La responsabilità del liquidatore per omesso versamento delle ritenute
di Luigi FerrajoliLa Corte di Cassazione si pronuncia per la prima volta sulla responsabilità penale del liquidatore della società per omesso versamento delle ritenute d’imposta o acconti IVA.
La vicenda dalla quale deriva la pronuncia della Corte (sentenza n. 21987/2016) nasce da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri, nei confronti del liquidatore di una società in liquidazione, indagato per il reato di cui all’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000 in relazione all’omesso versamento di ritenute d’imposta.
Nel caso di specie il ricorrente ha contestato la decisione del Tribunale del Riesame il quale, confermando il provvedimento di sequestro preventivo, ha omesso di considerare la dicitura dell’articolo 36 D.P.R. 602/1973 laddove si stabilisce che “i liquidatori dei soggetti d’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività in liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono, in proprio, del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di gradazione dei crediti”.
Sul tema, è possibile risalire ad un precedente orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito (G.I.P. presso il Tribunale di Torino 6 dicembre 2013) secondo cui “qualsiasi soggetto che assuma la qualifica di pubblico ufficiale non risponde del reato di omesso versamento delle somme INPS o all’Erario”.
In particolare, in questa pronuncia è stato sostenuto che colui che sia stato nominato commissario liquidatore nell’ambito di un procedimento di liquidazione coatta amministrativa non può essere considerato penalmente responsabile ai sensi dell’articolo 10-bis del citato decreto, in quanto al medesimo compete, innanzitutto, accertare il passivo gravante sulla società e, conseguentemente, procedere al pagamento dei creditori attenendosi alle regole procedurali prestabilite. Secondo quanto disposto nell’articolo 36, è ragionevolmente possibile non adempiere agli obblighi fiscali qualora ciò sia giustificabile nell’ottica di soddisfacimento di crediti che abbiano priorità rispetto alle pretese avanzate dall’Erario.
La Cassazione con la sentenza n. 21987/2016 estende l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito anche alle ipotesi di liquidazione volontaria, sottolineando come colui che assuma il controllo della società con finalità meramente liquidatorie sia tenuto in primis ad assicurare il soddisfacimento delle posizioni creditorie nel rispetto delle norme procedurali concorsuali.
Sarà, pertanto, necessario procedere alla previa determinazione del passivo gravante sul patrimonio della persona giuridica ed in seguito provvedere al pagamento dei creditori, tenendo conto del momento della presentazione della domanda creditoria d’insinuazione al passivo e delle eventuali cause di prelazione sussistenti.
L’articolo 36 D.P.R. 602/1973, ponendo un limite sia temporale che quantitativo, sancisce la responsabilità del liquidatore solo nelle ipotesi in cui quest’ultimo, una volta pagati i crediti anteriori alle obbligazioni fiscali, distragga l’attivo della società destinato al pagamento delle imposte e lo devolvi a scopi diversi. La dottrina ha precisato come il liquidatore per integrare una condotta penalmente rilavante, deve non aver rispettato, nel pagamento dei debiti, l’ordine normativamente fissato e deve aver assegnato beni ai soci od ad altri in assenza di ragioni di privilegio o priorità.
La Cassazione interviene, inoltre, a chiarire che le argomentazioni elaborate intorno al dettato dell’articolo 36 non possono ritenersi confinate solo in ambito prettamente civilistico avendo, invece, “una diretta incidenza in ordine alla configurabilità del reato in caso di insussistenza dei profili limitativi della responsabilità dei liquidatori individuati dal più volte citato articolo”.
Si evidenzia, altresì, che le osservazioni esposte non si pongono in contrasto con altre pronunce espresse dalla giurisprudenza circa l’elemento soggettivo che deve sussistere ai fini della configurabilità del reato di omesse ritenute d’imposta, dovendosi ritenere sufficiente la presenza del mero dolo generico, ossia che il soggetto sia consapevole al momento dei fatti del suo inadempimento (in senso conforme Cass. Pen. Sez. III n. 5905/2013).
Al fine di valutare l’eventuale responsabilità penale del liquidatore occorrerà necessariamente, pertanto, avvalersi di un’interpretazione che tenga conto non solo della normativa fissata in ambito penalistico, ma anche delle regole procedurali normativamente fissate e dei limiti sanciti dall’articolo 36 D.P.R. 602/1973.
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