Il contratto di gestione fiduciaria nel nuovo codice civile ungherese
di Claudio PittiaStefano Curzio
Il 15 marzo 2014 entrerà in vigore il nuovo Codice Civile ungherese, destinato a rinnovare profondamente il diritto privato dello stato magiaro.
Il nuovo codice civile ungherese infatti, approvato con legge V. del 2013, sostituisce l’attuale e più volte emendato codice del 1959, portando così a termine una lunga attività legislativa iniziata già nel 1998 con le prima proposta di modifica da parte di un comitato tecnico, e successivamente valutata, integrata, modificata da varie commissioni parlamentari.
Tra le numerose modifiche apportate dal nuovo codice al diritto privato vigente, riveste particolare importanza la regolamentazione del contratto di gestione fiduciaria del patrimonio (“bizalmi vagyonkezelési szerződés”), che, per normazione e caratteristiche diviene uno strumento facilmente assimilabile al trust come conosciuto anche in Italia.
Il contratto, regolamentato negli articoli dal 310 al 330 del libro sesto, rientra tra i contratti tipici previsti dall’ordinamento ungherese.
Con il contratto di gestione fiduciaria del patrimonio, che deve essere obbligatoriamente redatto in forma scritta, il gestore gestisce in nome proprio, ma a favore di un beneficiario, beni, crediti e diritti a che gli sono stati intestati dal disponente.
Il contratto ha effetti traslativi e prevede il passaggio della proprietà dei beni non limitandosi, quindi, a definire una “gestione in nome e per conto” di terzi.
Non è possibile istituire un contratto di gestione fiduciaria del patrimonio in cui la figura del trustee (o, meglio, gestore) e quella del beneficiario coincidano nella medesima persona. Come sottolineato da autorevole dottrina (M. Lupoi “Istituzioni del Diritto dei Trust e degli affidamenti fiduciari”), con riferimento la trust interno ma il cui ragionamento è correttamente estendibile al caso in esame, mancherebbe sia il profilo dell’affidamento che il rapporto fiduciario.
Anche la gestione fiduciaria del patrimonio si caratterizza, come il trust, per l’effetto segregativo: l’articolo 6.312 stabilisce infatti che i creditori del gestore non possono in alcun modo rivalersi sul patrimonio o patrimoni ricevuti in gestione fiduciaria atteso che il patrimonio fiduciario è separato da quello del gestore.
Tuttavia i beni in trust, per godere di tale segregazione, devono essere iscritti dal gestore nel Registro del Trust (le disposizioni attuative di prossima emanazione ci diranno delle caratteristiche di tale registro) mentre le permutazioni di tali beni si considerano appartenenti al patrimonio fiduciario anche se non successivamente iscritte nel registro.
La tutela del patrimonio del beneficiario è garantita dall’art. 6.314: lo stesso infatti stabilisce che i creditori dello stesso potranno rivendicare i di lui beni solamente al momento della devoluzione allo stesso dei beni o dei profitti da questi generati.
Il contratto di gestione fiduciaria non prevede la figura del Guardiano, figura che, tipicamente, nel diritto dei trust, esercita poteri sia dispositivi che gestionali (vedi la revoca e/o la sostituzione del trustee), presta o nega il consenso alle decisioni del trustee e impartisce a quest’ultimo direttive e/o istruzioni circa il compimento di specifici atti.
Nel contratto in esame, il diritto di controllo spetta infatti al disponente ed al beneficiario sui quali gravano anche i costi di detto controllo. Agli stessi inoltre il gestore deve fornire informazioni riguardanti i beni affidati ed ancora il rendiconto della gestione del patrimonio affidato.
Il gestore ha l’obbligo di mantenere la segretezza nei confronti di terze parti rispetto a qualsivoglia informazione o fatto relativo alla consistenza e gestione del patrimonio, salvo specifica deroga prevista dal disponente nel contratto. Tale obbligo di riservatezza deve essere rispettato dal gestore anche successivamente alla conclusione del suo mandato.
Né il disponente, né il beneficiario possono invece impartire ordini al gestore (rimane tuttavia da capire come gli stessi possano almeno esercitare un’attività di indirizzo con documenti che possano richiamarsi alle lettere dei desideri del diritto dei trust).
Il contratto di gestione fiduciaria deve individuare un beneficiario del trust, riservando eventualmente al “gestore” il potere di scelta di questo soggetto secondo determinate condizioni già specificate nel contratto.
Il disponente può nominare più gestori, in questo caso essi agiscono con poteri congiunti e decidono di comune accordo. Inoltre il disponente può revocare il gestore in ogni momento.
Il contratto di gestione fiduciaria può essere con scrittura privata oppure:
- con dichiarazione unilaterale irrevocabile, recepita in atto pubblico notarile, nel caso in cui il disponente e il gestore siano la stessa persona;
- con atto testamentario del disponente.
Entro la fine del 2013 è prevista l’emanazione dei regolamenti di attuazione, che entreranno più nello specifico di alcuni aspetti che richiedono regolamentazione, come per esempio:
- requisiti civili e penali del gestore
- istituzione dell’albo dei gestori, e requisiti per l’iscrizione
- capitale sociale minimo nel caso in cui il gestore sia una persona giuridica
- obblighi assicurativi
- specificazione dell’obbligo di riservatezza.
La fiscalità dei frutti del nuovo strumento contrattuale è al momento non conosciuta, e verrà definita con l’approvazione della prossima legge finanziaria prevista per la metà di novembre.