19 Gennaio 2015

Il grande valore dei valori

di Michele D’Agnolo
Scarica in PDF

Ricordo con chiarezza che qualche tempo fa un esperto collega mi avvicinò alla fine di un convegno in cui decantavo i vantaggi dello studio scientificamente organizzato e gestito. Mi ringraziò per averlo intrattenuto e, a tratti, anche divertito ma aggiunse che a suo avviso nella professione contano solo due cose: i clienti e i soldi.

Se questo fosse il comune sentire, è evidente che creare un set di valori per lo studio professionale potrebbe sembrare un esercizio sterile o di facciata.

E poi, a ben vedere, non abbiamo già venti pagine di codice deontologico imposto dal Consiglio Nazionale della nostra professione a mettere lacci e lacciuoli alla nostra attività?

A mio avviso è davvero troppo semplicistico archiviare il codice etico come un’inutile sovrastruttura.

Conta molto, piuttosto, lo spirito con il quale la direzione dello studio e lo staff di collaboratori e dipendenti affronta la cosa. Essendo una filosofia, conta molto la convinzione con la quale la si pratica.

Senza andare troppo lontano, ad esempio, conosciamo aziende che hanno un modello organizzativo 231 soltanto di facciata e altre invece che trattano molto seriamente i rapporti con tutti i loro stakeholders.

Conosciamo aziende dove i capi sono coerenti con quanto l’impresa dichiara e altre dove i comportamenti sono schizofrenici o si plasmano a seconda delle occasioni. Che cosa dovremmo pensare di quel nostro fornitore che dichiara “La nostra mira è il servizio al cliente” e poi lascia le nostre istanze in balia di un irraggiungibile call center? 

Tra l’altro, in tutti gli studi professionali si prendono continuamente decisioni che hanno a che fare con valori, per lo più impliciti. Il dipendente scoperto a navigare su facebook mentre doveva aggiornare le contabilità, il cliente che vuole propinarci un inventario inventato, il fornitore che non risponde tempestivamente, il praticante che scappa con i clienti sono tutti casi nei quali dobbiamo prendere decisioni disciplinari e contrattuali, ma comunque legate ad un implicito set di regole che legano il portatore di interessi allo studio.

Quindi tutti gli studi, volenti o nolenti, hanno un set di valori. Nel novantotto per cento dei casi i valori non sono esplicitati né formalizzati. Spesso i valori si trasmettono implicitamente attraverso gli esempi o le narrazioni. Nello studio in cui il giovane praticante viene immediatamente informato attraverso la narrazione degli episodi leggendari di tutte le volte che i professionisti hanno fatto le nottate per accontentare i clienti, ci si aspetterà reciprocamente che tutti siano disponibili a immolarsi passando lunghe ore in ufficio. Ma non sempre la situazione è così chiara, soprattutto quando gli studi crescono dimensionalmente.

Una succinta formalizzazione del set di valori aiuta quindi a trasmettere questi principi anche quando il gruppo cresce repentinamente, magari per addizioni esterne. Un famoso avvocato, fondatore di un grande studio legale, mi ha confidato che gli spiaceva non avere più il tempo e la possibilità di forgiare caratterialmente i giovani del suo studio essendo questi ormai allievi dei suoi allievi. Il codice etico permette di trasmettere lo spirito del fondatore, è quindi uno strumento che serve per identificare e trasmettere la cultura dello studio nello spazio e nel tempo. Sempre di più gli studi di maggiore dimensione lavorano per dare comportamenti uniformi, una sorta di aria di famiglia, di company flavor allo studio che cresce. Si cerca di spostare l’intuitus del cliente dalla persona a una metodologia di lavoro e la diffusione dei valori serve per perseguire la one-firm-firm dove le persone “sembrano fatte con lo stampino”. Basta posizionarsi all’uscita degli uffici di una big di revisione allo scoccare dell’ora di pranzo per capire di cosa parlo.

Ma l’aspetto forse più importante è che vivere all’altezza dei propri principi aiuta oltre che a camminare a testa alta anche il conto economico dei nostri studi.

Gli studi che declinano il proprio codice etico e si comportano sistematicamente in modo coerente con i propri valori stanno tendenzialmente meglio degli altri. Perché selezionano accuratamente i propri collaboratori, premiando i comportamenti virtuosi e reprimendo quelli viziosi. Perché selezionano con severità la propria clientela ed evitano di portarsi in casa clienti sbagliati. Anche se questi atti di coraggio all’inizio costano un bel po’ di preoccupazioni in quanto il timore di non portare a casa lo stipendio è reale e tangibile.

