2 Febbraio 2017

Le simulazioni fuori dalle ipotesi elusive sono penalmente rilevanti

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41755 depositata il 5 ottobre 2016, si è pronunciata in tema di dichiarazione fraudolenta, reato previsto e punito dall’articolo 4 D.Lgs. 74/2000, sotto il profilo della natura elusiva delle operazioni poste in essere dall’amministratore di società.

In particolare, nel caso di specie, la Procura della Repubblica aveva visto respingere un’istanza di sequestro preventivo ex articolo 321, comma 2, c.p.p., proposta in ordine ai beni facenti capo all’amministratore, sino alla concorrenza di un importo ritenuto dal Pubblico Ministero quale valore corrispondente al profitto del reato di cui al citato articolo 4 D.Lgs. 74/2000.

Avverso tale decisione la Procura aveva proposto gravame sostenendo la natura puramente elusiva delle operazioni realizzate dalla società, perché prive di ragioni di natura imprenditoriale apprezzabili sotto il profilo economico gestionale.

Anche in questo caso, la tesi dell’accusa non veniva accolta dal Tribunale, anche in presenza di una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale con la quale era stato annullato l’accertamento fiscale.

Il Procuratore Generale avanzava pertanto ricorso per Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la superficialità con cui era stata esclusa la natura meramente elusiva dell’operazione realizzata dall’amministratore.

La Corte di Cassazione, sul punto, ha innanzitutto osservato che il ricorso del Procuratore Generale doveva intendersi in realtà finalizzato a contestare la congruità della motivazione con la quale era stato rigettato l’appello relativo alla richiesta di sequestro preventivo.

Ciò posto, la Suprema Corte ha osservato che, successivamente all’adozione del provvedimento impugnato, è entrato in vigore (a far data dal 1 ottobre 2015) il D.Lgs. 128/2015, articolo 1, che ha introdotto l’articolo 10-bis, comma 13, della L. 212/2000 (c.d. “Statuto del contribuente”).

Il Tribunale, dunque, non ha potuto naturalmente tenere conto di tale disposizione, essendosi pronunciato in epoca antecedente.

Tuttavia, pone l’accento il Giudice di legittimità, se il ricorso del Procuratore Generale non fosse stato ritenuto inammissibile (come invece accade nell’ipotesi in questione), avrebbe avuto particolare rilevanza il disposto del citato articolo 10-bis, comma 13, del riformato Statuto, ai sensi del quale “le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi della legge penale tributaria”. Secondo tale principio, dunque, le condotte meramente elusive dei precetti tributari non assumono rilevanza penale e, qualora nel caso in esame si versasse proprio in ipotesi di condotta elusiva, non sarebbe ravvisabile il requisito del fumus commissi delicti, con impraticabilità dell’invocato strumento di sequestro preventivo.

In linea di principio, tuttavia, ad avviso della Corte di Cassazione “può definirsi elusiva, e pertanto sulla base della disciplina sopravvenuta, penalmente irrilevante, solamente un’operazione che, pur finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario, sia tuttavia caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale meritevole di tutela per l’ordinamento, tale non potendosi ritenere un’operazione che sia, viceversa, meramente simulata”.

In quest’ultima ipotesi, ci si troverebbe di fronte ad un “mero simulacro privo di qualsivoglia effettivo contenuto” e dunque non si verserebbe in un semplice abuso “di un pur sussistente e valido negozio giuridico quanto ad una vera e propria macchinazione priva di sostanza economica il cui unico scopo, anche attraverso il sapiente utilizzo di strumenti negoziali fra loro collegati, sarebbe quello di raggiungere un indebito vantaggio fiscale”.

In tale contesto, non saremmo in presenza di un’ipotesi penalmente irrilevante dell’abuso del diritto, dunque non potrebbe ritenersi scriminata “in forza di quanto disposto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 10bis, citato comma 13 nel testo attualmente vigente, la condotta di chi, al fine di conseguire un vantaggio fiscale, realizzasse esclusivamente negozi simulati o comunque affetti da altre nullità dal punto di vista civilistico”.

È importante sottolineare come tale indagine, volta a verificare se vi fosse sussistenza di una funzione economico sociale meritevole di tutela e ritenuta rilevante dalla Corte di Cassazione, sia stata preclusa dall’inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero.

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