Più chiarezza sullo sport dilettantistico
di Guido MartinelliIl 29 dicembre scorso è apparso sul sito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti un comunicato, dal titolo “Più chiarezza sullo sport dilettantistico”, con il quale si dava notizia della trasmissione di un documento al Governo contenente le proposte di modifica predisposte dalla commissione “no profit” del consiglio stesso, in materia di legislazione fiscale sullo sport, all’esecutivo.
L’attenzione si concentra in tre punti particolari:
- maggiore garanzia nella deducibilità delle sponsorizzazioni in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche;
- più chiarezza sull’ambito di applicazione delle agevolazioni nel mondo del lavoro nello sport dilettantistico:
- definizione puntuale dei confini delle agevolazioni tributarie fruibili dagli enti che operano in questo contesto.
Prima di entrare nel merito delle proposte formulate, un paio di considerazioni di carattere generale. Si continua, da una parte, con la logica dei c.d. “provvedimenti tampone” (nel cui ambito rientra anche il recente incremento del volume d’affari per applicare la L. 398/1991 a 400.000 euro) che eludono, ad avviso di chi scrive, la necessità di una riforma organica di tutta la legislazione sullo sport dilettantistico, necessaria non solo per l’aspetto fiscale, e, dall’altra, con l’assenza di “dialogo” con il quadro di riferimento delineato dalla L. 106/2016 di riforma del terzo settore. In più suggerendo emendamenti ad una proposta di legge di iniziativa parlamentare, quindi necessariamente “di parte”. La stessa indicazione riportata in premessa, su un percorso legislativo parallelo per: “la specifica normativa dell’attività sportiva” rispetto alla “volontà del legislatore di rivedere in maniera organica la disciplina del Terzo settore” lascia supporre che uno dei principi cardine, di quest’ultima, ossia la riconducibilità ad un unico codice di tutte le attività del terzo settore, rimarrà solo un ottimo auspicio.
Il primo intervento punta a far assumere alla qualificazione di spesa pubblicitaria, giusto quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 90 della L. 289/2002, delle sponsorizzazioni fino ad un ammontare annuo non superiore ai 200.000 euro complessivi, caratteristica di presunzione assoluta. Questa appare essere la parte maggiormente condivisibile dell’iniziativa in esame. La certezza della classificazione del costo, per gli sponsor, quale spesa pubblicitaria, sia pure nel limite indicato, appare essere sia interpretazione coerente con la filosofia del legislatore, sia obiettivo imprescindibile per salvare da fantasiose interpretazioni della Agenzia delle Entrate e delle commissioni tributarie una fonte indispensabile di finanziamento per lo sport italiano.
Appaiono, invece, scarsamente condivisibili, alla luce anche della recente giurisprudenza e prassi amministrativa in materia, le proposte in materia di lavoro sportivo dilettantistico. Innanzitutto: l’allargamento delle prestazioni amministrativo-gestionali anche ai manutentori e custodi degli impianti (visto che si farà un referendum sui voucher cosa si dovrebbe dire di questi lavoratori?); il riferimento che per costoro non è prevista contribuzione fino alla soglia esente dei 7.500 euro (sopra cosa succede?); il prevedere in una legge un limite (quello dei 4.500 euro) che non esiste in nessuna altra legge ma è solo un dato di prassi amministrativa.
Si insiste sulla circostanza che fino all’anno 2000 il problema era correttamente e brillantemente inquadrato. Per tutti, ivi compresi gli atleti dilettanti, c’era una fascia esente (analoga agli attuali 7.500 euro) e al di sopra di questa fascia i compensi erano catalogati come redditi da collaborazione coordinata e continuativa con relativo inquadramento fiscale, previdenziale e assicurativo. Non sempre quello che accadeva in passato è sbagliato per partito preso.
Anche l’ultimo tema affrontato non appare immune da perplessità. Vincolare il diritto ad ottenere le agevolazioni fiscali di cui all’articolo 148 Tuir alla presenza di un istruttore qualificato (e quindi gli altri potrebbero non esserlo?) e in aderenza ad un c.d. “programma sportivo annuale” da presentare alla Federazione di appartenenza (anche in questo caso senza indicare chi possa / debba controllare la coerenza del programma ed il suo effettivo svolgimento) cosa risolverebbe rispetto ai casi di elusione oggi presenti in materia? Inserendo poi, con tecnica legislativa opinabile, un aspetto sostanziale all’interno di un corpus normativo, quale il testo unico delle imposte sui redditi, di carattere fiscale.
Viene infine introdotta la previsione, (sicuramente in questo caso da vedere con favore), per le società di capitali dilettantistiche che intendono applicare l’articolo 148 del Tuir, la possibilità di cedere, da parte dei soci, la propria quota ad un terzo al valore nominale.