La cancellazione dal Registro imprese inibisce l’ex liquidatore
di Roberto BianchiNella circostanza in cui sia stata volontariamente ottenuta la cancellazione di una società dal Registro delle imprese antecedentemente alla notifica di un avviso di accertamento, la sua impugnazione – depositata dal rappresentante legale cessato – risulta essere inammissibile considerata la carenza di capacità giuridica e processuale della società medesima, essendosi già prodotto l’effetto estintivo. In questo senso ha disposto la sezione sesta civile della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16937 del 10/08/2016.
La vicenda trae origine da tre sentenze (4060, 4061 e 4062 del 22/02/2010) a Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione che nel 2010 si sono occupate dell’articolo 2495 del codice civile, innovato in seguito alla riforma del diritto societario. Il novellato articolo esprime, al comma 2, che “ferma restando l’estinzione della società dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”. La vicissitudine trattata dalla Suprema Corte è rappresentata dall’inciso “…ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti …” in merito al quale, attraverso le menzionate tre sentenze, la Cassazione ha confermato ciò che già in precedenza la giurisprudenza di merito e di legittimità aveva asserito, ovverosia che attraverso la cancellazione della società dal Registro delle imprese si verifica l’estinzione del soggetto giuridico. In precedenza era vigente una sorta di presunzione mediante la quale il soggetto restava in vita fino a quando avesse in essere dei rapporti giuridici. La Suprema Corte, attraverso le menzionate sentenze ha chiarito che, con la cancellazione, il soggetto giuridico si estingue e pertanto deve essere considerata conclusa la sua esistenza con il naturale effetto della sua estinzione, a prescindere dall’esistenza di crediti o debiti insoddisfatti o di rapporti tributari pendenti. Trasponendo questi concetti all’interno del diritto tributario, si può agevolmente affermare che qualora un soggetto giuridico societario sia cessato il 10 dicembre 2014 – e pertanto in precedenza all’entrata in vigore del decreto delegato per la semplificazione fiscale – si è giuridicamente estinto, quindi i creditori insoddisfatti si potranno rivalere esclusivamente sui soci in presenza di comparenti illimitatamente responsabili.
Pertanto, qualora l’Amministrazione finanziaria volesse effettuare un accertamento nei confronti di un soggetto cancellato dal registro delle imprese (ante 13 dicembre 2014), non potrà emettere nulla nei confronti di una società debellata in quanto giuridicamente inesistente. L’accertamento dovrà necessariamente essere indirizzato al socio o al liquidatore, qualora gli stessi ricadano nelle previsioni di cui all’articolo 2495 cod. civ., con l’obbligo a carico dell’Amministrazione finanziaria di provare che il socio ha incassato denaro o ricevuto beni in assegnazione sulla base del bilancio finale di liquidazione e che è riscontrabile una colpa imputabile al liquidatore. Oppure provando ulteriori circostanze allorché il soggetto rientrasse in quanto disposto dall’articolo 36 del D.P.R. 602/1973 e, pertanto, nel caso in cui emergessero delle responsabilità in capo ai liquidatori e ai soci per debiti IRES.
In buona sostanza l’Amministrazione finanziaria deve emettere un avviso di accertamento nei confronti del socio e del liquidatore e non della società, ma lo potrà fare solo qualora sussistano i requisiti di cui all’articolo 2495 del cod. civ. o dell’articolo 36 del D.P.R. 602/1973, provando l’esistenza di determinati comportamenti posti in essere dai soci e/o dai liquidatori.
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha continuato a disinteressarsi di tutto ciò, proseguendo imperterrita a emettere atti di accertamento nei confronti di soggetti non più esistenti e provvedendo a notificarli ai liquidatori in carica al momento della cancellazione della società dal Registro delle imprese. Pertanto, questi ultimi, ricevuto l’avviso di accertamento, avrebbero dovuto eccepire il loro difetto di legittimazione passiva alle commissioni tributarie le quali, in tale circostanza, generalmente dichiarano la cessazione della materia del contendere in quanto la società risulta essere inesistente e l’ex liquidatore non ha più alcuna legittimazione ad agire per conto della società. L’Amministrazione finanziaria avrebbe, invece, dovuto emettere l’accertamento nei confronti del liquidatore e/o dei soci e in seguito notificarlo, avendo cura di provare la colpa del liquidatore o l’appropriazione indebita del socio, sulla base del bilancio finale di liquidazione. In carenza di questi presupposti necessari, le commissioni tributarie di merito stanno dichiarando prevalentemente la cessazione della materia del contendere.
