, avendo lo stesso contribuente presentato i relativi progetti. Pur non vertendosi in ipotesi di lottizzazione nel senso previsto dall’art. 28 della L. n. 1150/1942, l’operazione attuata dal contribuente era comunque nella sostanza volta a rendere edificabili i terreni. É questa una pronuncia che denota come la scelta della Corte è ancora una volta nel senso di fuoriuscire dagli stretti binari normativi per accedere ad una visione più sostanzialistica.
Da ultimo si può rilevare come la R.M. n.319/E/2008, nel recepire il principio affermato dalla più recente giurisprudenza di legittimità – Cass. sent. n. 26275/2007 – ha ritenuto che la lottizzazione si perfeziona solo nel momento in cui il Comune ha stipulato anche la convenzione di lottizzazione non essendo pertanto sufficiente la mera approvazione del piano di lottizzazione. Quindi, sembra potersi ritenere che é solo con il completamento della fase amministrativa che la lottizzazione viene ad esistere.