6 Dicembre 2013

Prime sciate enogastronomiche

di Chicco Rossi
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Ci siamo. Con l’arrivo di Sant’Ambrogio, oltre a controllare chi ha vinto l’Ambrogino d’oro, o forse chi l’ha rifiutato (leggasi Dario Fo e gli irraggiungibili Elio e le storie tese) o si procede all’addobbo dell’albero di Natale e della casa, sfoggiando davanti agli amici gli acquisti fatti a Rothenburg ob der Tauber o si va passa a ritirare gli sci portati a preparare e si parte per le prime meritate sciate della stagione, con un occhio di riguardo all’aspetto enogastronomico. Ecco che allora, una volta optato per un fine settimana all’insegna di sport, relax e mangiare bene, la scelta, onde evitare possibili crisi familiari, ricade sulla Val di Fassa e ben presto scoprirete il perché.

Per arrivare nella valle che rappresenta la prosecuzione della Fiemme, i cui abeti rossi hanno “donato” il legno per la tavola degli insuperabili violini costruiti dal Stradivari (per il fondo, le fasce e il manico il legno prescelto era l’acero dei Balcani), l’uscita autostradale è quella di Egna-Ora. Da lì si inizia una salita, che porta al paese di Montagna.

A un certo punto, lungo una ripida salita, sulla destra, a ben dire poco visibile, si apre una porta verso un grandissimo viticoltore: Franz Hass.

Qui c’è l’imbarazzo della scelta, si spazia dai bianchi ai rossi. Non racconto bugie nel dire che Chicco Rossi li ha provati.

Imperdibile è il Pinot grigio, vino dal coloro giallo paglierino intenso, con bouquet floreale che ricorda i fiori di acacia, salvia e fieno, mandorle e legno di sandalo. Al palato fine ed elegante.

Ma fiore all’occhiello della produzione è il Pinot nero, definito il bianco tra i rossi (un giorno vi spiegheremo le differenze e difficoltà nella produzione dei bianchi e dei rossi, potendo sin da subito sintetizzarle nel motto “Il bianco è cantina, il rosso è frutto”).

La scelta può cadere tra un “ordinario” Pinot nero, dal colore mutevole che spazia dal rosso rubino intenso a quello chiaro, un bouquet di marasca e lamponi, marzapane e marmellata di prugne, nonché note di chiodi di garofano e cannella, per chiudere con il sottobosco e la riserva “Schweizer” dai tannini morbidi e avvolgente: l’ideale da abbinare con una sella di cervo accompagnata da una confettura di ribes.

Ripartiamo con destinazione Moena, ma se l’orario è quello giusto è consigliabile fermarsi ad assaggiare una deliziosa wiener schnitzel (tralasciamo la diatriba Italia – Austria sulla sua origine, sostenendo alcuni che non sia altro che una variante della cotoletta alla milanese portata in patria da Josef Radetzky, ancora lui): una sottile fetta di vitello impanata e fritta nello strutto, accompagnata da patate saltate in padella.

Il primo paese che si incontra in Val di Fassa è Moena che sarà punto di sosta al ritorno quando ci fermeremo a visitare e perché no, a fare acquisti, in una galleria d’arte alquanto speciale.

Dagli impianti di Campitello e di Canazei è possibile collegarsi a quello che rappresenta il più grande comprensorio sciistico: il Super ski Dolomiti, che con i suoi 1.200 km di piste collega 12 differenti zone sciistiche, dando quindi la possibilità di andare a testare la “Gran Risa” in Badia in vista del gigante di Coppa del Mondo che tante volte ha visto trionfare l’Alberto nazionale, o la temeraria “Saslong” della Gardena. A dire il vero in paesino, Alba, appena dopo Canazei, sulla strada che porta al Fedaia e quindi verso la maestosa Marmolada, c’è la partenza degli impianti per il Ciampac, in ombra e quindi ben ghiacciata, altrimenti il consiglio di Chicco Rossi è quello di fare una bella passeggiata sugli sci, partendo dal Belvedere di Canazei, destinazione Arabba dove affrontando la Porta Vescovo, vi consiglio di deviare a destra per poter poi dire di aver fatto la “Fodoma”.

Dopo una bella sciata quello che ci vuole è un bagno caldo nelle rinnovate piscine di Canazei che offrono la possibilità di farlo all’aperto con vista sugli impianti baby.

La sera c’è l’imbarazzo della scelta, noi vi consigliamo due alternative fuori dai classici giri turistici.

La prima è quella di un ristorante che si trova in una frazione ai più sconosciuta perché fuori dalla strada principale che taglia la valle ma che ha ancora un non so che di romantico con tutti i suoi vecchi fienili recuperati. Ci stiamo riferendo a Moncion e alla Baita “La Regolina” ultimo posto abitato prima dell’attacco per il Gardeccia (arrivo di una recente tappa del Giro d’Italia.

il menù rispecchia la tradizione valligiana. Da provare è la zuppetta di farro perlato in tazzina di pane e le costine di maiale al forno alla birra.

Alternativa è imboccare la Val S. Nicolò e all’altezza di Malga Crocifisso girare a destra destinazione la Val Monzoni o per meglio dire Dal Nello, in arte Nereo Defrancesco.

Dopo un week end all’insegna di sport ed enogastronomia, al ritorno, come promesso, ci fermiamo a Moena per andare a visitare una galleria d’arte ricava all’interno di un vecchio fienile e gestita da un anziano signore che è anche l’autore delle opere esposte. Ci stiamo riferendo a Vigilio Jelicho, scultore che crea vere e proprie opere d’arte intagliando e assemblando legno antico.

Se si vuole concludere la prima uscita sulla neve in maniera memorabile non resta che andare a cenare a Malga Panna: buon appetito.