La validità della notifica via pec degli atti nel processo tributario
di Luigi FerrajoliNel processo tributario la notifica degli atti processuali a mezzo pec è disciplinata dall’articolo 16-bis del D.Lgs. 546/1992, introdotto dal D.Lgs. 156/2015, che prevede espressamente che: “le notificazioni tra le parti e i depositi presso le competenti Commissioni Tributarie possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23 dicembre 2013 n. 163 e dei successivi decreti di attuazione”.
In via sperimentale e facoltativa il 1° dicembre 2015 tali nuove modalità di notifica sono state attivate dapprima presso le CTP e CTR di Toscana e Umbria e, solo successivamente, sono diventate attive anche presso le altre regioni in modo scaglionato.
La notifica a mezzo pec del ricorso, eseguita dal difensore nelle regioni non ancora interessate dall’introduzione del processo tributario telematico, è inesistente in quanto non conforme ad alcun modello legale attuativo.
È quanto statuito dall’ordinanza n. 18321 depositata in data 25 luglio 2017 dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione.
In particolare, nel caso in esame, la società contribuente aveva proposto ricorso avverso un avviso di accertamento emesso dall’Ufficio per il periodo di imposta 2007; la CTP di Salerno aveva rigettato l’impugnazione dichiarando inammissibile sia il ricorso proposto dalla società contribuente sia l’atto di intervento proposto dal socio in quanto notificati via pec.
Nel giudizio di appello la CTR della Campania, confermando la sentenza di primo grado, statuiva che la notifica eseguita dal difensore delle parti a mezzo pec, non essendo consentita dalla legge, realizzava “una tipologia sub-procedimentale difforme dal modello legale, rendendola insanabile”.
La società contribuente decideva di procedere ulteriormente in Cassazione, rilevando come motivi di gravame: a) la violazione e falsa applicazione della L. 53/1994, poiché la CTR avrebbe confuso le notificazioni “dirette” effettuate dal difensore della contribuente con quella “a mezzo posta”; b) la violazione e falsa applicazione dell’articolo 15 delle preleggi, poiché la CTR avrebbe applicato una disposizione normativa, articolo 16, comma 4, D.Lgs. 82/2005, superata dalle successive modifiche ; c) la violazione e falsa applicazione dell’articolo 156, comma 3, c.p.c. poiché la CTR avrebbe ritenuto insanabile la notifica del ricorso effettuata dalla ricorrente.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, esaminando congiuntamente i motivi di impugnazione, ha rigettato il ricorso proposto dalla società e ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado.
Nello specifico, la Corte ha richiamato una precedente pronuncia della medesima sezione VI (ord. n. 17941/2016) che aveva statuito che “la notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC dal difensore del contribuente, munito dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, all’Amministrazione finanziaria, in data 5 dicembre 2014, è inesistente e insuscettibile di sanatoria, per cui non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 bis, comma 3, che richiama il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163, le notifiche tramite PEC degli atti del processo tributario sono previste in via sperimentale solo a decorrere dal 1 dicembre 2015 ed esclusivamente dinanzi alle commissioni tributarie della Toscana e dell’Umbria, come precisato dal D.M. 4 agosto 2015, art. 16“.
Recependo il principio di cui alla precedente pronuncia, la Corte ha quindi precisato che: “avuto riguardo alla specialità delle disposizioni che regolano il processo tributario dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, detta forma di notifica [ossia a mezzo pec], come di seguito disciplinata dalla citata L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, come inserito dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 quater, convertito, con modificazioni nella L. 7 dicembre 2012, n. 221, che ha abrogato della L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 3 bis, non è ammessa per la notificazione degli atti in materia tributaria, se non espressamente disciplinata dalle specifiche relative disposizioni”.
Secondo la Suprema Corte, infatti, non è possibile considerare la trasmissione del documento informatico per via telematica equivalente alla notificazione per mezzo della posta; ne consegue che le notifiche a mezzo pec nel contenzioso tributario sono consentite esclusivamente laddove sia operativa la disciplina del c.d. processo tributario telematico.
Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto la notifica a mezzo pec del ricorso non conforme ad alcun modello legale e, pertanto, da ritenersi giuridicamente inesistente, in quanto non sanabile; così come l’atto di intervento, poiché l’inammissibilità del ricorso originario ne ha travolto necessariamente gli effetti processuali, incidendo sulla validità “genetica” del rapporto processuale.
Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente ed ha condannato quest’ultima al pagamento delle spese di lite a favore dell’Agenzia delle Entrate.