Legge di Stabilità 2014: potenziamento dell’ACE
di Adriana Padula
L’incremento progressivo dell’aliquota applicabile ai fini della determinazione del rendimento del capitale nozionale per la fruizione della deduzione denominata Aiuto alla crescita economica (ACE), pare una delle misure più efficaci, tra quelle orientate al sostegno del comparto produttivo, contenuta nel disegno di legge di Stabilità 2014. L’art. 6, commi 5 e 6, della Finanziaria dispone, in particolare, uno slittamento dell’esercizio a decorrere dal quale l’aliquota da applicare ai fini della determinazione dell’ACE dovrà essere determinata con decreto dal Ministero dell’economia e delle finanze e fissa nuove aliquote per il periodo transitorio.
L’Aiuto alla crescita economica, introdotto dall’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, ha quale finalità istitutiva quella di favorire la capitalizzazione delle imprese e di orientare le scelte degli operatori verso l’apporto di mezzi propri piuttosto che il ricorso al debito. La misura si sostanzia nella possibilità di dedurre dal reddito imponibile, il rendimento figurativo di nuovi apporti di capitale. A decorrere dal 1° gennaio 2011, pertanto, è escluso da tassazione il rendimento corrispondente all’incremento di capitale di ciascuno anno rispetto alle consistenze del 31 dicembre 2010, per effetto della destinazione degli utili a riserva disponibile e di nuovi conferimenti in denaro, al netto delle riduzioni del patrimonio netto per attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti. Tale determinazione deve ulteriormente essere depurata dagli affetti di talune operazioni, con finalità antielusive. Il decreto attuativo del 14 marzo 2012, all’art. 10, evidenzia come l’agevolazione potrebbe infatti prestarsi ad un impiego distorto soprattutto in presenza di una pluralità di soggetti vincolati da rapporti partecipativi, così da moltiplicare gli effetti dell’esenzione con attribuzione dei relativi benefici a più entità a fronte di un’unica movimentazione di denaro. In particolare, l’incremento del patrimonio netto rideterminato deve essere diminuito del valore dei conferimenti in denaro infragruppo, dei corrispettivi per l’acquisto di partecipazioni o aziende, e dell’incremento dei crediti di finanziamento concessi a società dello stesso gruppo. Gli imprenditori individuali e le società di persone che tengono la contabilità ordinaria, per natura o per opzione, calcolano invece il beneficio sul patrimonio netto risultante dal bilancio di ciascun esercizio.
Il rendimento nozionale del capitale proprio è poi determinato applicando alla variazione in aumento del patrimonio netto rispetto al 30 dicembre 2010, un’aliquota fissata per i primi tre anni di applicazione dell’agevolazione, ovvero dal 2011 al 2013, al 3%. Nella formulazione originaria della norma, è peraltro stabilito che a decorrere dal 2014, la determinazione del tasso da applicare per il calcolo dell’Ace è demandata ad apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da licenziare entro il 31 gennaio di ogni anno.
La legge di Stabilità fa slittare al 2017, l’anno a partire dal quale la determinazione del tasso che esprime il rendimento figurativo dovrebbe avvenire con decreto. Nella fase transitoria, dal 2014 al 2016, stabilisce invece delle nuove misure fisse, con aumenti progressivi. Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, si applicherebbero le percentuali del 4% per il 2014, del 4,5% per il 2015 e del 4,75% per il 2016.
La revisione in aumento delle aliquote, a ben vedere, non necessariamente rappresenta una misura di maggior vantaggio per i contribuenti. Infatti, se la modifica alla norma disposta dalla legge di stabilità nel 2014 non avesse luogo, la determinazione del tasso con decreto ministeriale dovrebbe avvenire già nel 2014 tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio. Rete imprese Italia, nell’audizione del 24 ottobre scorso presso le commissioni bilancio e bilancio, tesoro e programmazione, ha evidenziato come il tasso medio di interesse sui titoli di Stato nel 2012, pari al 3,11%, incrementato di tre punti percentuali per riflettere il maggiore rischio connaturato nell’investimento, produrrebbe un risultato finale del 6,11%. Il valore è, pertanto, ben superiore a quello indicato nella legge di Stabilità per l’esercizio 2014, fissato al 4%.
In aggiunta, l’art. 6, comma 6, della legge di Stabilità, esclude che il calcolo degli acconti d’imposta per gli anni 2014 e 2015, possa avvenire applicando il c.d. metodo “revisionale”. Infatti, per la quantificazione degli acconti per i periodi appena citati, bisogna riferirsi all’aliquota per il calcolo del rendimento nozionale del capitale proprio riferita all’esercizio precedente. Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, quindi, nel 2014 si deve fare riferimento all’aliquota valida per il 2013, pari al 3% e per il 2015, alla misura del rendimento nozionale fissato per il 2014, pari al 4%. Se fosse adottato il criterio revisionale, gli acconti del 2014 potrebbero già essere commisurati all’imposta del 2013, ricalcolata per tenere conto della maggiore aliquota stabilita per il 2014. La scelta legislativa determina, in sostanza, il differimento dei benefici che l’incremento delle aliquote produrrebbe sulla quantificazione degli acconti.
Le misure contenute del disegno di legge d Stabilità 2014 con l’intento di amplificare gli strumenti fiscali a sostegno della patrimonializzazione delle piccole e medie imprese italiane, rischiano, quindi, di non dimostrarsi all’altezza delle intenzioni. La revisione in aumento dei tassi che esprimono il rendimento figurativo del capitale investito, in contrapposizione con il costo del capitale di terzi, non assorbe integralmente la reale misura del rendimento dei mezzi finanziari vincolati al regime di patrimonio netto (rendimento che sarebbe meglio rappresentato dal tasso di remunerazione dei titoli di Stato maggiorato del premio per il rischio del 3%). In aggiunta, il potenziamento dell’ACE non impatterebbe sugli acconti da versare nel 2014. L’intervento, seppur condivisibile nelle sue finalità ispiratrici, pare poco efficace nell’orientare le scelte di finanziamento degli operatori economici e differisce i benefici che i soggetti interessati potrebbero trarre dall’applicazione a regime dell’agevolazione.