Il luogo impositivo ai fini IVA delle prenotazioni on line di alloggi
di Marco Peiroloè noto che l’Italia ha aderito al progetto pilota “Cross Border Ruling” (CBR), avviato nell’ambito del Forum della UE sull’IVA. Il progetto dà la possibilità ai contribuenti che intendono effettuare operazioni transnazionali complesse in uno o più Stati membri aderenti di chiedere alle Amministrazioni finanziarie coinvolte un parere congiunto sul trattamento IVA delle operazioni programmate.
Scorrendo la lista degli interpelli, disponibile sul sito internet della Commissione europea, ce n’è uno riguardante il luogo impositivo dei servizi di intermediazione relativi alla locazione di beni immobili nel particolare caso in cui l’intermediario operi attraverso un sito internet che consente al proprietario dell’immobile concedente di pubblicizzare il proprio immobile e, successivamente, di concludere il contratto di locazione con il cliente.
Dai commenti riportati nel documento emerge che le Autorità fiscali dei vari Stati membri coinvolti nell’istanza hanno tutt’altro che le idee chiare sul criterio territoriale applicabile ai suddetti servizi di intermediazione.
Nell’istanza si afferma che questi ultimi ricadono nella deroga dell’articolo 47 della Direttiva n. 2006/112/CE, corrispondente all’articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui “il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.
In pratica, l’IVA è dovuta nello Stato membro in cui è ubicato l’immobile a prescindere dallo status e dalla qualità del cliente, che può essere un soggetto passivo che agisce in quanto tale o meno.
La risposta fornita all’istanza di interpello è corretta ed è, altresì, allineata all’articolo 31-bis, par. 2, lett. p), del Reg. UE n. 282/2011, introdotto dal Reg. UE n. 1042/2013 con effetto giuridicamente vincolante, per tutti gli Stati membri, dal 1° gennaio 2017.
Tale disposizione stabilisce che tra i servizi che presentano un “nesso sufficientemente diretto” con gli immobili, indispensabile per applicare il criterio territoriale in esame, sono compresi quelli che si concretizzano in un “attività di intermediazione nella vendita, nella locazione finanziaria o nella locazione di beni immobili e nella costituzione o nel trasferimento determinati diritti su beni immobili o diritti reali su beni immobili (assimilati o meno a beni materiali) (…)”. A dispetto, peraltro, della previsione dell’articolo 47 della Direttiva n. 2006/112/CE, che richiama i servizi degli agenti immobiliari, il criterio di collegamento con il territorio dello Stato basato sul luogo di ubicazione del bene è applicabile anche alle prestazioni rese da altre figure professionali, così come messo in luce dalle Note esplicative della Commissione europea del 26 ottobre 2015.
È necessario, però, prestare attenzione al fatto che se l’attività di intermediazione si riferisce al settore alberghiero o ad altri settori con funzione analoga, il luogo dell’operazione non è più coincidente con quello di ubicazione dell’immobile.
L’articolo 31 del Reg. UE n. 282/2011, infatti, dispone che i servizi resi da intermediari che agiscono in nome e per conto terzi, consistenti nell’intermediazione della fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, rientrano nel campo di applicazione degli articoli 44 e 46 della Direttiva n. 2006/112/CE, a seconda della qualifica soggettiva del cliente.
Occorre, pertanto, distinguere a seconda che il cliente sia un soggetto passivo che agisca o meno in quanto tale. Nel primo caso, l’imposta è dovuta nel Paese del committente, secondo la regola generale prevista per i rapporti “B2B” (si veda l’articolo 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972), mentre nel secondo caso l’imposta va assolta nel Paese di effettuazione dell’operazione intermediata, in applicazione della deroga prevista per le prestazioni di intermediazione rese nei rapporti “B2C”, che di fatto coincide con il Paese in cui è ubicato l’immobile (si veda l’articolo 7-sexies, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972).
Con riguardo, in particolare, ai rapporti “B2B”, al fine di escludere l’operatività della (diversa) deroga territoriale prevista dall’articolo 47 della Direttiva, fondata sul luogo di ubicazione dell’immobile, l’articolo 31-bis, par. 3, lett. d), del Reg. UE n. 282/2011 specifica che tale deroga non si applica per “l’intermediazione nella prestazione di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga (…), qualora l’intermediario agisca in nome e per conto di un’altra persona”.
L’individuazione del luogo impositivo delle prestazioni di intermediazione che si caratterizzano per la prenotazione on line di alloggi in strutture ricettive, gestite o meno in forma imprenditoriale, è confermata dal Comitato IVA (WP n. 878 del 22 settembre 2015) e dalla stessa Agenzia delle Entrate in esito ad una istanza di interpello formulata da Federalberghi (consulenza giuridica del 6 settembre 2016).
L’indicazione resa dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 199/2008 deve, pertanto, intendersi superata.
Il citato documento di prassi ha esaminato il caso di una società operante nel settore turistico che raccoglie, tramite un proprio sito web, prenotazioni per ostelli ed alberghi ubicati in Italia ed in altri Paesi del mondo. La società italiana si limita a gestire la mera corrispondenza tramite e-mail nei confronti del soggetto che prenota e dell’albergatore. I soggetti interessati alla prenotazione dell’ostello o dell’albergo si collegano al sito e, all’atto della prenotazione, pagano, mediante carta di credito, la commissione dovuta per l’intermediazione.
Nella risoluzione, si afferma che “la società, quindi, svolge un’attività di intermediazione nella quale il mezzo elettronico costituisce un mero strumento mediante il quale la stessa raccoglie le domande dei propri clienti ed effettua, per essi, le prenotazioni. In sostanza, ai fini dell’effettuazione della prestazione di servizi l’uso di internet, quale mezzo di comunicazione, è equiparabile all’uso di un telefono o di un fax e non fa mutare la natura giuridica dell’operazione che va qualificata come intermediazione e non come commercio elettronico”.
Questa precisazione è senz’altro corretta alla luce della definizione di cosa s’intenda per “servizi prestati tramite mezzi elettronici”, di cui alla Direttiva n. 2006/112/CE, che in base all’articolo 7, par. 1, del Reg. UE n. 282/2011 sono tali se “comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione” (sul concetto di “intervento umano minimo” si veda il WP n. 919 del Comitato IVA).
Non è, invece, corretta, almeno dopo le modifiche operate al Reg. UE n. 282/2011 dal Reg. UE n. 1042/2013 la conclusione alla quale giunge l’Agenzia, che ha qualificata la predetta attività di intermediazione come territorialmente rilevante nel luogo di ubicazione delle strutture ricettive, in applicazione del criterio di cui all’articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.