25 Ottobre 2013

La Suprema Corte torna sul tema della responsabilità solidale degli amministratori delle associazioni per violazioni tributarie

di Guido Martinelli
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La quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. V, Sent. 06.09.2013 n. 20485) torna sul tema della responsabilità personale degli amministratori di una associazione non riconosciuta a seguito di accertamenti tributari.

La regola di diritto (art. 38 cod. civ.) sancisce la responsabilità delle associazioni non riconosciute per le obbligazioni assunte dalle persone che la rappresentano e la personale e solidale responsabilità, per dette obbligazioni, delle persone che hanno agito in nome e per conto della associazione non riconosciuta.

Due le ipotesi considerate dalla norma ed implicanti, per la sua corretta applicazione, l’una, la preliminare verifica dell’attività dei “rappresentanti dell’associazione” imputabile all’ente ed allo stesso opponibile così da impegnare il fondo comune; l’altra, l’accertamento dell’operatività della responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, con l’individuazione di colui che ha agito in nome e per conto dell’associazione.

E’ principio di matrice giurisprudenziale quello secondo cui la responsabilità personale e solidale ex art. 38 c.c. di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione trascende la posizione assunta astrattamente dal soggetto nell’ambito della compagine sociale ricollegandosi ad una concreta ingerenza dell’attività dell’ente (cfr. C. Cass. 19486/2009) determinante la creazione di rapporti obbligatori e tale da far ritenere il soggetto coobbligato in solido con l’associazione per le obbligazioni da questa assunte (cfr. C. Cass. 1047/2012).

Nel caso di specie l’Ufficio, a seguito del mancato pagamento da parte dell’ente accertato, aveva notificato 4 cartelle esattoriali nei confronti di 4 persone fisiche individuate quali soci e membri del consiglio direttivo dell’ente.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale si espressero a favore dei contribuenti costringendo l’Amministrazione a ricorrere in Cassazione.

Ricorso respinto anche in grado di legittimità.

La Corte conferma, infatti, che la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 cod. civ. di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto. Principio che, secondo il costante insegnamento della Corte (v. C. Cass. 16344/08, 19486/09), si applica anche ai debiti di natura tributaria.

Chi invoca tale responsabilità ha l’onere di provare il diretto coinvolgimento di tale soggetto nelle irregolarità fiscali contestate, non essendo sufficiente la sola prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente.

Trattasi di ipotesi in cui la responsabilità è ricollegabile allo svolgimento di una qualche attività che richieda di essere accertata; non è legittima l’iniziativa che prescinde dal preliminare accertamento di attività per l’insorgenza della personale responsabilità

Nella individuazione del sodale ai fini della responsabilità di cui all’art. 38 c.c. è pregnante e prevalente l’accertamento positivo dello svolgimento per l’associazione non riconosciuta, di attività negoziale posta a base dell’accertamento fiscale non essendo sufficiente la sola prova della carica rivestita all’interno dell’ente (C. Cass. 19486/2009, 19488/2009).

L’obiezione non è superabile con il soccorso delle prove presuntive perché non formate.

Pertanto la Corte, ritenendo che: “l’assunzione della qualità di soggetto passivo di imposta a carico di ciascun singolo componente di detto organo direttivo ipotizzata nel caso di specie dall’amministrazione finanziaria avrebbe richiesto la prova dell’effettiva insorgenza delle obbligazioni in discussione nel periodo di investitura di ciascuno dei predetti componenti del consiglio direttivo. Poiché invero la responsabilità personale di ciascuno dei suddetti soggetti è circoscritta al periodo in cui la sua ingerenza nell’attività dell’ente per l’investitura nella carica sociale deve considerarsi effettiva, costituiva onere dell’Ufficio provare tale circostanza (C. Cass. 25478/08 in quanto costitutiva del proprio diritto ad azionare la pretesa nei confronti dello stesso soggetto”, respingeva il ricorso dell’Amministrazione.

Non viene portato all’attenzione della Suprema Corte, però, un ulteriore aspetto che considero di non secondaria importanza

Il Giudice Tributario è Giudice del tributo non è Giudice del rapporto da cui insorgerebbe l’obbligazione tributaria ed, in ipotesi, intercorrente tra l’associato -garante – e l’associazione sportiva garantita .

Emerge con chiarezza che la questione sulla sussistenza di obbligazione di garanzia a favore della associazione sportiva rilevante per le conseguenze ex art. 38 c.c., considerato il petitum e la causa petendi, non può ritenersi questione di natura tributaria attesa la natura privatistica del rapporto, assente ogni carattere autoritativo pubblicistico con conseguente giurisdizione del Giudice ordinario.