Il rapporto tra IMU ed impianti fotovoltaici accatastati
di Fabio Garrini
Nel precedente contributo (si veda Euroconference NEWS del 21 ottobre) è stato esaminato il tema degli impianti fotovoltaici in corso di costruzione sui lastrici solari degli edifici, tema oggetto di analisi ad opera della risoluzione 8/DF/2013. Si tratta di una fattispecie non rara, ma la questione merita di essere ampliata, verificando quale debba essere il corretto trattamento IMU, più in generale, degli impianti fotovoltaici.
La costruzione di un impianto
La prima “variazione sul tema” riguarda la valutazione circa cosa avvenga se si costruisce un impianto che sarà classato quale immobile a se stante. Sul tema, nel corso degli anni, vi è stata un’accesa diatriba che è sfociata nella posizione dell’Amministrazione Finanziaria che vuole l’impianto classato in categoria catastale D1. Secondo le indicazioni della risoluzione 3/T/2008 e la nota del 22 giugno 2012 (che reca le previsioni catastali relative), l’obbligo di accatastamento ricorre quando dall’immobile (appellativo sul quale molti avrebbero da che ridire) “è ritraibile un reddito ordinario, temporalmente rilevante, caratterizzante l’unità immobiliare”.
Queste però sono problematiche che lasciamo al tecnico che si occupa dell’impianto, limitandoci a ragionare sugli aspetti fiscali. Come comportarsi quando la costruzione dell’impianto sul tetto di un edificio porta alla realizzazione di un bene che invece viene autonomamente censito autonomamente nella categoria D1 quale impianto industriale? A parere di chi scrive, in questo caso, le valutazioni da proporre dovrebbero essere in parte diverse a quelle già esaminate nella risoluzione 3/DF/13:
- in corso di edificazione nessun prelievo IMU è dovuto visto che “l’immobile può essere qualificato come area edificabile, nell’ipotesi in cui sulla stessa non sia individuabile alcuna unità immobiliare”.
- Coerenza vuole che in sede di accatastamento non si tenga conto, nella quantificazione del costo di (ri)costruzione del valore del lastrico su cui insiste il sedicente impianto industriale. Fermo restando che quale diretta conseguenza dell’accatastamento come D1 con attribuzione di rendita – e non come F5 – occorrerà determinare l’IMU sulla base della rendita catastale rivalutata.
Costruzione dell’impianto sul terreno
Diverso è il caso di costruzione di impianto fotovoltaico che poggia sul suolo: aderendo all’impostazione ormai consolidata dell’Agenzia del Territorio, che vuole l’impianto quale vero e proprio fabbricato, dal momento del completamento (sul punto si faccia riferimento alla fine dei lavori, aderendo ad una consolidata interpretazione giurisprudenziale) occorrerà calcolare l’IMU sulla rendita del fabbricato ottenuto.
Ma trattandosi di fabbricato edificato su un terreno libero ci si deve chiedere se siano ancora mutuabili i principi enucleati dalla risoluzione 8/DF/13 per la fase di costruzione, ovvero se vi sia una rilevanza IMU ai sensi dell’art.5 comma 6 D.Lgs. 504/92: tale norma stabilisce che detta area “è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2”, quindi in deroga alle ordinarie definizioni stabilite per fabbricato e area. Nella citata risoluzione il Ministero osservava che “l’immobile può essere qualificato come area edificabile, nell’ipotesi in cui sulla stessa non sia individuabile alcuna unità immobiliare”: trattandosi di un intervento su di lotto libero, la fase di edificazione dovrebbe essere oggetto di prelievo IMU.
Quindi, nel momento in cui si va ad edificare un impianto, non occorrerebbe più verificare quale sia la qualificazione data al terreno dagli strumenti urbanistici vigenti: durante la costruzione in ogni caso il prelievo andrebbe commisurato al valore, comunque senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera.
Il tema è in astratto interessante, ma probabilmente non ha trovato fino ad oggi una soluzione definitiva perché anche in questo caso la fictio iuris della qualificazione di un impianto fotovoltaico quale opificio mostra tutte le sue difficoltà di applicazione pratica ove calata nell’operatività del settore. E’ noto infatti che i tempi di utilizzazione edificatoria per un impianto fotovoltaico, anche di significative dimensioni, sono relativamente circoscritti (non vanno confusi, evidentemente con i tempi, ben più significativi dell’iter autorizzativo).
Peraltro occorre osservare che i terreni sui quali sono costruiti gli impianti raramente sono di piena proprietà e talvolta sono utilizzati in forza di meri diritti relativi: nel caso in cui vi fosse un diritto di superficie sul terreno, l’IMU sarebbe pagata dal superficiario (quindi dal titolare dell’impianto che ha ricevuto il diritto di “sfruttamento” del terreno).