Saldo annuale Iva indipendente dai pagamenti periodici
di Giovanni ValcarenghiCon l’anno 2017 si risolvono gran parte dei problemi che riguardavano le dichiarazioni annuali Iva al cui interno si contrapponevano risultati di liquidazioni periodiche Iva a debito (con importo non saldato) con altri a credito.
L’annosa questione, come molti ricorderanno, scaturiva dalla compilazione del quadro VL del modello dichiarativo; infatti, gli importi a debito non saldati trovavano compensazione indiretta con quelli a credito, di modo che il risultato della dichiarazione faceva emergere un saldo netto (tenendo conto anche degli eventuali versamenti periodici) che poteva essere considerato non del tutto corretto.
L’affermazione di cui sopra va chiarita. Infatti, non vi era ombra di dubbio – con l’applicazione dei vecchi criteri – che complessivamente la posizione risultasse corretta, ma era anche da considerare che, sino allo scorso anno, nel quadro VH dovevano essere indicati i debiti periodici con i relativi pagamenti, ove effettuati.
Così, molto spesso si preferiva “fingere” che il debito periodico fosse stato onorato (pur in assenza o carenza di versamento), affinché il risultato finale del quadro VL non determinasse quella automatica compensazione, bensì lasciasse evidenza di una posizione riferita esclusivamente agli assestamenti da dichiarazione. Gli eventuali debiti periodici non saldati sarebbero stati al più intercettati con appositi avvisi bonari da parte dell’Agenzia. Talvolta, si preferiva – invece – far confluire il debito periodico non saldato nel saldo finale della dichiarazione Iva, al fine di profittare di una (dubbia) possibilità di rateazione nel pagamento.
La circolare AdE 42/E/2016, per la prima volta, si era occupata della vicenda, precisando che il contribuente avrebbe dovuto compilare il modello in modo “fedele”, nel senso di indicare come pagate solo le somme effettivamente transitate su modello F24, lasciando per conseguenza compensare i crediti/debiti all’interno del quadro VL. Pur tuttavia, la stessa circolare aveva poi chiarito che, ove fossero stati posti in essere eventuali ravvedimenti operosi, si sarebbe dovuto provvedere a rettificare il modello dichiarativo, per ricondurre a correttezza anche l’importo del saldo finale.
Ove tale ultimo saldo fosse coinciso con un credito compensabile, si poneva ulteriormente il problema della apposizione del visto di conformità; si poteva imporre “il sigillo” quando il modello dichiarativo non era completamente corretto?
Ebbene, tutti questi dubbi sembrano essere stati superati con il nuovo approccio dichiarativo, fondato sull’esistenza di una autonomia (quasi piena) dei dati dei versamenti periodici e delle liquidazioni dai quali essi promanano, rispetto alle risultanze del quadro VL del modello annuale.
Infatti, il rigo VL30 del modello, richiede di inserire nel procedimento di “liquidazione” complessiva, il più elevato importo tra:
- quello dei debiti periodici risultanti dalle liquidazioni trasmesse, ovvero dal quadro VH qualora si renda necessario procedere a correggere le risultanze nel modello;
- quello degli importi effettivamente versati, come risultanti da modelli F24.
In estrema sintesi, si tratta di ritenere che i debiti periodici Iva siano stati sempre versati così come dovuti.
Come mai l’Agenzia richiede l’indicazione di un dato solo teorico?
Il motivo appare semplice: le liquidazioni periodiche sono già state liquidate in sede di analisi dei dati trasmessi con cadenza trimestrale e, per conseguenza, non può ammettersi che i medesimi debiti fuoriescano nuovamente in sede di dichiarazione annuale.
Se così non fosse – e da qui emerge chiaramente la finalità dell’intervento – accadrebbe che, in relazione allo stesso debito, potrebbero essere avanzate plurime richieste di pagamento da parte dell’amministrazione.
Così, possiamo valutare il seguente esempio:
- contribuente mensile;
- primi 9 mesi dell’anno con sole fatture emesse, con un debito mensile di 1.000 euro;
- versamenti effettuati, rispetto al debito complessivo di 9.000 euro, di soli 2.000 euro;
- ultimi 3 mesi dell’anno, con sole fatture di acquisto, con un credito di 1.000 euro per mese.
Utilizzando le regole valevoli sino al 2016, la dichiarazione avrebbe chiuso con un debito di 4.000 euro (9.000 – 2.000 – 3.000).
Utilizzando il nuovo approccio, la dichiarazione chiude con un credito di 3.000 euro; infatti, il debito non saldato dei primi mesi dell’anno, verrà richiesto al contribuente con la liquidazione dei flussi Li.Pe. che sono stati trasmessi.
Si noti che, a seguito delle nuove disposizioni, le dichiarazioni annuali chiuderanno con debiti complessivi tendenzialmente minori rispetto al passato e, per conseguenza, ciò dovrebbe determinare un connesso assottigliarsi del reato di omesso versamento dell’Iva per importi annui superiori a 250.000 euro. Il reato, infatti, trae le proprie origini solo dal modello annuale e non dalle liquidazioni periodiche (che, come più volte detto, si presumono comunque saldate in sede di compilazione del modello).
Staremo a vedere se l’esperienza pratica consentirà un corretto dominio delle informazioni da parte della pubblica amministrazione; ci sono certamente casi ancora da chiarire, come quello del contribuente che, in relazione ad un mese o ad un trimestre, avesse versato un’imposta maggiore rispetto al dovuto. Tale credito, materialmente, non dovrebbe emergere dal modello annuale, bensì riconosciuto come eccedenza di versamento dall’Agenzia delle Entrate con un avviso bonario.