Tassazione dei compensi del dipendente componente dell’OdV
di Davide DavidNon è raro per le società nominare propri dipendenti quali componenti dell’Organismo di Vigilanza (OdV), attribuendo loro un apposito compenso.
Occorre quindi chiedersi quale sia la natura reddituale di tale compenso, considerato che, a seconda delle diverse possibili prospettazioni, il compenso potrebbe rientrare tra i redditi di lavoro dipendente, tra quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente ovvero anche tra i redditi diversi (per lavoro autonomo svolto occasionalmente).
A tale proposito vanno svolte alcune brevi considerazioni sulle norme e sui principi che regolamentano l’istituzione e il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza.
Come noto, il D.Lgs. 231/2001, nel disciplinare la responsabilità giuridica delle società (e di altri enti) prevede, all’articolo 6, l’esimente da tale responsabilità laddove risultino rispettate tutta una serie di condizioni.
Prima condizione è quella di aver adottato ed effettivamente attuato degli appositi modelli di organizzazione (MOG) e di essere in grado di provare che le persone che hanno commesso il reato lo hanno fatto eludendo fraudolentemente detti modelli.
È poi specificatamente richiesta la prova che “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” (l’Organismo di Vigilanza di cui trattasi) e che da parte di tale organismo “non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza”.
Per rispettare quanto richiesto dal decreto, l’OdV, nel suo complesso, deve avere i seguenti requisiti:
- indipendenza e autonomia;
- capacità specifiche in tema di attività ispettiva e consulenziale;
- conoscenza della realtà aziendale;
- continuità d’azione.
La relazione accompagnatoria al decreto puntualizza che l’OdV è costituito all’interno della Società.
L’OdV, in relazione anche alle dimensioni aziendali, può avere una composizione mono o plurisoggettiva.
In caso di composizione collegiale, tra quelle ritenute più adeguate vi è la composizione con professionisti esterni affiancati da personale interno qualificato.
Le diverse linee guida in materia riportano che per garantire i requisiti di autonomia e indipendenza l’OdV deve essere inserito come unità di staff in una posizione gerarchica la più elevata possibile, deve essere dotato di effettivi e autonomi poteri di ispezione e controllo e non devono essergli attribuiti compiti operativi.
Per garantire l’indipendenza è altresì richiesto che i componenti dell’OdV non si trovino in una posizione, neppure potenziale, di conflitto di interessi con la Società, né di essere titolari di funzioni di tipo esecutivo nelle aree oggetto di controllo.
Per assicurare l’autonomia e l’indipendenza occorre inoltre che i componenti dell’OdV, compresi quelli interni, non siano soggetti, in tale qualità e nell’ambito dello svolgimento della propria funzione, al potere gerarchico e disciplinare di alcun organo o funzione societaria.
Ulteriore requisito richiesto ai componenti dell’OdV nel loro complesso, è quello della professionalità, inteso quale bagaglio di competenze in attività ispettive, di controllo e consulenziali (con riferimento alle aree da vigilare).
Per quanto sopra risulta evidente che, di norma, l’incarico di componente dell’OdV comporta, per il dipendente incaricato, lo svolgimento di mansioni diverse e ulteriori rispetto a quelle già svolte, nonché nuovi profili di responsabilità.
Per questo motivo è da più parti sostenuta la legittimità di un compenso ulteriore rispetto alla retribuzione già riconosciuta.
Secondo conforme orientamento, l’attività svolta dal dipendente quale componente dell’OdV è da inquadrare, sotto l’aspetto civilistico, quale prestazione di lavoro subordinato.
Da un punto di vista fiscale occorre, tuttavia, anche valutare come incidano sulla natura reddituale del compenso i requisiti di autonomia e indipendenza richiesti all’OdV, per comprendere se il compenso vada fatto rientrare tra i redditi di lavoro dipendente, tra quelli assimilati ovvero tra i redditi diversi.
A detto fine va ricordato che, a norma dell’articolo 49 del TUIR, costituiscono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri.
A detta dell’Agenzia delle entrate (circolare n. 326/E/1997) la locuzione “alle dipendenze e sotto la direzione di altri“ presuppone “la circostanza che il dipendente fornisca la propria prestazione di lavoro nel luogo ove deciderà il datore di lavoro, negli orari da questi indicati, usando strumenti o componenti di capitale forniti dallo stesso datore di lavoro e seguendo le prescrizioni tecniche di questo. Per il lavoratore dipendente l’esito del suo lavoro non avrà rilevanza esterna diretta e tutte le questioni economiche e aziendali faranno capo “all’impresa” in cui è inserito (costi, spese, ricavi o compensi, eccetera). La situazione di dipendenza del lavoratore consegue dall’essere inserito in una organizzazione di lavoro, cioè di essere parte di un sistema nel quale agisce privo di autonomia per quanto riguarda l’apporto dei mezzi propri e nel quale ogni aspetto della produzione, che non consista nel prestare le proprie energie lavorative, materiali o intellettuali, non lo coinvolge direttamente”.
