Minus da cessione agevolata a deducibilità condizionata
di EVOLUTIONLa cessione agevolata, si ricorda, riguarda la facoltà della società di cedere i beni ai soci mediante l’assolvimento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap pari all’8% (ovvero al 10,5% per le società considerate non operative o in perdita sistematica in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione).
L’imposta sostitutiva va applicata su una base imponibile determinata sulla differenza tra il valore normale del bene assegnato ed il suo costo fiscalmente riconosciuto. Tuttavia, per deroga, il corrispettivo deve essere sostituito con il valore normale (vero e proprio o catastale), qualora sia inferiore allo stesso.
In altri termini, il corrispettivo della cessione assume rilievo soltanto quando lo stesso è pari o superiore al valore normale.
Eventuali minusvalenze sofferte dalla società sono fiscalmente deducibili ai fini Ires qualora siano determinate prendendo a riferimento un “corrispettivo” pari al valore di mercato dei beni. È quanto emerge dalla risoluzione 101/E/2017, in cui l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un interpello formulato da una società che nel corso del 2016 ha effettuato una cessione agevolata ai soci di alcuni immobili dagli stessi già condotti in locazione e rivalutati nel 2008 con rilevanza civilistica e fiscale.
L’operazione è avvenuta a valori di mercato desunti da una apposita perizia di stima e ha generato una minusvalenza civilistica e fiscale. Il corrispettivo incassato dalla cessione è stato utilizzato per rimborsare anticipatamente buona parte di un prestito obbligazionario non convertibile, sottoscritto dai due soci.
Ebbene, la società desiderava conoscere se:
- la minusvalenza fiscale derivante dalla cessione agevolata degli immobili ai soci effettuata a valori di mercato poteva essere considerata deducibile ai fini Ires e Irap;
- il comportamento assunto poteva essere considerato “abusivo”.
Nel rispondere alle richieste dell’istante, l’Agenzia ha ricordato che affinché un’operazione possa essere considerata “abusiva” l’Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi dei seguenti 3 presupposti:
- la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”;
- l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
- l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”.
L’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di abusività. Inoltre, non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i suddetti tre elementi, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale).
Ciò premesso, in merito alla deducibilità della minusvalenza, l’Agenzia ha fatto presente che nella cessione agevolata occorre attribuire rilevanza – per la determinazione dell’imposta sostitutiva – al “corrispettivo” soltanto quando lo stesso è pari o superiore al valore normale o catastale dei beni ceduti (circolare AdE 26/E/2016).
Il comma 117 dell’articolo 1 della L. 208/2015 prevede, infatti, che “In caso di cessione, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, il corrispettivo della cessione, se inferiore al valore normale del bene, determinato ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi …, o in alternativa, ai sensi del primo periodo,” – (ossia in base al valore catastale) – “è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori”.
In altri termini, il contribuente può utilizzare il valore catastale “in alternativa” al valore normale, sempreché il corrispettivo non risulti superiore.
Tuttavia, l’Agenzia ha ritenuto che “il beneficio consentito dalla norma, di far riferimento al valore catastale dell’immobile, possa trovare applicazione solo nel caso in cui la cessione determini il realizzo di un componente positivo di reddito (plusvalenza) sul quale calcolare l’imposta sostitutiva”. Ciò è confermato, peraltro, dal tenore letterale della norma agevolativa, la quale detta le regole di determinazione del corrispettivo “ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva” e, quindi, solo in presenza di un componente positivo di reddito. In assenza di base imponibile, invece, l’Agenzia ha ritenuto che:
- non è possibile dedurre la minusvalenza derivante dalla cessione utilizzando il riferimento al valore catastale dell’immobile;
- la minusvalenza potrà essere dedotta qualora sia stata determinata utilizzando il valore “normale” dell’immobile, così come previsto dalla norma agevolativa.
Soluzione quest’ultima coerente con quanto affermato nella circolare AdE 37/E/2016 che – con riferimento al differenziale negativo di reddito rilevato in contabilità (ricavi e costi) per effetto dell’assegnazione di beni merce – “ha attribuito rilevanza fiscale ai fini delle imposte sui redditi a tale differenziale sempreché il componente positivo sia stato determinato in misura pari al valore normale”.
Pertanto, nel caso oggetto della risoluzione in esame, la società può dedurre ai fini dell’Ires la minusvalenza derivante dalla cessione agevolata ai soci qualora determinata “prendendo a riferimento un corrispettivo non inferiore rispetto al valore normale del bene”.
Ai fini Irap, invece, atteso che la relativa base imponibile è calcolata con il cd. “metodo da bilancio”, la minusvalenza è deducibile secondo l’importo rilevato in contabilità.
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