I presupposti della definizione agevolata delle liti pendenti
di EVOLUTIONPrevia domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione ed anche a seguito di rinvio, possono essere definite con il pagamento di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, calcolati fino al 60° giorno successivo alla notifica dell’atto, esclusi le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora.
Presupposto soggettivo
L’articolo 11 D.L. 50/2017 richiede che l’Agenzia delle Entrate sia parte della controversia che si intende definire.
Pertanto, non rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina in esame le controversie instaurate contro altri enti impositori, come ad esempio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Con la circolare AdE 22/E/2017 è stato chiarito che per identificare le liti “in cui è parte l’Agenzia delle Entrate” occorre fare riferimento alla nozione di parte in senso formale e, quindi, alle sole ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate sia stata evocata in giudizio o, comunque, sia intervenuta.
Ne consegue che non sono definibili le liti nelle quali l’Agenzia delle Entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio, né sia intervenuta volontariamente.
Sono, quindi, escluse dalla definizione le controversie nelle quali è parte unicamente l’Agente della riscossione, ancorché inerenti ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate.
Devono, inoltre, escludersi dalla definizione le controversie vertenti su sanzioni amministrative non tributarie, anche qualora l’Agenzia delle Entrate sia stata chiamata in giudizio, in quanto si tratta di liti non rientranti nell’oggetto della giurisdizione tributaria.
Sono, invece, definibili le liti relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate che vedono come parte in giudizio, assieme alla stessa Agenzia, anche l’Agente della riscossione.
L’articolo 11 D.L. 50/2017 dispone altresì che possono avvalersi della definizione in oggetto anche gli Enti territoriali.
La circolare AdE 22/E/2017 ha confermato che la definizione in oggetto può essere adottata anche dagli Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni), i quali possono stabilire, entro il 31 agosto 2017, con le forme previste dalla legge per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 11 D.L. 50/2017 alle controversie in cui gli stessi sono parti.
Presupposto oggettivo
Possono essere oggetto di definizione agevolata:
- le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria;
- in cui è parte l’Agenzia delle Entrate;
- pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio;
per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
Ne deriva che possono essere definite, purché aventi ad oggetto questioni devolute alla giurisdizione tributaria, le liti pendenti presso:
- le Commissioni Tributarie Provinciali, Regionali, di primo e di secondo grado di Trento e Bolzano, anche a seguito di rinvio;
- la Corte di Cassazione;
che abbiano ad oggetto qualsiasi tipologia di atto (ad esempio, avviso di accertamento, atti di irrogazione delle sanzioni, avvisi di liquidazione e cartelle di pagamento), ad eccezione dei dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni e, comunque, degli atti di valore indeterminabile (ad esempio, gli atti catastali).
Qualora la controversia riguardi esclusivamente:
- interessi di mora o sanzioni non collegate ai tributi, la definizione prevede il versamento del 40% degli importi in contestazione;
- sanzioni collegate ai tributi, la cui controversia sia stata definita, anche con modalità diverse dalla presente definizione, non è dovuto alcun importo.
Nel corso dell’audizione del 4 maggio 2017 presso le Commissioni riunite Bilancio della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
- la definizione in oggetto non riguarda le controversie in materia di rimborsi e quelle di valore non determinabile, tra cui, ad esempio, quelle in materia di classamento degli immobili, in quanto non vi sono in contestazione importi da versare da parte del contribuente;
- in relazione ai versamenti, per quanto non disposto dall’articolo 11 D.L. 50/2017, opera l’articolo 8 D.Lgs. 218/1997, con la conseguenza che i versamenti possono avvenire, se del caso, mediante modello F24 e opera la disciplina sui lievi inadempimenti ex articolo 15-terP.R. 602/1973.
Sono normativamente escluse dalla definizione in oggetto le controversie concernenti anche solo in parte:
- le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014;
- l’Iva riscossa all’importazione;
- le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
Con la circolare AdE 22/E/2017 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la definizione non è ammessa neanche sull’eventuale parte della controversia che non inerisca alle ipotesi oggetto di esclusione.
Resta inteso, invece, che sono definibili le controversie in materia di Iva, diversa da quella riscossa all’importazione.
Inoltre, sempre la con circolare AdE 22/E/2017 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che siano ammesse alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi affetti da vizi di inammissibilità, in quanto proposti oltre i termini prescritti dalla legge ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto, purché entro il 24 aprile 2017 sia stato notificato il ricorso in primo grado e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione, non sia intervenuta una pronuncia della Cassazione che ne abbia statuito l’inammissibilità.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto altresì:
- definibili anche le cause in materia tributaria erroneamente instaurate innanzi al giudice ordinario o a quello amministrativo (ad esempio atti impositivi o di riscossione impugnati innanzi al giudice di pace o al TAR);
- non definibili le liti in materie diverse da quella tributaria, erroneamente instaurate innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.
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