Interferenze dei soci nella gestione delle S.r.l.
di Fabio LanduzziIl primo comma dell’articolo 2479, cod. civ., disciplina come noto la distribuzione di competenze fra soci e amministratori in materia di gestione della S.r.l.. Il modello civilistico della S.r.l. propone, come noto, una struttura nella quale la ripartizione di competenze fra soci e amministratori potrebbe essere, all’estremo, addirittura annullata a beneficio dei soci esercitando la facoltà riconosciuta a questi ultimi dall’articolo 2479, cod. civ., di avocare a se stessi l’assunzione di decisioni di natura gestoria dell’impresa.
La disciplina prescritta dall’articolo 2479, cod. civ., è quindi fortemente modellabile dall’autonomia statutaria; ciò può essere compiuto in senso “personalistico”, accentuando l’affidamento di competenze gestorie ai soci, oppure in senso “capitalistico”, mediante clausole tipicamente derivate dalle società azionarie.
In questo contesto, si pone allora un interrogativo: la decisione di gestione assunta dai soci – si pensi, ad esempio, all’acquisto di un immobile – è di per sé sufficiente affinché il legale rappresentante della società sia legittimato a darvi esecuzione, oppure è in ogni caso necessario che il consiglio di amministrazione della società assuma al riguardo una apposita decisione?
Il tema è stato oggetto di disamina in un recente Orientamento pubblicato dal Consiglio notarile di Firenze, Prato e Pistoia.
La questione è infatti tutt’altro che secondaria, perché attinente al ruolo e alla responsabilità dell’organo amministrativo il quale, in un simile contesto, si trova a dover dare esecuzione a una decisione assunta da altri – i soci -, una decisione che potrebbe avere anche un impatto eccezionale nella vita dell’impresa e di cui lo stesso organo amministrativo potrebbe non condividere i contenuti, pur restandone comunque responsabile, seppure in concorso con i soci.
Secondo il Notariato toscano, nell’assetto normativo delle S.r.l., la naturale competenza gestoria dei soci e la grande flessibilità consentita dalla legge in materia di ripartizione dei poteri tra soci e amministratori, dovrebbe indurre a rispondere all’interrogativo sopra posto nel senso che non occorra, a fronte della decisione dei soci, l’esercizio di un ulteriore potere deliberativo anche da parte dell’organo amministrativo con riguardo alla medesima fattispecie. L’organo amministrativo, in una siffatta situazione, è come se fosse esautorato per quella competenza particolare, poiché sono i soci a divenire l’organo esclusivamente competente a decidere su quell’argomento.
I soci eserciteranno quindi il potere di decidere senza limiti, e nel momento in cui assumeranno la decisione essi lo faranno nel pieno del potere gestorio loro attribuito. Per queste ragioni, si ritiene che non occorra alcun ulteriore passaggio deliberativo dell’organo amministrativo, poiché questo non ha più, in questa particolare circostanza, un concreto potere decisionale sul tema.
Tuttavia, non si nasconde che una delibera del consiglio di amministrazione potrebbe essere comunque opportuna; non per decidere di un’operazione la cui scelta è già stata assunta dai soci in quanto loro ascritta, bensì allo scopo di consentire agli amministratori stessi di evitare il compimento di un atto che sarebbe comunque fonte di una loro responsabilità.
L’Orientamento del Notariato toscano resta comunque piuttosto freddo rispetto alla tesi della opportunità del verbale di riunione dell’organo amministrativo riferito alla decisione gestoria assunta dai soci perché questo potrebbe essere visto, secondo questo punto di osservazione, come un tentativo di far rientrare dalla finestra la competenza degli amministratori, e allora diventerebbe meno netto il confine fra l’organizzazione della S.r.l., personalistica e incentrata sulla figura dei soci, e quella capitalistica delle S.p.a..