Nuova IRI: momento di rilevanza dei prelievi
di Comitato di redazioneUna delle novità che interessa gli studi professionali nei primi mesi dell’anno 2017 è certamente quella della valutazione di convenienza all’applicazione del regime IRI per i clienti dello studio.
La possibilità di applicare una flat tax in misura pari al 24% affascina l’imprenditore che, tuttavia, non sempre comprende che:
- non sempre è semplice effettuare una stima esatta della convenienza puramente numerica;
- mancano ancora importanti precisazioni rispetto al tenore della norma;
- la tassazione piatta si accompagna al vincolo della contabilità ordinaria;
- risulta indispensabile “modulare” in modo accorto i prelevamenti.
Proprio su tale ultimo aspetto dei prelievi si è sviluppato un ampio dibattito dottrinale in merito alla modalità di considerazione dei medesimi nell’ipotetico conteggio degli imponibili. Come noto, infatti, il fondamento della nuova imposta (che si applica in modo separato rispetto all’IRPEF) è costituito dalla innovativa possibilità di dedurre dalla base imponibile del 24% gli importi prelevati dal titolare, dai collaboratori o dai soci di soggetti IRPEF (o anche di SRL a ristretta base partecipativa che, pur rispettando i requisiti dell’articolo 116 del TUIR, non hanno optato per la trasparenza fiscale. Sul punto si veda l’articolo di Garrini di oggi).
Per riuscire a gestire in modo coerente le disposizioni, accantonando per un istante tutte le cautele civilistiche che si dovrebbero assumere al riguardo (e delle quali, in tutta sincerità, nessuno di noi si è mai preoccupato nel passato, specialmente nelle società di persone), si tratta di comprendere come si svolga idealmente l’iter di calcolo.
Per fare ciò, basta rammentare che il comma 1 del nuovo articolo 55-bis del TUIR, prevede che “dal reddito di impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito del periodo d’imposta e dei periodi di imposta precedenti assoggettati a tassazione separata” (al netto delle perdite residue computabili in diminuzione …).
Rammentato ciò, ci si deve domandare perché il legislatore abbia utilizzato la locuzione “a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili” riferendosi alla deduzione dei prelievi. Una risposta potrebbe essere di natura immediata ed anche molto pragmatica, in modo da poter saltare a piè pari il problema della “circolarità” evidenziata da coloro che hanno suggerito il possibile problema della riferibilità dei prelievi al reddito netto o lordo.
Per come è scritta la norma, ci pare evidente che il riferimento all’utile di esercizio volesse essere inteso al reddito; ed inoltre, nemmeno al reddito definitivo, bensì ad una sorta di reddito temporaneamente determinato (a fungere quasi da semilavorato) per determinare la base da colpire con IRI.
Quindi, ipotizzando che una SNC si trovi in completa assenza di riserve di utili precedenti (che andrebbero decrementate in via prioritaria) e che i soci si siano disinteressati delle limitazioni presenti nel codice civile (non intendiamo certo affermare che sia giusto, ma semplicemente che così fan tutti), semplicemente accadrebbe che:
- si determina il reddito di impresa (provvisorio) con le normali regole dettate dal TUIR, ipotizziamo pari a 100;
- tale reddito di impresa non è definitivo, in quanto costituisce un plafond IRI in corso di formazione che può (anzi deve) essere decrementato degli eventuali prelievi effettuati in corso d’anno (anche se in spregio dei limiti del codice civile), ipotizziamo 80;
- la base imponibile IRI è semplicemente pari a 20.
Non esiste, dunque, alcun ingorgo di natura circolare nel determinare la base sulla quale si applica il 24%; nel nostro esempio pari a 20.
In definitiva, ove è scritto “utile di esercizio” si voleva semplicemente intendere plafond IRI.
Tali conclusioni sono corroborate dagli esempi della relazione illustrativa che ipotizza la situazione di un soggetto che, già nel primo anno di applicazione dell’IRI, effettua dei prelievi; inoltre, tali prelievi, sonno computati in piena semplicità in decremento dell’imponibile teorico IRI (il semilavorato cui facevamo sopra riferimento) senza alcun timore di dover applicare conteggi a doppia incognita.
La formulazione certamente non chiara è forse stata necessitata dal fatto che i prelievi risultano deducibili (sia pure nei limiti previsti) pur non transitando a conto economico, proprio per evitare di inquinare (e rendere irrimediabilmente non significativo) il bilancio civilistico.
Si crede dunque che l’approccio al computo dell’IRI debba essere semplificato in tal modo, evitando inutili complicazioni che, a prescindere dalla formulazione letterale, non risultano per nulla in linea con lo spirito della norma.
Se questo fosse il corretto ragionamento da svolgere, tutto sommato non vi sarebbero (sotto questo aspetto) particolari problematiche nel conteggio del tributo dovuto.
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