Nel 2013 la Corte di Cassazione, con tre sentenze (numeri 6070, 6071 e 6072 del 12 marzo 2013), sempre a Sezioni Unite, è intervenuta di nuovo sui contenuti dell’articolo 2495 in maniera significativa. La Suprema Corte ha confermato che, con la cancellazione dal Registro delle imprese, si riscontra l’estinzione del soggetto giuridico, affermando però che, nell’ipotesi di estinzione della società, si verifica un fenomeno successorio il quale non è equiparabile al rapporto tra il “de cuius” e propri “eredi” ma tuttavia resta comunque un fenomeno successorio “sui generis”, in quanto circoscrivibile all’ambito dell’articolo 2495. Pertanto, in caso di estinzione del soggetto giuridico, il fenomeno successorio, secondo gli “ermellini”, è da circoscrivere solo al caso in cui il socio e il liquidatore diventino successori della società estinta, il socio abbia riscosso somme in base al bilancio di liquidazione e sia riscontrabile una colpa imputabile al liquidatore. La Cassazione prosegue nelle menzionate sentenze a SS.UU. del 2013 affermando che si verifica un fenomeno di avvicendamento, ancorché “sui generis”, affrontando la questione della “successione nel processo”. La Suprema Corte ha sostenuto che, se una società risulta essere stata cancellata dal Registro delle imprese, la stessa non esiste più e pertanto non può in alcun modo intervenire in una causa, né in qualità di attore, né in qualità di convenuto. Differente risulta essere invece la situazione in cui una società si cancella dal Registro delle imprese in corso di causa in quanto, in questo caso specifico, deve trovare necessariamente applicazione l’articolo 110 del cod. proc. civ., che disciplina i casi in cui la parte viene meno per morte o per altra causa. La Corte di Cassazione identifica una successione nel processo all’interno dell’altra causa nell’articolo 2495, circoscrivibile ai soci e ai liquidatori e, pertanto, trasponendo questo principio all’interno del diritto tributario, ciò sta a significare l’applicazione degli articoli 40 e 43 del D.Lgs. 546/1992.
Quando in passato ci si interrogava sull’estinzione della società e in particolare sulla cancellazione in corso di causa, la domanda ricorrente era “chi sono i liquidatori?”. È evidente che se i liquidatori fossimo noi non procederemmo mai in questo senso. Queste sentenze del 2013 a Sezioni Unite potrebbero riguardare le società che si sono cancellate, anche in pendenza di un p.v.c. o di un avviso di accertamento o di un contenzioso in corso, in quanto la Cassazione ha affermato che si verifica un fenomeno successorio ancorché “sui generis” che conduce a delle conseguenze dirompenti all’interno del processo tributario.
Pensiamo al caso del socio di minoranza che ha percepito pochi denari in forza di un bilancio finale di liquidazione, oppure semplicemente al socio di minoranza che, anche senza aver percepito alcunché in forza del piano di riparto, verrà chiamato a dover dimostrare alcuni aspetti relativi all’andamento dell’attività liquidatoria.
Insomma, qualora l’Amministrazione finanziaria volesse effettuare un accertamento nei confronti di un soggetto cancellato dal Registro delle imprese (ante 13 dicembre 2014), non potrà emettere nulla nei confronti della società debellata in quanto giuridicamente inesistente. L’accertamento dovrà necessariamente essere indirizzato al socio o al liquidatore, qualora gli stessi ricadano nelle previsioni di cui all’articolo 2495 cod. civ. oppure dell’articolo 36 del D.P.R. 602/1973.
Nella circostanza in esame l’ex liquidatore proponeva un ricorso avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia, la quale, nell’ambito di una controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato nel 2010 per maggiore IRES dovuta dalla S.r.l. in liquidazione, in relazione all’anno d’imposta 2006, aveva confermato la decisione di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione ad agire del legale rappresentante, il ricorso della società contribuente, cancellata dal Registro delle imprese e pertanto estinta sin dal 2009. Il ricorrente lamentava la circostanza che i giudici della C.T.R. avessero erroneamente ritenuto che, sia il ricorso in appello, sia quello di primo grado, fossero stati promossi dalla società, laddove invece gli stessi erano stati presentati dall’ex liquidatore della S.r.l., a seguito di notifica dell’avviso di accertamento proprio in tale qualità e quale responsabile “ex articolo 36 DPR 602/1973 e ex articolo 2495 cod. civ.”. A parere degli ermellini la censura deve essere considerata infondata, sia per il difetto (risalente al 2009) di capacità giuridica e processuale della società, sia con riguardo allo ius superveniens costituito dall’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014, contenente disposizioni sostanziali sulla capacità delle società cancellate dal Registro delle imprese, che non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, pertanto, alcuna efficacia retroattiva.
Ne consegue, quindi, che il differimento quinquennale (operante peraltro esclusivamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria) degli effetti dell’estinzione della società, trova applicazione esclusivamente nei casi in cui la richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese venga presentata nella vigenza della nuova disciplina, ossia a far data dal 13 dicembre 2014.
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