L’IVA sulle cessioni gratuite di beni verso i Paesi extra-UE
di Marco PeiroloL’articolo 30 del D.Lgs. 175/2014 (decreto sulle semplificazioni fiscali), a decorrere dal 13 dicembre 2014, ha elevato a 50,00 euro il limite monetario, precedentemente pari a 25,82 euro, per la detassazione, a valle e a monte, dei beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa, ceduti a titolo gratuito.
L’articolo 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. 633/1972 assimila alle cessioni di beni a titolo oneroso, imponibili ai fini IVA, le cessioni gratuite di beni, escluse quelle aventi ad oggetto:
- i beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, se di costo unitario non superiore a 50,00 euro;
- i beni per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta.
Per individuare il corretto trattamento IVA delle cessioni gratuite occorre considerare anche l’articolo 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. 633/1972, che vieta la detrazione per le spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi, salvo quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50,00 euro.
Per i beni ceduti a titolo gratuito con trasporto/spedizione in altro Paese membro dell’Unione europea non si applica il regime di non imponibilità previsto, per le cessioni intracomunitarie, dall’articolo 41 del D.L. 331/1993, in quanto uno dei requisiti essenziali affinché l’operazione sia detassata nel Paese di origine in dipendenza della tassazione nel Paese di destinazione è costituito proprio dal titolo oneroso.
Alle cessioni gratuite di beni inviati in altri Paesi membri si applicano, pertanto, le regole dei richiamati articoli 2, comma 2, n. 4), e 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. 633/1972, dovendosi distinguere a seconda che i beni ceduti a titolo gratuito siano o meno di propria produzione o commercio (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.2.1), laddove per attività propria dell’impresa s’intende quella normalmente e abitualmente esercitata dal soggetto passivo, non essendo sufficiente – a tal fine – fare riferimento al dato formale, rappresentato dall’attività descritta nell’atto costitutivo. Infatti, occorre avere riguardo non solo all’attività che tipicamente esprime il raggiungimento del fine economico dell’impresa come definito nell’atto costitutivo, ma anche all’attività ulteriore ad esso legata da un nesso funzionale e non occasionale, né meramente accessorio e strumentale (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 4 giugno 2002, n. 168 e Cass., 7 maggio 2008, n. 11085).
Per i beni inviati a titolo gratuito in Paesi extra-UE, il regime di non imponibilità dell’articolo 8 del D.P.R. 633/1972, riferito alle cessioni all’esportazione, presuppone, allo stesso tempo, il passaggio della proprietà o di altro diritto reale sul bene e il trasporto/spedizione del bene al di fuori del territorio comunitario a cura o a nome del cedente, ovvero a cura o a nome del cessionario non residente, a seconda che si rientri nella previsione della lett. a) o della lett. b) del citato articolo 8. L’onerosità dell’operazione non è, invece, richiesta, ai fini della non imponibilità, in quanto l’Amministrazione finanziaria ha più volte chiarito che la detassazione prevista per le cessioni all’esportazione si applica anche quando i beni vengono inviati al di fuori del territorio comunitario a titolo gratuito (R.M. 4 novembre 1986, n. 416596 e C.M. 9 aprile 1981, n. 12/370205, Parte n. 2).
A tal fine, però, è necessario individuare quando la cessione a titolo gratuito sia rilevante agli effetti dell’IVA in base al combinato disposto degli articoli 2, comma 2, n. 4), e 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. 633/1972.
Di conseguenza, per i beni oggetto di propria produzione o commercio, l’operatore nazionale deve emettere fattura ai sensi dell’articolo 8 del D.P.R. 633/1972, con l’annotazione che trattasi di bene ceduto a titolo gratuito, fermo restando che, in assenza del corrispettivo, l’operazione non può essere inclusa tra quelle che concorrono alla formazione del plafond e che assumono rilevanza ai fini della qualifica di esportatore abituale (nota Ministero delle Finanze 11 febbraio 1998, n. VII-15/10367).
Se, invece, i beni trasportati/spediti al di fuori della UE non sono di propria produzione o commercio, la cessione gratuita, almeno in via di principio, è esclusa da IVA a prescindere dal costo unitario e, per tali operazioni, non è possibile emettere una fattura pro forma, trattandosi di un documento non previsto ai fini dell’IVA; per vincere la presunzione di cessione può essere, invece, utilizzata una “lista valorizzata” su carta intestata dell’impresa, nella quale vanno riportati la tipologia di beni, la loro quantità, nonché il loro valore, da annotare in apposito registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. 633/1972 (nota Ministero delle Finanze 6 maggio 1997, n. 1248). Ai fini doganali è stato, invece, chiarito che la fattura pro forma può essere validamente utilizzata in luogo della “lista valorizzata” (C.M. 19 giugno 1993, n. 187/D).
In merito al trattamento IVA delle cessioni gratuite di beni non di propria produzione e commercio di valore unitario superiore a 50,00 euro è, tuttavia, possibile pervenire ad una diversa conclusione, ritenendo che sia possibile emettere fattura non imponibile ai sensi dell’articolo 8 del D.P.R. 633/1972 se si considera superata l’indicazione della C.M. 16 luglio 1998, n. 188/E (§ 6.2), secondo cui gli acquisti di beni destinati a essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza e, specularmente, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono mai spese di rappresentanza.
Tale affermazione, pur essendo stata ribadita dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 3 gennaio 2001, n. 1 (§ 2.3.6), non trova, infatti, riscontro nell’articolo 16 della Direttiva n. 2006/112/CE e, in ogni caso, non è desumibile dal D.M. 19 novembre 2008, al quale fa rinvio la previsione di indetraibilità oggettiva in materia di spese di rappresentanza di cui all’articolo 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972.