Valutazione di azienda: la presenza di beni “non strumentali”
di Fabio LanduzziIl valore di un’azienda, o di un ramo di azienda, in caso di acquisizione – e dal punto di osservazione dell’investitore interessato all’acquisto – si assume normalmente composto da due addendi che hanno una derivazione ed una natura differente l’uno dall’altro:
- in primis, si tratta di stimare il valore dell’azienda considerandola in modo isolato (c.d. valore “stand alone”);
- poi, si tratterà di considerare il valore incrementale che l’acquirente ritiene di poter ottenere attraverso l’investimento mediante l’ottimizzazione delle sinergie che potrà apportarvi, le quali potranno interessare tutti i profili della gestione, ovvero quello strettamente operativo, quello finanziario, ecc.
Quindi, dal lato dell’investitore, il valore di acquisizione può essere identificato nel prezzo che questi è disposto a corrispondere, rispetto al valore c.d. “stand alone” dell’azienda target, tenuto conto dei risultati che si attende di ottenere dalla acquisizione anche in ragione dei benefici attesi dallo sfruttamento delle sinergie.
In questo contesto, soprattutto quando l’obiettivo dell’acquisizione, e perciò della valutazione, è un’azienda a ristretta gestione familiare, ove non di rado si presentano situazioni di commistione fra beni strumentali al funzionamento dell’impresa e beni che non sono propriamente “core” rispetto all’attività caratteristica della stessa, come è il caso di beni di investimento, il professionista chiamato ad esprimere la valutazione dell’azienda target dovrà fare attenzione a come trattare la presenza di tali beni nell’ambito del capitale investito della medesima.
In modo del tutto speculare, come ciò vale per le attività, altrettanto potrebbe essere per le passività, ossia potrebbero essere presenti elementi passivi non strettamente afferenti il capitale investito “core” dell’impresa oggetto di valutazione a fini acquisitivi.
Come premesso, si tratta spesso di attività finanziarie (investimenti di esuberi di liquidità in titoli), immobiliari (immobili civili, o comunque non strettamente funzionali all’esercizio dell’impresa) o anche mobiliari (ad esempio, opere d’arte o similari), e di passività anche di natura fiscale, seppure del tutto potenziali.
Ebbene, in tali circostanze, la prassi professionale (si vedano al riguardo anche le indicazioni contenute nei Principi Italiani di Valutazione – PIV) – che identifica tali beni con il termine di “redundant o surplus asset” – suggerisce di separarli dall’azienda e di sottoporli ad una autonoma valutazione.
Infatti, si tratta di beni – o di passività – che sono normalmente caratterizzati da profili di rischio ed anche da attese di fruttuosità del tutto disgiunte da quelle legate al funzionamento del business dell’impresa, in quanto hanno assai poche connessioni con i beni impiegati per l’operatività caratteristica della stessa.
Tuttavia, sebbene oggetto di separata valutazione, la modalità con cui i surplus assets sono oggetto di stima dovrebbe a sua volta essere coerente con il modello adottato per la valutazione del “capitale operativo core” dell’impresa; infatti, la separazione della loro valutazione dovrebbe essere proprio funzionale a rendere il processo valutativo più efficace e trasparente, evitando anche il rischio di distorsioni valutative del cuore della valutazione stessa, che è l’azienda intesa come complesso funzionante per l’esercizio del suo business caratteristico.
La separazione dei surplus assets, naturalmente, deve anche impattare sui numeri che saranno assunti per la stima del valore del capitale operativo dell’azienda, nel senso che questi ultimi dovranno essere retrospettivamente e prospetticamente depurati degli effetti indotti dagli assets individualmente valutati.
Infine, nella valutazione separata dei surplus assets, occorrerà tenere conto dell’effetto fiscale indotto dalla loro dismissione, come pure in modo del tutto speculare si dovrà considerare la presenza di potenziali passività – anche, se del caso, fiscali – seppure non afferenti la gestione caratteristica dell’impresa.