Semplificati per cassa: un regime con varianti ibride
di Fabio GarriniLa nuova modalità di gestione dei contribuenti in contabilità semplificata prevista nella bozza alla legge di bilancio 2017 è un’ipotesi che sta facendo molto discutere: per tali soggetti sarà introdotta la determinazione del reddito sulla base del principio di cassa. Si tratta di una norma oggi non ancora in vigore, ma innescando tale soluzione occorrerà adeguare l’impianto contabile già all’inizio del 2017 (anche se è prevista l’emanazione di un decreto nel mese di gennaio), per cui tale previsione deve essere ponderata per tempo.
La modifica appare, almeno a prima vista, una soluzione interessante in quanto permette di evitare la tassazione di proventi non incassati (problematica spesso lamentata dai contribuenti che trovano significativa difficoltà a riscuotere i crediti derivati dalle fatture emesse). L’aspetto negativo della previsione è certamente legato alle complicazioni amministrative che ne derivano, obbligando i contribuenti a gestire gli aspetti finanziari.
La novella comporta la modifica dell’articolo 66 del TUIR, per adeguare le regole previste per la determinazione del reddito dei semplificati incorporando il peso di incassi e pagamenti, nonché dell’articolo 18 D.P.R. 600/1973, per quanto riguarda gli aspetti contabili e i registri obbligatori.
Come si sviluppa la gestione di incassi e pagamenti?
In merito all’opportunità di tale regime si può osservare che soluzione analoga è da sempre prevista nell’ambito del reddito professionale; d’altro canto occorre notare che il grado di propensione di un geometra o di un avvocato per le complicazioni documentali è certamente superiore a quello di un elettricista o di un artigiano.
Non si tratta di una affermazione classista, ma al contrario di naturale repulsione agli aspetti formali che le diverse professioni portano necessariamente con sé.
Innescando la determinazione per cassa del reddito, il contribuente è investito dell’obbligo di tenere sotto monitoraggio l’esatto momento in cui egli effettua i propri pagamenti e incassa i crediti vantati nei confronti dei propri clienti, sia per quanto riguarda le operazioni di quel periodo d’imposta, sia (negli anni a venire) con riferimento alle fatture attive e passive non saldate relative ai periodi d’imposta precedenti.
Problema che, come ben noto, è stato di grande ostacolo alla diffusione del regime di IVA per cassa.
Va notato che sotto il profilo della tenuta dei registri contabili è previsto quanto segue:
- il comma 4 dell’articolo 18 D.P.R. 600/1973, oltre a prevedere la possibilità che i registri IVA sostituiscano i registri di annotazione di ricavi e spese (il precedente comma 3 infatti dispone, come soluzione base, ma credo meno di appeal, la separata gestione dei registri IVA e dei registri cronologici degli incassi e pagamenti), stabilisce che al posto delle singole annotazioni relative ad incassi e pagamenti, nell’ipotesi in cui l’incasso o il pagamento non sia avvenuto nell’anno di registrazione, nei registri deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi o pagamenti, con indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono. Questa soluzione, nei fatti, ricalca quanto tradizionalmente previsto per i contribuenti esercenti reddito professionale, dovendo però evidenziare solo le fatture non incassate e non pagate.
- Ben diversa è la soluzione del successivo comma 5, dove viene offerta la possibilità ai contribuenti di esercitare apposita opzione per tenere i registri IVA senza operare annotazioni relative ad incassi e pagamenti; in tal caso la data di registrazione dei documenti si presume che coincida con quella di incasso o pagamento. Quindi, nei fatti, questa soluzione alternativa diviene un regime guidato dalla mera registrazione del documento, senza necessità di alcuna altra indicazione ulteriore: tale soluzione è certamente quella di più semplice applicazione ma, essendo guidata dal principio della registrazione, è evidente che talvolta potrebbe portare a degli esiti reddituali anomali.
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