L’accesso agli atti amministrativi tra diritto ed interesse
di Massimiliano TasiniPatrizia Pellegrini
Il diritto di accesso agli atti amministrativi ha la sua sede normativa negli articoli da 22 a 24 della Legge n. 241/90 ed attiene al diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi. Ne sono titolari tutti i cittadini, società ed associazioni che siano portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui si chiede l’accesso.
Per documento amministrativo si intende ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
Nel vigore della formulazione anteriore alla novella recata dalla Legge n. 15/2005, pur dopo alcune incertezze ermeneutiche, la norma aveva trovato un proprio assetto (cfr, ex pluribus, Consiglio di Stato, 5.12.1995, n. 892) che prevedeva:
- il riconoscimento del diritto di accesso anche in capo al contribuente nei procedimenti tributari;
- l’esercizio del suddetto diritto differito al momento di conclusione del procedimento accertativo;
- l’accesso esperibile unicamente nei confronti della pubblica amministrazione titolare della potestà accertativa.
L’intervento operato dalla Legge n. 15/2005 la quale, riformulando l’art. 24 della Legge n. 241/1990 ha previsto tra le ipotesi di esclusione del diritto di accesso i procedimenti tributari per i quali rimangono ferme le particolari norme che li regolano, ha dato ingresso alla tesi della sostanziale inaccessibilità degli atti del procedimento tributario, sul presupposto che la disciplina tributaria nulla a tal riguardo dispone.
Tale opzione ermeneutica, tuttavia, è stata rigettata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato la quale, all’esito di una lettura costituzionalmente orientata, ha ritenuto che “l’inacessibilità agli atti è limitata, temporalmente, alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo. Infatti, diversamente opinando, si perverrebbe alla singolare conclusione che il cittadino possa subire ulteriori incisioni nella propria sfera giuridica in conseguenza di un procedimento tributario, pur conclusosi in sede giustiziale con accordo tra le parti, qualora gli fosse impedito di accedere a tutti gli atti che lo riguardano, al fine di difendersi in un parallelo procedimento pendente per gli stessi fatti, quale quello penale instauratosi a seguito della verifica tributaria (cfr, ex multis, Consiglio di Stato, 21.10.2008, n. 5144; 13.1.2010, n. 53; 26.9.2013, n. 4821).
Ritenere fondata la tesi dell’inaccessibilità sine die agli atti del procedimento tributario, peraltro, porterebbe alla paradossale situazione in cui lo stesso sarebbe connotato da un livello di secretazione addirittura superiore a quello del procedimento penale, se solo si consideri che il Pubblico Ministero ha il potere di svolgere la propria attività istruttoria imponendo ai propri atti un vincolo di segretezza onde non pregiudicare l’esito delle indagini unicamente nella fase delle indagini preliminari, dovendo rendere disponibili i documenti investigativi una volta che abbia dato avvio all’azione penale.
E qui torna il tema dell’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, che non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, essendo sufficiente che lo stesso sia giuridicamente tutelato ed in rapporto di strumentalità con la documentazione di cui si chiede l’ostensione: rapporto di strumentalità da intendersi nell’accezione di mezzo utile per la difesa di quell’interesse giuridicamente tutelato, così da escludere qualsiasi sindacato in ordine alla fondatezza della domanda giudiziale proponibile, ed altresì valevole a privare di rilievo il generico interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa.
La necessità del rapporto di strumentalità nell’accezione anzidetta di mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente tutelato è inoltre idonea a sostenere la tesi del possibile esercizio del diritto di accesso agli atti del procedimento amministrativo anche da parte del terzo portatore di quell’interesse.
Infine, la tesi dell’inaccessibilità appare irragionevole ed altresì ingiustificatamente penalizzante anche avuto riguardo all’esigenza che ciascuno possa difendersi in giudizio, disponendo di tutti gli strumenti e gli atti necessari alla tutela dei propri interessi (art. 24 della Costituzione).