Il contratto di rete agricolo produce reddito agrario
di Alessandro BonuzziLuigi ScappiniAi fini delle imposte sul reddito, il contratto di rete agricolo è riconducibile, per i retisti che rientrano nell’articolo 32 del Tuir, alla fattispecie della conduzione associata; pertanto, a ciascuna impresa partecipante va imputata la quota parte, così come prevista nell’accordo, del reddito agrario complessivo di tutti i terreni utilizzati.
Lo ha chiarito la risoluzione 75/E di ieri con cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito rilevanti chiarimenti in ordine agli aspetti fiscali relativi al contratto di rete agricolo alla luce delle disposizioni peculiari che lo disciplinano.
Si ricorda che il contratto di rete è stato introdotto dall’articolo 3, comma 4-ter, del D.L. 5/2009; successivamente, ad opera dell’articolo 1-bis, comma 3, del D.L. 91/2014, è stata prevista un’evoluzione di tale forma contrattuale specificatamente dedicata alle imprese agricole. Difatti, il contratto di rete agricolo deve essere formato da sole imprese agricole singole o associate, di cui all’articolo 2135 cod. civ., definite come piccole e medie (PMI) ai sensi del Regolamento (CE) n. 800/2008. Si considerano tali quelle imprese:
- che occupano meno di 250 persone,
- il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro ovvero
- il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
Sotto il profilo oggettivo, il contratto di rete agricolo, per essere definito tale, deve:
- definire gli obiettivi di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi;
- definire gli obiettivi specifici che costituiscono il presupposto dell’individuazione delle attività necessarie per il conseguimento degli obiettivi generali;
- individuare un programma di rete che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune;
- indicare le modalità di ripartizione del prodotto agricolo comune.
Inoltre, è fondamentale che la produzione agricola della rete, da attribuire ai partecipanti, venga acquisita, da questi, a titolo originario. La risoluzione in commento, anche alla luce delle precisazioni fornite in passato dal MIPAFF, afferma che ciò è subordinato al verificarsi delle seguenti condizioni:
- che tutti i singoli retisti svolgano attività agricole di base e che le eventuali attività connesse, non solo non risultino prevalenti, ma siano legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà (quindi è possibile una rete due tra produttori di uva ma non tra un produttore di uva e un mero “trasformatore”);
- che la messa in comune dei terreni sia obbligatoria e che sia significativa per tutti i partecipanti alla rete;
- che la partecipazione al conseguimento dell’obiettivo comune si realizzi mediante apporti equivalenti e condivisione dei mezzi umani e tecnici, che siano proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze;
- che la divisione della produzione tra i retisti avvenga in maniera proporzionata al valore del contributo apportato da ciascuno;
- che i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti.
Ebbene, solo al ricorrere di tali condizioni può trovare applicazione il regime fiscale “tipico” del contratto di rete agricolo che opera sia in campo Iva che sotto il profilo delle imposte sul reddito.
Per quanto riguarda l’Iva, né la ripartizione della produzione agricola tra i retisti, né le operazioni poste in essere al fine di realizzarla, assumono rilevanza ai fini dell’imposta.
Inoltre, a parere dell’Agenzia, una volta avvenuta la divisione, il singolo retista, in regime speciale, che cede a terzi i propri prodotti agricoli, può continuare ad applicare le percentuali di compensazione.
Con riferimento alle imposte dirette, viene precisato che il contratto di rete agricolo, per le imprese che dichiarano il reddito agrario (ex articolo 32 Tuir), costituisce una fattispecie assimilabile alla conduzione associata (ex articolo 33 Tuir), atteso che ciascun retista risulta conduttore, oltre che del proprio terreno, anche del fondo delle altre imprese agricole partecipanti alla rete per la quota stabilita nel contratto.
In pratica, si realizza la messa in comune di più terreni da parte dei soggetti partecipanti alla rete. Ne deriva che, qualora tutte le imprese partecipanti rientrino nei limiti dell’articolo 32 del Tuir,
- posto che il contratto di rete agricolo produce un reddito agrario di ammontare pari alla somma dei redditi agrari dei singoli terreni messi in comune,
- ciascuna impresa retista deve dichiarare il reddito agrario di propria spettanza determinato applicando la percentuale corrispondente alla quota di prodotto stabilita nel contratto al reddito agrario complessivo (pari alla somma dei redditi agrari dei singoli terreni).