Assegnazioni e cessioni agevolate: la scelta non è sindacabile
di Enrico FerraLa fuoriuscita degli immobili dai bilanci delle società di persone o di capitali secondo le disposizioni agevolative previste dalla L. 208/2015 può essere realizzata attraverso tre distinte modalità:
- assegnazione ai soci, con contestuale annullamento delle riserve di utili e/o di capitali corrispondenti al valore attribuito in sede di assegnazione;
- cessione ai soci;
- trasformazione in società semplice, qualora la società intestataria degli immobili sia una società immobiliare di “puro godimento”.
La scelta di una modalità rispetto ad un’altra è del tutto libera, come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate anche nell’ultimo documento di prassi, la circolare AdE 37/E/2016, ove viene ribadito che la possibilità di optare per l’assegnazione agevolata in luogo della cessione – e viceversa – costituisce una “scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore”, potendo il contribuente scegliere la strada meno onerosa in ragione di un legittimo risparmio di imposta non sindacabile ai sensi dell’articolo 10-bis della L. 212/2000 in materia di diritti del contribuente.
È l’affermazione di un principio estremamente importante, a riprova della volontà di “offrire” al contribuente lo strumento più utile ad estromettere dai bilanci i beni meno “pertinenti” o comunque non del tutto funzionali all’attuazione degli scopi sociali. Tale indicazione anti abuso va a rafforzare quanto già precisato nella precedente circolare AdE 26/E/2016 con specifico riferimento alla modifica della destinazione dei beni d’impresa preordinata all’ottenimento delle agevolazioni: in tale circostanza, l’amministrazione aveva chiarito che il cambiamento della destinazione d’uso effettuato in prossimità della data di assegnazione per acquisire lo status di bene agevolabile non costituisce un’ipotesi sindacabile in base alla disciplina anti abuso.
Una volta acquisita la “serenità” sull’individuazione dello strumento più vantaggioso, occorre tuttavia considerare che gli aspetti comuni alle tre operazioni sono piuttosto contenuti. Concentrando l’attenzione sulle operazioni di assegnazione o cessione agevolata, va osservato che le due operazioni, pur condividendo alcune regole comuni – quali la medesima imposta sostitutiva, il medesimo ambito oggettivo di applicazione e le medesime modalità di versamento dell’imposta – sono connotate da importanti differenze che derivano dalla diversa natura dell’operazione di assegnazione rispetto alla cessione agevolata.
In primo luogo, è rilevante la diversa modalità di calcolo delle plusvalenze da assoggettare ad imposta sostitutiva. Infatti, mentre nell’assegnazione è possibile determinare la plusvalenza imponibile prendendo a riferimento il valore normale o catastale, ovvero un valore intermedio tra i due, nel caso della cessione tali valori assumono rilevanza solo se superiori al corrispettivo. In altri termini, se il corrispettivo pattuito supera il valore normale o catastale del bene ceduto la società non potrà adottare il minor valore per il calcolo della plusvalenza; cosa che invece non accade nelle assegnazioni, ove il valore fiscalmente rilevante è il valore normale o catastale anche qualora il valore di assegnazione contabile risulti superiore al valore normale o catastale del bene.
All’atto pratico, ciò comporta che, a parità di valori, optando per la cessione in luogo dell’assegnazione una (eventuale) maggiore plusvalenza contabile si tradurrebbe anche in un maggiore imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva.
Risulta, inoltre, diverso il trattamento degli eventuali differenziali negativi, la cui presenza, pur comportando l’inapplicabilità dell’imposizione sostitutiva, non inibisce l’ottenimento delle agevolazioni.
In caso di cessione agevolata, gli eventuali differenziali negativi che emergono dal confronto del corrispettivo e il valore fiscalmente riconosciuto del bene sono deducibili ai fini Ires e Irap sia in caso di cessione di beni merce sia in caso di cessione di beni iscritti nell’attivo immobilizzato (nel qual caso daranno luogo al realizzo di una minusvalenza in senso stretto). Diverso è, invece, il trattamento dei differenziali negativi emergenti dalle operazioni di assegnazione: a meno che non si tratti di beni merce, che scontano il medesimo trattamento previsto per la cessione agevolata, le minusvalenze da assegnazione sono indeducibili ai fini Ires ma rilevano ai fini della base imponibile Irap in base al principio della presa diretta dal bilancio.
