Dal 2013 cedolare ancora più conveniente
di Fabio Garrini
Con l’approvazione del DL 102/13 il regime di tassazione dei canoni definito “cedolare secca”, introdotto dal D.Lgs. 23/2011, diventa ancora più conveniente: il recente intervento, con decorrenza 2013, dà appeal all’opzione per la tassazione proporzionale ai contratti a canone concordato, riducendo l’aliquota del prelievo dal 19% al 15%.
Nel valutare le scelta occorre poi tenere anche in debita considerazione il fatto che la deduzione forfettaria prevista per la tassazione fondiaria IRPEF dei proventi derivanti dalla locazione dei fabbricati viene compressa dal 15% al 5%, riduzione quest’ultima che interessa anche i contratti ordinari (ossia quelli diversi da quelli a canone concordato). SI tratta di una modifica che risale ad oltre un anno addietro – era infatti contenuta nel DL 16/12 – per la quale venne prevista la decorrenza dal 2013.
Pro e contro della cedolare
Il regime di cedolare secca è piuttosto interessante visto che, già con redditi medio bassi, diventa conveniente fiscalmente. L’opzione è concessa solo per i fabbricati a destinazione abitativa (occorre verificare la categoria catastale) e per uso abitativo (l’immobile deve essere utilizzato quale abitazione) e relative pertinenze congiuntamente locate (ossia tra le stesse parti contrattuali) da parte delle persone fisiche. La cedolare è esclusa quando il locatario è una società (ad eccezione degli enti non commerciali che destinano a fini abitativi l’immobile preso in locazione); sono inoltre esclusi i rapporti di sublocazione e contratti di locazione aventi ad oggetto immobili esteri.
I principali vantaggi di tale regime sono i seguenti:
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anziché assoggettare i canoni di locazione all’ordinario prelievo progressivo IRPEF (e relative addizionali, che in molti casi risultano significative) si applica una tassazione proporzionale del 19% per i contratti concordati e del 21% per le altre tipologie contrattuali;
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l’opzione per la cedolare consente di risparmiare l’imposta di registro e il bollo sulla registrazione del contratto e sulle successive scadenze (rinnovi, proroghe, annualità successive, risoluzioni).
Vi sono anche aspetti negativi di cui tenere conto nel valutare l’accesso a tale tassazione alternativa:
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prima di tutto occorre rinunciare agli adeguamenti di canone, per cui entrando nel regime il fitto inizialmente pattuito viene di fatto “congelato”
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nella cedolare il canone tassato è quello integrale previsto contrattualmente, senza far valere alcuna deduzione forfettaria.
Proprio il venir meno delle deduzioni forfettarie finiva per rendere scarsamente interessante detto regime proprio per i contrati concordati o quantomeno rendendolo meno appetibile rispetto a quanto invece avviene per le altre fattispecie contrattuali: se queste infatti devono rinunciare alla sola deduzione base (che, come anticipato, dal 2013 è ridotta al 5%), i contratti concordati devono anche rinunciare alla deduzione aggiuntiva del 30%. Sacrificio assolutamente considerevole.
Aliquota al 15% per i contratti concordati
Proprio al fine di ristabilire una equivalenza tra le diverse soluzioni e dare attrattiva a tutti i contratti per l’ingresso nella cedolare, il Legislatore ha dedicato uno specifico articolo nel DL 102/2013: l’intervento recato dall’art. 3 si è sostanziato nella riduzione della misura del prelievo per i canoni dipendenti da contratti in regime di canone concordato, passata dal 19% al 15%. La norma ha stabilito esplicitamente la decorrenza: la nuova previsione si applica “dal periodo d’imposta incorso al 31 dicembre 2013”. Visto che l’istituto riguarda nella sostanza solo le persone fisiche, possiamo tranquillamente semplificare il concetto, senza timore di incorrere in grossolani errori, facendo riferimento all’annualità 2013.
Per l’individuazione delle fattispecie contrattuali che danno diritto a tale aliquota ridotta si può far riferimento a quanto previsto dalla C.M. 26/E del 1 giugno 2011: si tratta dei contratti
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disciplinati dall’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431
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e di quelli contemplati nell’articolo 8 della medesima legge relativi ad abitazioni site nei comuni con carenze di disponibilità abitative individuati dall’articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del D.L. 30 dicembre 1988, n. 551 e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE.
In definitiva, tale intervento censente di far recuperare appeal alla tassazione cedolare con riferimento a questa tipologia di contratti, visto che in precedenza, l’opzione conveniva solo per redditi relativamente elevati: oggi, al contrario, il punto di equivalenza tra tassazione ordinaria e tassazione cedolare si è sostanzialmente livellato per tutte le fattispecie reddituali. I contratti concordati, lasciando la tassazione IRPEF, perdono la deduzione del 30%, ma guadagnano un’aliquota proporzionale che è di ben 6 punti percentuali minore rispetto a quella prevista per gli altri contratti (15% contro 21%).
Nulla cambia invece in relazioni al prelievo sugli altri contratti, per i quali l’aliquota d’imposta proporzionale rimane invariata al 21%; si tratta in generale dei contratti disciplinati dal codice civile o a canone libero, regolati dalla legge n. 431 del 1998, anche di durata limitata (ad esempio, case per vacanze o per soddisfare esigenze specifiche).