Società di persone: gli effetti degli atti ai fini dei diversi tributi
di Roberto BianchiIl principio rinvenibile nell’articolo 2290 cod. civ., applicabile altresì alle società in accomandita semplice in virtù dell’articolo 2315 del cod. civ. – che rinvia alle disposizioni sulla società in nome collettivo -, esprime il concetto secondo cui il socio di una società in nome collettivo che cede la propria quota risponde, sia pure in via sussidiaria, nei confronti dei terzi delle obbligazioni sociali, e perciò anche delle obbligazioni tributarie, sorte sino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel Registro delle imprese o fino al momento anteriore in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione stessa; concetto ribadito peraltro dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma nella sentenza n. 345 del 25/01/2016.
Nella sfera attinente le società di persone, il socio, in caso di cessione della quota, è responsabile per le tutte le obbligazioni sociali, e pertanto anche tributarie, esistenti al giorno dello scioglimento del rapporto sociale ai sensi degli articoli 2290 e 2291 del cod. civ., essendo la sua responsabilità diretta, illimitata, sussidiaria e subordinata solamente alla preventiva escussione del patrimonio sociale per gli effetti dell’articolo 2304 cod. civ..
In conseguenza a tale illimitata responsabilità, in merito altresì alle obbligazioni tributarie, il debito della società si trasforma in debito del socio e, di conseguenza, ai fini della riscossione della pretesa tributaria, non vi è alcun obbligo da parte dell’Amministrazione finanziaria di notificare al socio direttamente l’avviso di accertamento o la cartella di pagamento già formalmente comunicata alla società di persone in quanto, la notifica di un atto tributario avverso una società, produce effetti in termini di prescrizione, direttamente nei confronti del socio.
L’Ufficio può pertanto limitarsi alla notifica di un avviso di mora o intimazione di pagamento al socio nella vigenza dell’articolo 146 D.P.R. 602/1973 senza che possa in tal modo ravvisarsi la violazione del diritto di difesa del contribuente – socio.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 16713/2016 ha infatti affermato che il recapito di tale atto successivo alla iniziale pretesa verso la società, coinvolge il socio solidalmente, il quale potrà in tal modo contestare l’esistenza e l’ammontare del debito d’imposta proponendo ricorso ai sensi del D.Lgs. 546/1992, articolo 19 comma 3, impugnando congiuntamente gli atti presupposti.
L’Amministrazione finanziaria può altresì notificare direttamente al socio, ancorché receduto, un avviso di mora per un’obbligazione tributaria della società insorta anteriormente al suo recesso, della quale egli risponde solidalmente e illimitatamente, a nulla rilevando che sia rimasto estraneo agli atti di accertamento ed impositivi finalizzati alla formazione del ruolo, poiché il suo diritto di difesa è garantito dalla possibilità di contestare la pretesa originaria, impugnando insieme all’atto notificato anche quelli presupposti, la cui notificazione sia stata omessa o risulti irregolare (Cassazione sentenza n. 27189/2014; sentenza n. 25765/2014; sentenza n. 20704/2014).
È pertanto nel medesimo interesse del socio receduto impugnare l’atto impositivo verso la società e, atteso il criterio di imputazione “per trasparenza” di crediti e debiti societari nelle società di persone, verso lui stesso, ove tale atto gli sia stato notificato.