Ivie e Ivafe non dovute se i beni sono disposti in Trust
di Ennio VialVita PozziCome noto, il D.L. 201/2011 ha istituito a decorrere dal 2011 (per effetto delle modifiche operate dalla legge di stabilità 2013 le imposte sono entrate in vigore nel 2012) una imposta patrimoniale sul valore degli immobili siti all’estero e sulle attività finanziarie estere detenuti da persone fisiche fiscalmente residenti in Italia.
L’imposta sugli immobili esteri (IVIE) è stabilita nella misura dello 0,76% del valore degli stessi; è dovuta nella misura ridotta dello 0,4% per l’immobile adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze. L’imposta sulle attività finanziarie estere (IVAFE) è stabilita nella misura dell’1 per mille annuo per il 2011 e il 2012, e dell’1,5 per mille a decorrere dal 2013 del valore delle attività stesse.
Si applica un’imposta in misura fissa (34, 20 Euro se il cliente è una persona fisica e 100 Euro se il cliente è un soggetto diverso da persona fisica) a tutti i conti correnti e i libretti di risparmio esteri a prescindere dal luogo di detenzione.
Affinchè le imposte in esame siano dovute è necessario quindi che:
1. il soggetto sia una persona fisica;
2. il soggetto sia fiscalmente residente in Italia.
Diversamente, sono escluse dall’ambito di applicazione della norma le attività patrimoniali e finanziarie estere possedute da:
• società commerciali (snc, sas, srl, spa, cooperative) ed enti equiparati;
• società semplici ed enti ad esse equiparati;
• trust;
• enti non commerciali.
La detenzione di attività estere tramite un Trust consente quindi di evitare l’applicazione delle nuove imposte patrimoniali. L’Amministrazione finanziaria ha tuttavia precisato che il beneficio in esame non opera se il Trust è qualificato come “interposto”.
In particolare, la C.M. n. 28/E/2012 ha affermato che l’imposta in oggetto trova applicazione anche nel caso in cui i beni siano detenuti per il tramite una società fiduciaria, nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte mentre l’effettiva disponibilità delle attività è da attribuire a persone fisiche residenti.
La possibilità di evitare il versamento delle imposte patrimoniali estere “sfuma” quando la detenzione tramite un soggetto societario o un Trust è sostanzialmente fittizia.
In tema di Trust interposti, un primo intervento dell’Agenzia delle Entrate risale al 2001; in particolare, si afferma l’interposizione dell’istituto quando:
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il trust è revocabile; in tale ipotesi il titolare va identificato nel disponente o settlor;
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il trust è non discrezionale, nei casi in cui il titolare possa essere identificato nel beneficiario.
In sostanza, “in relazione ai beni esteri detenuti tramite un trust occorre considerare se lo stesso sia in realtà un semplice schermo formale e se la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust”.
In tali casi, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio, nonché i redditi da questo prodotti, devono essere ricondotti ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità.
Le fattispecie in cui un Trust è considerato interposto o fiscalmente inesistente sono state in seguito individuate dall’Agenzia delle Entrate, nelle C.M. n. 43/E/2009 e C.M. n. 61/E/2010, che hanno fornito un’elencazione puntuale esemplificativa e non esaustiva.
Ad esempio, secondo l’Amministrazione finanziaria sono da ritenere “interposti”:
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i trust revocabili in qualsiasi momento con assegnazione dei beni al disponente o un terzo;
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i trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento sè stesso come beneficiario;
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i trust in cui il disponente è titolare di significativi poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso.
E’ irrilevante, inoltre, la residenza del Trust; quanto affermato opera sia in ipotesi di Trust italiano (con Trustee fiscalmente residente in Italia), sia in ipotesi di Trust estero (con Trustee estero).
La detenzione dei beni esteri tramite un Trust non può quindi essere progettata con l’esclusivo obiettivo di ridurre l’imposizione fiscale ma rappresenta un ulteriore beneficio che l’istituto – che deve essere realmente apprezzato e voluto dal disponente – consente di ottenere.