Su e giù per le colline della Marsica
di Chicco Rossi
Il 23 agosto 1268 terminò il dominio svevo in Italia. Quel giorno a Tagliacozzo fu combattuta la battaglia tra i ghibellini sostenitori di Corradino di Svevia e le truppe guelfe guidate da Carlo I d’Angiò, battaglia che, come detto, pose fine al dominio degli Svevi e soprattutto decretò la caduta della casata sia dal trono imperiale sia da quello di Sicilia che, passò in mano angioina.
La battaglia trova spazio anche nel Canto XXVIII della Divina Commedia dove si legge come “S’el s’aunasse ancor tutta la gente che …, e là da Tagliacozzo, dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo”.
Tagliacozzo è il punto di partenza per un fine settimana tra le colline della Marsica che si chiude in quel di Curcumello, splendido paese, fuori dai classici giri turistici e, come dicono quelli del posto, luogo dove ci devi andare per tua scelta.
Tagliacozzo, il cui toponimo pare significare taglio nella roccia (dal latino talus e cotium) diede i natali a Giovanni Capoccio, uno dei 13 valorosi cavalieri (tra gli altri i famosi Ettore Fieramosca e Giovanni Brancaleone, quest’ultimo da non confondere con il Brancaleone da Norcia reso famoso da Monicelli e dal grande Gasmann) che sfidarono i francesi nella celeberrima disfida di Barletta, scontro cavalleresco che si svolse il 13 febbraio 1503 e che vide vincitori gli italiani.
La valle del Fucino, originariamente possedimento della famiglia De Pontibus passò, a mezzo di un matrimonio, sotto gli Orsini. È con l’avvento del ramo di Bracciano della famiglia che si assiste al massimo splendore di Tagliacozzo, ancora oggi visibile e percepibile passeggiando per i vicoli e le piazze del paese. Il dominio della famiglia è ancora oggi visibile ammirando i palazzi nobiliari ove, armonizzato nella loro architettura, troneggia lo scudo con la rosa, simbolo del casato, a cui si alterna la sirena bicaudata simbolo della casata Colonna che subentrò, per decisione papale, nel controllo di Tagliacozzo a partire dal 1497.
Punto di ritrovo del paese è la splendida Piazza Obelisco cinta da eleganti palazzi ricchi di bifore e finestre rinascimentali. Al centro della Piazza ora dominata dall’Obelisco, vi era un pilozzo di pietra dove venivano fatti sedere i debitori insolventi esposti alla pubblica gogna.
La visita prosegue con destinazione il palazzo Ducale che tanto deve alla famiglia Orsini la cui presenza è testimoniata dagli affreschi.
Ad agosto Tagliacozzo ospita una festa dedicata al piatto tipico: gli gnocchetti con i ceci, e allora non si può lasciare il paese senza averne assaggiato un piatto, sorseggiando un classico Pecorino d’Abruzzo dell’Azienda agricola Cataldi Madonna, un 3 bicchieri Gambero Rosso, di colore giallo carico. All’olfatto presenta profumi di frutto della passione, pompelmo, ananas e arancia amara. Al palato sorprende per l’acidità e per le note minerali di pietra focaia e silicio.
È arrivato il momento di andare a Curcumello che, a differenza di Tagliacozzo, ai più è veramente sconosciuta.
Il borgo è nato verso la fine del ‘200 a opera della famiglia De Pontibus Vetoli.
Tuttora visibili sono le 4 torri cilindriche, erette nel ‘400 che rappresentano il perfezionamento delle opere di difesa di origine rinascimentale.
Inerpicandosi lungo le strette vie del paese, si arriva fino alla chiesa di San Nicola composta da una sola navata divisa in tre campate coperte da volte a crociera. All’esterno, sul lato ovest, la facciata presenta un portale cinquecentesco (con simbolo di S. Bernardino da Siena) coperto da un portichetto composto da quattro colonne a fusto liscio con tre arcate; sul lato sud è il campanile a pianta quadrata.
Lungo la strada che porta alla chiesa è ancora visibile, perfettamente “mimetizzato” in una facciata in pietra di un palazzo, il volto di un crociato, almeno così narra la leggenda.
La camminata stuzzica l’appetito e allora cosa c’è di meglio di uno splendido vassoio di arrosticini di pecora che si sciolgono in bocca annaffiati da un grande rosso d’Abruzzo, quel Villa Gemma che tanti ci invidiano?
Dal colore rosso rubino tendente al grano, questo rosso affascinante prodotto da Marina Cvetic, dopo 36 mesi di invecchiamento, di cui almeno 18 in barriques, si presenta con un bouquet intenso e complesso con richiami di frutti rossi, rabarbaro, vaniglia, noce moscata, cacao e terra bagnata.
Al palato morbido ed equilibrato in bocca, tannini ben tamponati ma un po’ ruvidi. Finale molto piacevole e caldo (PS: se riuscite a procurarmi l’annata 1995 avvisate la redazione).
Questo è l’Abruzzo, terra dura ma sincera, ricca di storia e tradizioni.