Non vanno trascurate, infine, le ricadute fiscali sui soci e le conseguenze operative.
Quanto alle prime, si ricorda che gli utili generati con l’eventuale plusvalenza contabilizzata scontano un diverso trattamento nei due casi. L’eventuale distribuzione della parte di riserve disponibili generate con tali utili, nel caso specifico dei soci di società di capitali, è soggetta alla tassazione con le regole ordinarie previste per i dividendi in capo ai percettori:
- solo per la parte che eccede la differenza assoggettata ad imposta sostitutiva in capo alla società, nel caso il dividendo sia generato da una plusvalenza da cessione agevolata;
- per intero (senza quindi poter scomputare l’importo già versato a monte dalla società), nel caso in cui il dividendo derivi da un’operazione di assegnazione.
In termini operativi, occorrerà poi tenere conto dell’impatto derivante dalla fuoriuscita degli immobili sulla capienza del patrimonio netto, sugli equilibri interni alla compagine societaria e sulle disponibilità finanziarie dei soggetti interessati. È evidente, infatti, che con la cessione non entrano in gioco aspetti quali la par condicio tra i soci o l’eventuale capienza del patrimonio netto, ma assume un peso decisivo l’esborso finanziario per il socio. D’altro canto, nel caso di assegnazione, pur in presenza di un’apparente libertà nell’utilizzo delle riserve sufficienti non può non essere considerata l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate in merito al preciso ordine da rispettare in presenza di riserve in sospensione d’imposta, utilizzabili solo “dopo aver utilizzato le altre (riserve di utili e di capitale) già disponibili”.
18 Maggio 2017 a 17:16
Gent.mo dott. Ferra, sono un commercialista e abbonato di euroconference da anni, ho letto con interesse il suo intervento. Le sarei grato se potesse darmi un chiarimento in merito alla frase che riporto di seguito: “si ricorda che gli utili generati con l’eventuale plusvalenza contabilizzata ….”. Non mi è chiaro quali potrebbero essere gli utili citati, ho supposto siano quelli che maturano in caso di assegnazione al catastale (100) contro un contabile di (30), quindi 70 di plus. I quali 70 sono assoggettati all’8%. A questo punto però non capisco la successiva frase: ” …per intero (senza quindi poter scomputare l’importo già versato a monte dalla società), nel caso in cui il dividendo derivi da un’operazione di assegnazione”. Se i 70 sono tassati all’8% e liberano i soci e i 30 escono a fronte di riserve di utili riportati a nuovo, il socio dovrebbe tassare come dividendo solo i 30. Mi perdoni il disturbo, ma sarebbe molto utile per me avere un suo riscontro. grazie e cordiali saluti
22 Maggio 2017 a 19:21
Gent.mo collega, in questo caso il riferimento è alla quota di utili formatasi per effetto della contabilizzazione dell’eventuale plusvalenza da cessione o assegnazione. Il problema della tassazione di tale quota non emerge tanto al momento dell’operazione ma ad una data successiva (presumibilmente alla chiusura dell’esercizio) perché “l’eventuale distribuzione della parte di riserve disponibili generate con tali utili” (quelli cioè creatisi con tale plusvalenza) sconta il diverso trattamento esposto nei due casi.
Spero di aver chiarito il suo e la saluto cordialmente.
1 Giugno 2017 a 17:59
Egregio Dott. Ferra, mi riferisco al caso di distribuzione di riserva generata esclusivamente dalla plusvalenza derivante da cessione agevolata.Posto che la società ha pagato l’imposta dell’8% su tale plusvalenza, i soci non subiranno tassazione sul dividendo ricevuto?grazie.cordiali saluti