La Sardegna meno conosciuta
di Chicco RossiSardegna vuol dire
estate,
mare, vacanze,
glamour
…
natura selvaggia,
montagne,
cultura ed è proprio alla scoperta dell’entroterra che oggi andiamo, in quella Barbagia cantata nel
Purgatorio al
Canto XXIII («
ché la Barbagia di Sardigna assai né le femmine sue più è pudica che la Barbagia dov’ io la lasciai»).
Ollolai, infatti, forse non tutti sanno che nella realtà la Barbagia è più di una, c’è anche quella di Nuoro, di Bitti, di Belvì, di Seuolo, per non parlare di Mandrolisai e dell’Ogliastra.
provincia di
Nuoro, per la precisione nell’entroterra che da un lato trova il proprio confine naturale nello splendido mare del
golfo di
Orosei e dall’altro nel
Gennargentu.
Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta di generale interesse umano”:
Grazia Deledda,
Nobel per la letteratura nel
1926.
Il villaggio bianco sotto i monti azzurri e chiari come fatti di marmo e d’aria”, quella
Oliena nelle cui vicinanze è possibile andare a visitare il
canyon di
Badde Pentumas dove è possibile, per prepararsi al pranzo, affrontare una bella e suggestiva via ferrata. Per quelli meno Cuor di Leone è sempre possibile andare a visitare la fonte di origine calcarea di
Su
Gologone.
macarones furriau, gustosissimi
gnocchetti conditi con
pecorino freschissimo, che viene
fuso insieme alla
semola di modo che si venga a creare una sorta di crema, abbinandoci uno splendido
Tenores del giovane Alessandro
Dettori, un potente
cannonau, prodotto con uve appositamente non doc, dal colore rosso intenso che all’olfatto è la Sardegna, richiamando i
frutti
selvatici e la
macchia
mediterranea. La scelta in realtà mira ad assaporare nella sua pienezza il
porceddu che non ha bisogno di presentazioni, basta chiudere gli occhi e immaginare l’incontro tra il
croccante della
cotenna e la
delicatezza e morbidezza della
carne.
Dorgali e la tomba dei giganti
Sa Ena ‘e Thomes o i villaggio nuragici di Tiscali, Serra Orrios e Nuraghe Mannu, mettendo sotto i denti i
pistiddu: una focaccia ripiena di mosto, scorze di arancia e aromi.
Gavoi e
Ovodda con obiettivo il
pane frattau.
santuario di
Sa Itria. Il culto per la
Madonna d’Itria affonda le sue radici nella tradizione religiosa greco-orientale.
marmellate in tutte le loro declinazioni. Da quella di mele e mente, per proseguire con quelle tradizionali di fragole, fichi d’india,
corbezzolo,
fichi,
mirto e la superlativa
agrumi e
cannella.
pane frattau, piatto tipico della tradizione pastorale della Barbagia, terra dove la pecora la fa da padrona.
taschedda, lo zaino di pelle, insieme al pecorino e all’acqua. Questo era il cibo che mangiavano durante la giornata. Al tramonto, al rientro a casa, il pane si era sminuzzato (vrattau/frattau) dentro la “taschedda”. A quel punto il pane veniva ammorbidito nel brodo o nell’acqua calda, condito con un poco di bagna e col pecorino avanzato. Attualmente esso viene arricchito con le uova in camicia. Io consiglio anche di assaggiare la spettacolare
s’erbuzzu, una
ministra a base di ben
23 erbe, cucinata secondo l’antica tradizione.
Turriga dell’azienda
Argiolas che ha la giusta potenza per sostenere una sorprendente capra marinata con aromi. È un 3 bicchieri che per raggiungere la sua maturità viene fatto invecchiare
18-24 mesi in
barriques
e
un altro
anno in
bottiglia per poi presentarsi con un bel colore rosso rubino intenso. All’olfatto si presenta con un
bouquet ricco e complesso, mentre in bocca sorprende per la complessità della struttura.
pane fresa che nella realtà altro non è che il carasau.
monumenti
prenuragici e
nuragici, quali i
menhir di Predas Fittas e Domosnovas nonché le tombe di giganti in località Su nodu ‘e Lopene e numerosi nuraghi, tra cui quelli di Nieddio, Osseli e Campos.