Ancora sul lavoro sportivo dilettantistico – II° parte
di Guido MartinelliNel precedente contributo abbiamo analizzato le motivazioni attraverso le quali la Corte d’Appello di Firenze (sentenza n. 197/17 del 16/02/2017) ha accolto l’appello di una società sportiva dilettantistica e ha riconosciuto come non dovuti i contributi previdenziali sui compensi erogati a tre istruttori di nuoto.
Ma di interesse appare essere anche il capo della medesima sentenza, che, pur respingendo in questo caso le tesi della ricorrente, motiva l’assoggettamento a contribuzione del compenso erogato alla lavoratrice addetta alle pulizie e alla reception.
Infatti, in questo caso, si trattava di verificare se l’attività rientrasse tra quelle che il legislatore tributario definisce “collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo–gestionale di natura non professionale”.
Dall’istruttoria esperita si ricavava: “il carattere professionale dell’attività svolta dalla lavoratrice trattandosi di occupazione abituale e di esclusiva fonte di reddito”. Da ciò i Magistrati ricavano che mancano gli estremi della marginalità “tipica di un impegno occasionale” e, di conseguenza, per tale lavoratrice confermano la pretesa dell’istituto previdenziale.
Va rilevato che la decisione favorevole all’INPS deriva esclusivamente dal carattere professionale dell’attività svolta nel caso di specie, ritenendo, invece, che, per uniformarsi al dettato normativo, la collaborazione amministrativo–gestionale dovesse avere carattere non professionale, inteso come non abituale.
Ne deriva, argomentando al contrario, che una attività letteralmente definita in sentenza quale “addetta alla reception e alle pulizie dell’impianto”, se fosse stata svolta in maniera episodica, sarebbe potuta rientrare tra quelle definite come “amministrativo–gestionali”. Non possiamo nascondere che tale affermazione appare azzardata e non conforme allo spirito e alla lettera di tutta la legislazione sul welfare italiana.
La Corte d’Appello di Milano (sentenza, sez. lavoro, n. 1530/17 del 12.09.2017) conferma in toto tale orientamento giurisprudenziale.
Qui la fattispecie appare invertita. In primo grado, sul ricorso esperito da una società sportiva dilettantistica, il Tribunale aveva accolto la tesi della legittima corresponsione, ad alcuni istruttori, dei compensi ex articolo 67, primo comma, lett. m, del Tuir.
Ricorre contro tale decisione l’INPS ribadendo che, nel caso di specie, l’attività veniva svolta in maniera abituale e professionale e, pertanto, fuori dal campo di applicazione della citata norma agevolativa ai fini previdenziali.
La Corte, constata in via preliminare la sussistenza del requisito soggettivo in capo al committente, ossia la legittima natura di società sportiva dilettantistica e che difetta: “invece definizione e disciplina legislativa specifica per l’attività sportiva dilettantistica”.
Sul punto, rifacendosi a propria precedente giurisprudenza, ritiene che, per l’applicazione dell’articolo 67, primo comma, lett. m, ai soggetti che svolgono “esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica”, non sia necessario che la stessa debba essere a carattere non professionale.
“D’altra parte il mancato riferimento alla professionalità, nel caso di attività sportiva dilettantistica, è ragionevole anche in considerazione del fatto che le prestazioni dello sportivo non professionista, nell’ottica della norma in esame, sono rese a favore di un soggetto senza scopo di lucro, qualificato dal riconoscimento di un ente pubblico (CONI)”, così precisa la Corte lombarda.
“In conclusione, quindi, l’articolo 67 Tuir, della cui violazione INPS si duole, si applica a tutti i compensi erogati agli atleti, come agli allenatori dilettanti, agli istruttori ed ai preparatori atletici e sportivi …” e, sulla base di tali motivazioni rigetta l’appello proposto dall’INPS.
Non vi è dubbio che ormai la prassi amministrativa e la giurisprudenza stanno diventando costanti nell’affermare che nel nostro sistema esiste una disciplina lavoristica “speciale”, quella sportivo–dilettantistica che deroga alle forme di tutela previdenziale e assicurativa che il legislatore ha posto a garanzia delle prestazioni lavorative.
Prendendo atto di ciò ci piacerebbe che qualche decisione ci motivi come tale tesi possa considerarsi comunque compatibile con il contenuto del secondo comma dell’articolo 38 della Costituzione: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.”