Assegnazione: disapplicazione piena della presunzione dell’articolo 47
di Roberto BianchiL’assegnazione di un bene a un socio comporta necessariamente la riduzione del patrimonio netto della società, a sua volta costituito da riserve e da capitale sociale. Le riserve utilizzabili, in linea di principio, possono appartenere alternativamente alla categoria delle riserve di capitali o delle riserve di utili.
Nel testo unico delle imposte sui redditi sono contenute numerose presunzioni tra le quali una delle più significative è disciplinata dall’articolo 47, comma 1, secondo periodo, il quale afferma che, se la società possiede riserve di utili ma assegna riserve di capitali, si considerano distribuite per prime le riserve di utili. Questa disciplina, congiuntamente a quelle contenute nei commi che vanno dal 5 all’8 del medesimo articolo, in forza di quanto previsto dall’articolo 1, comma 118, della L. 208/2015, non trova applicazione per le assegnazioni agevolate e, in conseguenza di ciò, tali operazioni non devono essere considerate delle “attribuzioni di somme ai soci”. Ma su questo passaggio è necessario soffermare la nostra attenzione in quanto la circolare n. 26/E/2016, al paragrafo 6, espone un ulteriore concetto seguendo il quale, quanto disciplinato dalla seconda parte del comma 1 dell’articolo 47 del Tuir, risulta applicabile esclusivamente al differenziale, scaturente dalla differenza tra il valore di assegnazione del bene e il suo valore contabile fiscalmente riconosciuto, sul quale viene corrisposta l’imposta sostitutiva. Di conseguenza se si dovesse avere un costo fiscalmente riconosciuto di un bene iscritto in bilancio pari a € 200.000 e un valore di assegnazione (catastale, normale o intermedio) pari a € 240.000, si darebbe seguito all’assegnazione di quel bene utilizzando riserve per € 200.000 e corrispondendo l’imposta sostitutiva su una base imponibile di € 40.000 (240.000 – 200.000). Pertanto, l’Amministrazione finanziaria sostiene che l’esclusione dall’applicazione dell’articolo 47, comma 1, secondo periodo, si applica solo su € 40.000 e non su € 200.000 e questa affermazione, qualora venisse confermata anche in futuro (magari nella ulteriore circolare di prossima emanazione), avrebbe conseguenze per i soci estremamente onerose. Pertanto, a parere dell’Ufficio, in presenza sia di riserve di capitale sia di riserve di utili, non è possibile utilizzare le riserve di capitale in assoluta tranquillità, confidando nella copertura garantita dalla legge di stabilità 2016, in quanto la norma è riferita esclusivamente al dato non contabile e pertanto all’utile fiscale da assegnazione e, di conseguenza, per tutto ciò che si è consolidato, valgono le presunzioni.
A nostro avviso, tuttavia, non pare condivisibile la pretesa dell’Ufficio di limitare la disapplicazione dell’articolo 47, comma 1, secondo periodo, del Tuir esclusivamente alla base imponibile dell’imposta sostitutiva in quanto essa dovrebbe essere integrale in caso di assegnazione agevolata, in ottemperanza a quanto disposto dalla legge di stabilità 2016.
L’Amministrazione finanziaria, al cospetto di una disciplina concernente l’assegnazione agevolata, non rinuncia a fornire la propria interpretazione, normalmente votata alla tutela del gettito tributario. Tuttavia esiste la questione generale dell’interpretazione del diritto secondo la quale non ha giustificazione una astratta decodificazione di una norma, in assenza della circostanza in forza della quale tale interpretazione possa avere un significato. Il documento di prassi pone l’attenzione su una serie di fattori che eventualmente potrebbero necessitare di una interpretazione di competenza specifica del giudice tributario. Di conseguenza, qualora la decodificazione venga effettuata in astratto dall’Amministrazione finanziaria, non si ricade nell’ambito della interpretazione della norma bensì in una sua riformulazione. L’Agenzia delle Entrate, attraverso le circolari, implementa la disciplina introducendo concetti che alterano l’indole della norma e generando, al tempo stesso, una sorta di disciplina “ombra” che “potenzia” la legge vera e propria. Gli accertamenti tributari fondati sulle circolari dell’Agenzia delle Entrate circoscrivono l’oggetto del contenzioso tributario con la conseguenza che il documento di prassi, inderogabile esclusivamente per l’Amministrazione Finanziaria, diviene di fatto vincolante anche per il contribuente. Le circolari dell’Agenzia delle Entrate dovrebbero esclusivamente soddisfare la finalità di assicurare uniformità di interpretazione delle norme da parte dei differenti Uffici, ma tuttavia si stanno progressivamente tramutando in provvedimenti sempre più “vincolanti” per i contribuenti. Come si interrogava il prof. Enrico De Mita, non sarebbe il caso che “anche in Italia venga superata la formulazione di questo diritto parallelo che altera l’accertamento e il giudizio tributario?”. Il tutto corroborato da qualche forma di depotenziamento della discrezionalità dell’Agenzia delle Entrate.
A margine della questione, si evidenzia che con la risoluzione n. 73/E di ieri l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per pagare l’imposta sostitutiva prevista per le assegnazioni o cessioni di beni ai soci da assolvere, per il 60%, entro il 30 novembre 2016 e, per il restante 40%, entro il 16 giugno 2017.
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