Gli effetti della eliminazione dell’area straordinaria sull’Ires
di Alessandro BonuzziLo scorso 30 ottobre il CNDCEC e la FNC hanno pubblicato il documento di ricerca “La fiscalità delle imprese OIC Adopter (versione estesa)”, nel quale vengono analizzate le novità in materia di bilancio recate dal D.Lgs. 139/2015, nonché i conseguenti riflessi fiscali, tra cui l’estensione del principio della derivazione rafforzata alle imprese, diverse dalle micro, che adottano i principi contabili nazionali.
Come è noto, una delle novità che trova applicazione per tutte le diverse tipologie di bilancio – bilancio ordinario, bilancio abbreviato e bilancio micro-imprese – è la eliminazione dell’area straordinaria dal conto economico. Tale modifica costituisce un elemento di avvicinamento ai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), i quali già da tempo non prevedono la classificazione in una sezione ad hoc dei componenti di natura straordinaria.
Ciò ha comportato già dai bilanci 2016 la necessità di riallocare i ricavi e i costi di fonte estranea all’attività ordinaria dell’impresa nelle altre sezioni del conto economico. Ad esempio, le imposte relative a esercizi precedenti vanno rilevate:
- se dirette, nella voce 20) “Imposte sul reddito dell’esercizio correnti, differite e anticipate”;
- se indirette, nella voce B14) “Oneri diversi di gestione”.
Le componenti emergenti da operazioni straordinarie devono essere, invece, imputate nelle voci A5) “Altri ricavi” o B14) “Oneri diversi di gestione”. Trattasi di utili e perdite conseguenti alla dismissione di cespiti o rami aziendali, nonché di plusvalenze e minusvalenze derivanti da conferimenti di aziende o rami d’azienda, fusioni, scissioni, eccetera. Il dettaglio di queste componenti, laddove significative, deve essere fornito nella nota integrativa.
Sotto il profilo fiscale, e nello specifico dell’Ires, la riallocazione delle componenti prima rilevate nella sezione straordinaria ha più di un effetto.
In primo luogo, impatta sul calcolo del ROL, ai fini della deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. È noto, infatti, che ai sensi dell’articolo 96 del Tuir gli interessi passivi e gli oneri assimilati, diversi da quelli capitalizzati, sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L’eccedenza è deducibile nel limite del 30% del ROL della gestione caratteristica, calcolato come differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) del conto economico, con esclusione però delle voci di cui al numero 10), lettere a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali.
La riallocazione, quindi, può determinare un incremento o un decremento dell’ammontare del ROL rispetto al passato. Ad esempio, in presenza di imposte indirette relative a esercizi precedenti, si verifica un peggioramento in termini di plafond di deducibilità degli interessi passivi.
L’eliminazione dell’area straordinaria, e la conseguente riclassificazione delle componenti (ex) straordinarie, ha altresì effetto su:
- il calcolo del test di operatività ai fini della disciplina delle società non operative (articolo 30 L. 724/1994);
- la verifica del limite di deducibilità delle spese di rappresentanza (articolo 108 Tuir);
- il calcolo del test di vitalità valido ai fini della verifica della possibilità del riporto delle perdite pregresse, delle eccedenze di interessi passivi e di ACE nelle operazioni di fusione, scissione e trasferimento delle partecipazioni di controllo (articoli 172, 173 e 84 del Tuir).
Va ricordato, però, che l’effetto della nuova classificazione è mitigato, con particolare riguardo alla deducibilità degli interessi passivi, dallo stesso articolo 96, laddove si prevede che, nel calcolo del ROL, continuano a non rilevare i “componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio”. La norma, quindi, sterilizza i componenti – positivi e negativi – derivanti da cessioni e conferimenti d’azienda o di rami d’azienda.
Inoltre, più in generale, occorre tener conto della previsione dettata dal comma 4 dell’articolo 13-bis del D.L. 244/2016, secondo cui “Il riferimento contenuto nelle norme vigenti di natura fiscale ai componenti positivi o negativi di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile va inteso come riferito ai medesimi componenti assunti al netto dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda”.
Al riguardo, il documento del CNDCEC e del FNC in commento osserva che trattasi di “una norma che intende sterilizzare la confluenza delle voci (ex) straordinarie nelle voci dell’area operativa tutte le volte in cui una norma dell’ordinamento tributario richiama le predette voci – A) e B) – del contro economico. … si osserva che tale neutralizzazione non è generale ma riguarda esclusivamente le componenti di natura straordinaria derivanti da trasferimenti (cessioni e conferimenti) di aziende o rami d’azienda”.
Sempre a detta del Consiglio Nazionale e della Fondazione, la formulazione letterale della disposizione “non è del tutto precisa” nel passaggio in cui si riferisce “ai componenti positivi o negativi di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile”; ciò in quanto la neutralizzazione deve essere considerata operante anche quando una norma fiscale non richiama le voci A) e B) del conto economico, ma fa “diretto riferimento alla gestione caratteristica dell’impresa”, come accade nell’articolo 108 del Tuir o nel successivo articolo 172.
Ecco che allora i componenti – positivi e negativi – derivanti da cessioni e conferimenti d’azienda o di rami d’azienda vanno sterilizzati anche nel calcolo del test di operatività, nella verifica del limite di deducibilità delle spese di rappresentanza e nel calcolo del test di vitalità. In questi casi l’interpretazione della norma non può che andare in tal senso.