Per contro, l’articolo 50, comma 1, lett. c-bis), del TUIR, statuisce che costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i compensi per le cosiddette “collaborazioni atipiche” che “non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente … o nell’oggetto dell’arte o professione”.
L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 67/E/2001, ha precisato che le suddette collaborazioni atipiche vanno individuate “sulla base di criteri di carattere oggettivo quali la continuità nel tempo della prestazione lavorativa e la coordinazione, che si realizza attraverso l’inserimento funzionale del parasubordinato nell’organizzazione economica del committente. Tali attività devono, inoltre, essere svolte senza vincolo di subordinazione, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita”.
Per contro, “rientrano nei compiti istituzionali del lavoro dipendente e restano pertanto escluse dalla disciplina prevista per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quelle attività che si collocano nelle mansioni proprie del lavoro dipendente”.
Quanto sopra rende evidente la necessità di operare un esame diretto su ogni specifica situazione, per verificare l’eventuale collegamento tra le prestazioni rese ed i compiti istituzionali del dipendente.
A tale riguardo può essere utile riprendere i chiarimenti forniti sulla fattispecie di cui alla lettera b) del medesimo articolo 50, ove è statuito che costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i “compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità”, tenendo comunque conto che per tale fattispecie è fatto riferimento a incarichi svolti in relazione alla qualità di dipendente, mentre la lettera c-bis) richiama genericamente i compiti istituzionali.
L’Agenzia delle entrate, relativamente alla fattispecie di cui alla lettera b), ha affermato che la “assimilazione al lavoro dipendente deriva dal fatto che la prestazione di lavoro viene fornita dal dipendente in relazione ad un ordine di servizio ricadente nel rapporto di lavoro subordinato intrattenuto in via principale. La relazione tra l’espletamento dell’incarico e la qualifica di lavoratore dipendente sussiste nel caso in cui risulti, per legge, regolamento, altro atto amministrativo, statuto o capitolato, che l’incarico debba essere affidato ad un componente della categoria alla quale il contribuente appartiene. In altri termini, la relazione suddetta si deve desumere dal fatto che la norma extratributaria, regolatrice dell’incarico, abbia collegato una presunzione di possesso della competenza specifica alla circostanza dell’appartenenza del soggetto ad una certa categoria di lavoratori dipendenti o ad una certa posizione di impiego” (così la risoluzione n. 172/E/2000, riprendendo quanto già affermato nella circolare n. 326/E/1997).
Con riferimento ad un caso concreto, estendendo in qualche modo la portata dei suddetti chiarimenti, ha fatto rientrare tra “i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità”, da considerare quali redditi di lavoro assimilato, i compensi corrisposti da una società a dipendenti dell’ANAS per gli incarichi conferiti da detto ente di componenti delle commissioni di collaudo delle infrastrutture (risoluzione n. 2/E/2009).
Ragionando al contrario, sembra quindi potersi affermare che se il compenso fosse stato corrisposto direttamente dall’ANAS, e non da terzi, lo stesso sarebbe risultato escluso dai redditi “di collaborazione” in quanto rientrante “nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente” (cfr. articolo 50, comma 1, lett. c), del TUIR); e ciò nonostante che l’incarico di componente delle commissioni di collaudo richieda, per logica, un elevato grado di autonomia nei confronti di ANAS.
Per quanto sopra sembra quindi potersi affermare che anche in ambito fiscale, oltre che civilistico, l’incarico di componente dell’OdV affidato a un dipendente vada inquadrato nell’ambito del lavoro dipendente, in quanto da ritenersi rientrante nei compiti istituzionali di tale attività; facendo conseguentemente confluire il relativo compenso tra i redditi di lavoro dipendente.
E ciò ancorché all’OdV sia richiesto un certo grado di autonomia e indipendenza che, peraltro, come indicato da Confindustria nelle sue linee guida, sono requisiti che vanno valutati nella globalità dell’Organismo, non potendosi pretendere autonomia e indipendenza assoluta dai componenti interni (dipendenti della società).
In ogni caso è da ritenere opportuno che il riconoscimento del compenso aggiuntivo per l’incarico di componente dell’OdV vada esplicitato attraverso una integrazione del contratto di lavoro, motivandolo per intervenuti maggiori volumi di attività e maggiori responsabilità (come indicato, ai fini civilistici, nel documento sull’OdV elaborato dalla Associazione dei Componenti degli Organismi di Vigilanza).
Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso: