Per la Cassazione il rimborso Iva infrannuale non è revocabile dalla società
di Fabio LanduzziUna recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 24916/13 depositata il 6 novembre 2013) prende in esame il caso di una società che, dopo avere presentato un’istanza per il rimborso trimestrale del credito Iva ex articolo 38-bis, comma 2, D.P.R. 633/1972, aveva trasmesso all’Amministrazione una successiva richiesta di revoca dell’istanza al fine di potere far confluire quel credito Iva nelle liquidazioni mensili e quindi di destinare la somma o alla compensazione verticale con l’Iva a debito del periodo, oppure alla compensazione orizzontale con altri tributi e/o contributi nel Mod. F24.
La Suprema Corte rigetta la tesi sostenuta dal contribuente riguardo alla libera revocabilità dell’istanza di rimborso trimestrale dell’Iva, sostenendo che essa si porrebbe in contrasto con il principio di alternatività fra la richiesta di rimborso e l’esercizio della detrazione; secondo la Cassazione, acconsentire una tale libertà di modifica della scelta operata dal contribuente potrebbe avere l’effetto di alterare gli equilibri previsti nel sistema dell’Iva fra, da una parte, i diritti del contribuente e, dall’altra, i poteri di controllo e verifica dell’Amministrazione.
La revocabilità dell’istanza di rimborso Iva trimestrale avrebbe in verità potuto trovare fondamento sulla base del principio di emendabilità delle dichiarazioni fiscali, riconosciuto proprio al fine di poter rimuovere errori formali o sostanziali commessi dal contribuente nella loro predisposizione. Secondo la Cassazione, tuttavia, in questo caso – ossia, trattandosi della revoca di una libera scelta operata in occasione della presentazione dell’istanza trimestrale – non si verte nella fattispecie del rimedio ad un errore occorso in sede di compilazione della dichiarazione, e quindi non varrebbe appellarsi alla natura di dichiarazione di scienza e non di volontà della stessa dichiarazione fiscale. In questo caso, si rientrerebbe infatti nell’ambito di una libera facoltà di scelta del contribuente fra le diverse opzioni che l’ordinamento gli mette a disposizione per gestire nel modo più efficace il credito Iva: – il rimborso, sussistendone le condizioni; – la detrazione nel periodo successivo; – la compensazione con altri tributi e contributi. Quindi, la decisione di presentare l’istanza trimestrale di rimborso dell’Iva è una scelta che il contribuente compie sulla base di una valutazione di convenienza finanziaria ed economica, la cui esplicitazione esprime una chiara volontà, mentre non rappresenta un errore di inesatta rilevazione o quantificazione del dato esposto nella dichiarazione fiscale.
Sull’annosa e controversa questione della emendabilità della dichiarazione fiscale, già in altri casi la Cassazione (sent. 7294 del 11/5/2012 e sent. 1427 del 22/1/2013) si è espressa affermando che è sempre emendabile e ritrattabile la dichiarazione fiscale quando essa é affetta da un errore di fatto o di diritto in cui è incorso il contribuente nella sua redazione, salvi i limiti temporali di legge; ciò, per quanto concerne i dati in essa indicati che sono riferibili a dichiarazioni di scienza, tanto da aver riconosciuto che detta emendabilità è esperibile anche nella fase del contenzioso tributario (sent. 22692 del 4/10/2013).
Diversamente, l’emendabilità non sarebbe consentita per quelle situazioni – come è il caso oggetto della sentenza qui in commento, che attiene alla revocabilità dell’istanza presentata per il rimborso Iva trimestrale – che sono invece riferibili a manifestazioni di volontà. Secondo questa giurisprudenza di Cassazione gli eventuali errori della volontà espressa dal contribuente avrebbero rilevanza ai fini della emendabilità della dichiarazione soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità ex art. 1428, Cod.Civ. E compete al contribuente l’onere, assai arduo, di provare la rilevanza dell’errore con riguardo ad entrambi i citati requisiti della essenzialità (nel caso del rimborso Iva trimestrale, ad esempio, si dovrebbe ravvisare tale requisito nell’errore che incide sulla qualità del credito Iva chiesto a rimborso, oppure nella non esatta comprensione delle norme applicabili) ed anche della obiettiva riconoscibilità dell’errore da parte dell’Amministrazione Finanziaria.