Terreni edificabili ceduti da imprenditori agricoli: resta il rebus
di Alberto RocchiIn occasione del question time del 19 gennaio 2017, è stata sollevata la problematica dell’imponibilità Iva delle cessioni di terreni, in origine agricoli, che abbiano poi acquisito destinazione edificatoria, quando poste in essere da imprenditori agricoli (risposta 5-10314, Commissione VI). Sul punto infatti si registra un contrasto tra le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate e le più recenti indicazioni giurisprudenziali.
I documenti di prassi (risoluzione AdE 137/E/2002, circolare AdE 18/E/2013) hanno stabilito che la cessione di terreno edificabile effettuata dall’imprenditore agricolo, è soggetta ad Iva al ricorrere di due condizioni:
- che il terreno sia edificabile secondo la normativa vigente;
- che il terreno si stato utilizzato dal cedente nell’ambito della propria attività
La soluzione indicata, tuttavia, ha sempre sollevato molte perplessità anche prima di essere messa pesantemente in discussione dalla giurisprudenza. Non è stato mai del tutto chiarito, infatti, perché nella risoluzione AdE 137/E/2002, i tecnici dell’Agenzia, da un lato sembrano voler considerare il carattere dell’edificabilità del terreno come non qualificante la sua natura di “bene relativo all’impresa”, che non perderebbe in virtù del semplice mutamento di destinazione subito per effetto della classificazione catastale; ma, dall’altro lato, quando l’analisi si sposta sul versante delle imposte dirette, la stessa risoluzione afferma che la cessione di un terreno divenuto edificabile, esula dal normale esercizio dell’impresa agricola e i relativi ricavi non possono ritenersi assorbiti nella determinazione catastale del reddito. In realtà questa conclusione, sebbene appaia condivisibile e coerente con i principi generali in materia di imposizione diretta, sembra presupporre una estraneità della fonte di produzione del reddito (e, quindi, del terreno) dalla sfera aziendale che è conseguenza proprio della perdita del carattere agricolo a seguito della nuova qualificazione edificatoria. E questo appare velatamente contraddittorio con i presupposti che, contrariamente, legittimerebbero l’assoggettamento a Iva della stessa operazione.
Facendo perno su questi elementi, la Cassazione, tornata recentemente ad occuparsi della materia (Cassazione Civile Sez. VI, 5, Ordinanza n.11600 del 6 giugno 2016), si pone in netto contrasto con le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, afferma la Corte che nel momento stesso in cui il suolo assume una destinazione edificatoria, esso perde la qualità di “bene strumentale”, ovvero di “bene relativo all’impresa”. Di conseguenza, viene a mancare il presupposto oggettivo per considerare l’atto di cessione imponibile Iva secondo le prescrizioni dell’articolo 2 del D.P.R. 633/1972. In altri termini, la trasformazione del terreno in area destinata alla edificazione e la volontà dell’imprenditore di escluderlo dalla sua organizzazione, bastano a sottrargli, in via definitiva, il carattere di strumentalità che pure originariamente aveva. Rispetto alla tesi dell’Agenzia delle Entrate, a nulla sembra valere il fatto che il terreno sia stato o meno, prima del suo passaggio a “edificabile”, utilizzato per l’esercizio dell’attività dell’imprenditore agricolo, aspetto al quale veniva invece data molta enfasi nei documenti interpretativi ministeriali. E questo perché dietro al cambio di destinazione d’uso del terreno, si cela l’implicita volontà dell’imprenditore di estrometterlo dalla sfera imprenditoriale, in linea con la mutata valenza economica che il bene ha assunto. La firma dell’atto di cessione non è che il sigillo finale e segna anche il momento terminale della parabola del bene, quello in cui esso fuoriesce anche dalla sfera personale del detentore. In altri termini, anche nell’ipotesi di terreno già coltivato, tra il momento del cambio di destinazione d’uso e quello della vendita, c’è una fase in cui l’imprenditore, dando impulso alla propria volontà di cedere il bene, astrattamente ne sancisce l’estromissione dall’attivo dell’impresa e il “passaggio” nel proprio patrimonio personale. Alla luce di questi elementi, la conclusione cui giunge la Cassazione, non può essere che la cessione di un terreno, dapprima agricolo poi divenuto edificabile per modifica del piano regolatore, deve considerarsi sempre fuori del campo di applicazione dell’Iva e sottoposto a tassazione d’atto proporzionalmente.
Vale la pena di ricordare che la qualificazione di un’operazione come assorbita nell’esercizio di “attività commerciali o agricole”, discende da un’analisi che non può non coinvolgere anche il Diritto Comunitario, in particolare l’articolo 9 della Direttiva 2006/112/UE, secondo il quale requisito essenziale per assumere la soggettività Iva è il “compimento di un’attività economica stabile”. Da questo punto di vista, appare quanto meno azzardato ipotizzare di far rientrare la vendita del terreno edificabile tra le attività commerciali.
Nella risposta all’interrogazione del 19 gennaio scorso, l’Agenzia delle Entrate non ritiene di doversi adeguare al nuovo orientamento giurisprudenziale in quanto esso “non può dirsi ancora consolidato” e conferma la propria posizione secondo cui “un fondo, anche se classificato come edificabile, ben può essere utilizzato (o continuare ad essere utilizzato) come bene strumentale di un’impresa agricola”. Non si può che rilevare come il contrasto tra le perseveranti indicazioni di prassi e la giurisprudenza recente, crei una notevole difficoltà per i contribuenti, sia per quel che riguarda le operazioni fatte che per quelle ancora da fare. Né sembra accettabile la soluzione “ecumenica” proposta da alcuni, secondo cui quando i terreni, sebbene inseriti in zona edificabile, siano effettivamente coltivati, sono sempre imponibili Iva mentre l’esenzione dovrebbe scattare solo quando sia stata avviata l’attività di lottizzazione o di urbanizzazione, perché quel momento segnerebbe il passaggio del bene dalla sfera dell’impresa agricola a quella personale. In realtà, come sopra evidenziato, la giurisprudenza pone motivazioni profonde a sostegno della tesi dell’esenzione quando afferma che la cessione di un terreno edificabile, a prescindere dall’avvenuta coltivazione, non rientra in nessun tipo di “attività economica” così come definite dalla normativa interna e comunitaria.
Tra l’altro, contribuisce ad acuire le perplessità un passaggio della risposta all’interrogazione parlamentare in cui si invita a valutare “gli effetti dal punto di vista dell’Iva, considerando che tale fattispecie può assumere rilevanza Iva come ipotesi di autoconsumo esterno”. Come noto, infatti, l’operazione di autoconsumo che potrebbe verificarsi al momento del passaggio del bene dalla sfera dell’impresa agricola a quella personale, dovrebbe nella normalità dei casi costituire operazione non rilevante ai fini Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 5), D.P.R. 633/1972.
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