Vediamo come mai la redditività dello studio migliora. In primo luogo set di valori aiuta a selezionare e ad autoselezionare le persone giuste. Siano essi associati, collaboratori, dipendenti o praticanti. Non basta dire dove andiamo esplicitando la missione e la visione dello studio, ma anche con che atteggiamento affronteremo il viaggio, per assicurarci di avere le persone sempre mentalmente a bordo con noi.

Con le persone, il codice etico stabilisce le regole di appartenenza al gruppo e aiuta a creare un clima tale per cui lo studio diventa un luogo al quale le persone desiderano appartenere.

Pensate a cosa accade quando la direzione dello studio e i colleghi tollerano un dipendente cialtrone. Si pagano queste scelte con gli interessi per molti anni a venire in termini di scontento dei clienti, passaparola negativi, errori, lavori rifatti, scadenze saltate, danni da risarcire.

In secondo luogo, il codice etico aiuta a selezionare ed autoselezionare i clienti giusti. Pensate a cosa accade quando si tollera invece un cliente cialtrone, in nome di un facile aumento dei fatturati. Il cliente non collabora, ci mette in pericolo, non ascolta le nostre indicazioni. Non paga tempestivamente, ci incolpa di ogni nefandezza. La gente si demotiva, si spreca tantissimo tempo, si finisce per non dormire la notte per i problemi degli altri. La legge di Gresham vale anche negli studi: il lavoro cattivo scaccia quello buono. I collaboratori cattivi scacciano quelli buoni.

La presenza di un set di valori consente di creare un modello comportamentale e di misurarne l’adesione attraverso appositi parametri qualitativi. Se decidiamo che il servizio al cliente è un valore importante, ne conseguirà che dovremo misurarlo. La persona è gentile coi clienti? Si ma solo quando noi siamo in studio. Appena ci voltiamo li insulta. Chiediamo allora ai clienti di dircelo, di misurare quello che facciamo ad esempio attraverso interviste dei professionisti di riferimento con i clienti.

Perfino a livello di consiglio dei soci possiamo chiedere ai colleghi cosa ne pensano del nostro modo di fare professione e legare una parte della nostra remunerazione a quel giudizio.  

Ogni decisione da prendere sarà più agevole, e potrà essere presa in autonomia, perché potrà essere filtrata attraverso i valori dello studio. Premi e punizioni saranno definiti in base ai comportamenti realmente agiti dalle persone. Risultato, il gruppo sarà più coeso e lavorerà con ottimismo e abnegazione.

Il set di valori aiuta il conto economico non solo perché agisce non solo sulla produttività e sulla motivazione ma anche perché ci spinge a gestire in modo coerente il rischio professionale.

Mettere a punto un set di valori è un tipico compito della direzione dello studio. E’ certamente utile ed auspicabile il coinvolgimento del personale e dei collaboratori, ma le decisioni in merito ai valori rimangono un atto strategico di pertinenza del titolare o degli associati, che impongono la loro etica e il loro modus operandi allo studio. Quindi è utile ascoltare tutti ma poi occorre scegliere in autonomia. Serve grandissimo rigore nell’applicazione dei principi etici dello studio: chi vuole fare le cose a modo suo, le faccia altrove.

Per sviluppare un buon set di valori occorre innanzitutto interrogarsi sugli episodi negativi che sono accaduti nel corso della carriera di ciascuno, pensando anche a quello che è capitato ai nostri colleghi che sono finiti agli onori della cronaca. Perché sono stati inquisiti o hanno dovuto affrontare dei risarcimenti?

Poi possiamo pensare a quali sono le regole di appartenenza al gruppo se lo studio fosse uno studio ideale.

Infine possiamo confrontarci con i molti esempi ormai reperibili sulla rete delle reti.

Il codice dovrà essere opportunamente divulgato, spiegato, diffuso con perseverante insistenza. Ma soprattutto dovrà essere perseguito con l’esempio dei vertici dello studio, che dovranno improntarvi ogni decisione.

Occorre anche collegare le mancanze con il codice disciplinare dello studio o con le clausole contrattuali dello statuto o dei contratti di prestazione di opera continuativa con i collaboratori. Come ci insegna Cesare Beccaria, necessita infine stabilire a priori quali sono i comportamenti più gravi e quali le penalità che in proporzione verranno applicate. Credo che il depauperamento del patrimonio di clienti dello studio e la disonestà nei confronti dei colleghi siano tra le situazioni più gravi da questo punto di vista.

Con un set di valori esplicato e condiviso possiamo andare tranquilli a perseguire i nostri obiettivi professionali, personali e di studio, sapendo che saranno sempre allineati tra loro. Come diceva il filosofo, il cielo stellato sopra di noi, la legge morale dentro l’i-pad.