Le domande di apertura
di Laura MaestriPer quanto si possa essere preparati ad esporre un argomento in pubblico, emerge costantemente l’interrogativo di come sia meglio cominciare. L’introduzione è una fase emotivamente cruciale: è il momento in cui si è più tesi, nel quale si riversa tutta la tensione accumulata nelle ore (o nei giorni) precedenti all’evento.
In più, si è perfettamente consapevoli di quanto i primi minuti siano determinanti: gli ascoltatori si faranno rapidamente un’idea del relatore e della validità della presentazione; è nei primi istanti che il pubblico stabilisce se varrà la pena di seguire attentamente o se invece sarà tempo sprecato. È vero che, nel corso dell’esposizione, si può sempre rimediare ad un’introduzione poco convincente, ma è una strada in salita, perché le prime impressioni sono quelle su cui si genera un giudizio globale.
L’apertura del discorso è quindi da preparare con molta cura; partire con il piede giusto aiuta a rendere più fluida ed accattivante l’esposizione del contenuto: spiana la strada sia al relatore che al pubblico.
Per fortuna, l’esperienza di innumerevoli speaker offre l’opportunità di carpire le tecniche di apertura più diffuse e, soprattutto, più persuasive.
Un metodo interessante e molto utilizzato è quello di porre al pubblico delle domande. È un sistema semplice e diretto, che ha la prerogativa di coinvolgere immediatamente tutti gli ascoltatori: si stimola l’interesse sulla questione e, indirettamente, li si pone nella condizione di riflettere sul tema.
La domanda non può essere banale, ed è più incisiva quando formulata in modo accattivante: lo scopo è quello di indurre gli ascoltatori a cercare in se stessi una risposta ad un quesito particolarmente inatteso. È importante che la domanda sia ben collegata alla materia principale, perché a quel punto tutti saranno curiosi rispetto alla risposta che il relatore darà (ovviamente, prima o poi la dovrà dare).
Domande che in apertura catturano l’attenzione e collaborano a mantenerla viva sono, ad esempio, quelle poste dal carismatico Simon Sinek, speaker motivazionale ed autore di libri di successo internazionale. In uno dei suoi interventi più popolari, Sinek chiede al pubblico: “Si presume che noi sappiamo perché facciamo quello che facciamo, ma che spiegazioni ti dai quando le cose non vanno come dovrebbero? O meglio: come ti spieghi quando altri sono in grado di raggiungere obiettivi che sembrano sfidare qualsiasi presupposto? Ad esempio: perché Apple è così innovativa, anno dopo anno?”
Con questa “raffica” di domande, Sinek conduce subito al cuore del ragionamento (in questo caso, il modello vincente di leadership), mettendo le menti di chi ascolta in uno stato di fibrillazione perché sono interrogativi inediti, che nessuno (probabilmente nemmeno noi) si è mai posto: queste domande sono già di per sé fonte di ispirazione e di motivazione.
Anche quando il quesito assume un tono più retorico, ad esempio fornendo un dato forte (“sapete che chi soffre d’insonnia rischia tre volte più della media di essere coinvolto in gravi incidenti stradali?”), ha il compito di fornire un’informazione inaspettata e di forte impatto.
Una domanda affascinante apre il sipario nel modo giusto e indica la direzione in cui si vuole condurre l’attenzione del pubblico: tutto ciò che seguirà sarà molto più semplice da gestire.