Contributi previdenziali deducibili nell’RE
di Alessandro BonuzziLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 321/2018, è tornata ad occuparsi dell’annosa questione relativa alla corretta modalità di scomputo dall’Irpef dei contributi previdenziali obbligatori versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato.
La decisione assunta in tale pronuncia conferma l’indirizzo della Suprema Corte espresso in passato nelle sentenze n. 2721/2001, n. 3596/2001 e n. 1939/2009 ed è in totale contrasto con la posizione dell’Agenzia delle Entrate.
Al riguardo, si ricorda che la risoluzione 79/E/2002 ha affermato che i contributi versati dai professionisti alle casse professionali:
- non sono altro che contributi obbligatori per legge, versati per finalità previdenziali e assistenziali;
- costituiscono, per la generalità dei contribuenti, oneri deducibili dal reddito complessivo;
- essendo versati al fine di garantire al lavoratore una posizione pensionistica e una assistenza personale al verificarsi di determinati eventi (ad esempio la malattia o l’infortunio del lavoratore), attengono esclusivamente alla sfera personale del lavoratore;
pertanto, la relativa deduzione deve essere operata dal contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi con l’indicazione degli oneri nel quadro RP del modello dichiarativo.
I contributi non possono, invece, essere dedotti dal reddito professionale, poiché, a detta del Fisco, difettano del requisito di inerenza, il quale sussiste quando l’onere è connesso funzionalmente ai compensi.
Di diverso avviso, invece, la Cassazione che, come anticipato, nella sentenza depositata lo scorso 10 gennaio ha stabilito che “i contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti sono indubbiamente inerenti, e cioè connessi, all’attività professionale svolta, non potendosi limitare il concetto di inerenza alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escluderlo per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto. Tale distinzione non si rinviene nella legge e non è neppure ricavabile dall’aggettivo inerente usato dal legislatore, in quanto esso, per la sua genericità, postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quando ne sia l’immediata derivazione”.
Ciò in forza dell’articolo 54, comma 1, Tuir, il quale “non esclude la deducibilità da tale tipo di reddito dei contributi repertoriali dei notai, permanendo invariata la loro inerenza all’esercizio professionale”.
Peraltro, osservano i giudici, “neppure è risolutivo il disposto di cui all’articolo 10 Tuir posto che l’espressa previsione di deducibilità dal reddito complessivo dei «contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge», previsto alla lettera e) del primo comma della citata disposizione, è prevista solo in via residuale, ovvero in mancanza di «deducibilità nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo»”.
Da ciò deriva che i contributi previdenziali versati dai Notai vanno dedotti nel quadro RE del modello dichiarativo alla stregua degli altri costi professionali.
Preso atto di tale indirizzo, il passo successivo è quello di chiedersi se le conclusioni espresse dalla Cassazione possano essere estese anche agli altri professionisti con cassa, come, ad esempio, i commercialisti. Riconsiderando le motivazioni della sentenza in commento, non si vede perché ciò debba essere precluso.
I vantaggi sarebbero tutt’altro che di poco conto: si verificherebbe, difatti, sia un risparmio sotto il profilo dell’Irap, andando i contributi ad abbattere la base imponibile del tributo regionale, sia una riduzione del contributo soggettivo dovuto alla cassa.
Certamente chi deciderà in tal senso si esporrà ad una probabile contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, la quale pare tutt’oggi ancorata alla posizione contenuta nella risoluzione 79/E/2002.